[PARIGI]
Il mondo politico francese è nuovamente scosso da un caso di molestie e violenza sessuale. Il senatore Joël Guerriau (Horizons, partito di centrodestra appartenente alla maggioranza) è stato arrestato mercoledì sera a Parigi con l’accusa di “aver somministrato a una persona, a sua insaputa, una sostanza in grado di compromettere il suo discernimento o il controllo delle sue azioni al fine di commettere uno stupro o una violenza sessuale”, secondo quanto riferito dalla Procura della capitale francese. L’arresto è stato possibile perché l’indagine avviene in flagranza di reato, una procedura che evita la necessità di richiedere la revoca dell’immunità parlamentare.
A far scattare l’arresto è stata la denuncia della deputata Sandrine Josso (MoDem, partito di centro appartenente anch’esso alla maggioranza macroniana). Secondo la Procura, Josso si è sentita male dopo aver bevuto un drink nella casa parigina del senatore. I campioni prelevati dalla deputata hanno rivelato la presenza di ecstasy e sono state effettuate perquisizioni nell’ufficio e nell’abitazione del senatore, dove gli investigatori hanno trovato ecstasy. Secondo l’avvocato di Sandrine Josso, la deputata è stata “colta da malore dopo aver bevuto un bicchiere di champagne”, poi ha visto il senatore “afferrare un piccolo sacchetto di plastica contenente qualcosa di bianco”, ed è riuscita a “fuggire in extremis da questo agguato”.
L’avvocato di Guerriau ha detto che il suo cliente pensava di aver ottenuto un euforizzante, non ecstasy, da un collega del Senato per uso personale. Il contesto della campagna elettorale per il Senato, ha spiegato l’avvocato, avrebbe spinto il senatore ad usare una sostanza, poiché si sentiva “molto stanco”. Inoltre era stato scosso dalla morte del suo gatto (sic!). Negli esami del sangue del senatore sono state tuttavia trovate tracce di anfetamine, oppiacei, cannabis, cocaina, metadone e MDMA, ma non di ecstasy.
Guerriau è senatore per il centrodestra ed è attualmente vicepresidente della commissione affari esteri, difesa e forze armate del Senato. Membro del partito Horizons, negli ultimi mesi si è presentato in diverse occasioni con l’ex primo ministro Édouard Philippe, leader di Horizons. Aveva fatto notizia nel 2016 quando aveva pubblicato la foto di un pene in un tweet di risposta al senatore di destra Bruno Retailleau. All’epoca sostenne che la foto era stata hackerata. Horizons ha deciso di sospendere “immediatamente” il senatore.
Il senatore Joël Guerriau
Il caso del senatore è solo l’ultimo di numerosi casi che coinvolgono il mondo della politica dove però sono rari i casi di dimissioni o condanne. La difficoltà principale è di provare la violenza, la molestia e in generale la mancanza di consenso.
Il caso più famoso è quello dell’ex ministro delle economia e direttore del FMI Dominique Strauss-Kahn – DSK, come è conosciuto in Francia -, allora il principale contendente alla nomina socialista per le elezioni presidenziali del 2012, poi vinte da François Hollande. Strauss-Kahn non è stato condannato né in Francia né negli Stati Uniti. L’ufficio del procuratore di New York ha infatti ritirato le accuse, adducendo la “falsa testimonianza” della vittima, seguita da una transazione finanziaria tra Strauss-Kahn e la cameriera che l’aveva accusato, per una somma non rivelata. Nel giugno 2015, DSK è stato infine scagionato dalle accuse di procacciamento aggravato a seguito del cosiddetto processo Carlton de Lille. In questo caso, DSK è stato presentato dai magistrati inquirenti come il principale beneficiario e istigatore di festini a sfondo sessuale (che si tenevano anche a Parigi e Washington). Strauss-Kahn fu giudicato non a conoscenza del fatto che le donne che parteciparono ai “festini” fossero delle prostitute. Rimangono le testimonianze di numerose giornaliste molestate dall’ex ministro, tra le quali quella della giornalista italiana Myrta Merlino.
Un altro caso noto fu quello di Georges Tron, segretario di stato alla Funzione pubblica, oggetto di un’inchiesta giudiziaria in seguito alle accuse di stupro e violenza sessuale nei confronti di due ex dipendenti del comune di cui era sindaco. Costretto a dimettersi dal governo di centrodestra di François Fillon, è stato condannato a tre anni di carcere nel 2021 (da dove ha cercato di continuare a guidare il comune per qualche mese).
Noto anche il caso dell’ex segretario di stato ecologista Jean-Vincent Placé, accusato e condannato per aggressione e molestie sessuali su una gendarme di guardia al suo appartamento e su una collaboratrice.
Negli anni scorsi il movimento #MeToo francese, noto anche come #BalanceTonPorc, ha portato alla luce numerosi casi di violenze e molestie sessuali nello sport, nel mondo della cultura, nel cinema, nel giornalismo. E appunto nella politica. Tanto che lo scorso anno, 285 donne avevano firmato un articolo su Le Monde in cui si chiedeva l’allontanamento dalla vita politica degli autori di violenze sessiste e sessuali. Cinque di loro hanno poi fondato l’Observatoire des violences sexistes et sexuelles en politique che monitora le liste dei candidati per verificare se tra i candidati vi siano persone condanne o accusate di violenza e molestie sessuali.
Alle ultime elezioni legislative, hanno puntato il dito contro diversi candidati della maggioranza macroniana, in particolare contro l’attuale ministro dell’interno Gérald Darmanin, al centro di un’inchiesta per stupro. La procura di Parigi ha chiesto l’archiviazione del caso a gennaio ma l’accusatrice continuerà in Cassazione.
Il caso più eclatante è stato pero quello di Damien Abad, capogruppo del partito di centrodestra Les Republicains. Abad si è poi avvicinato alla maggioranza presidenziale di Emmanuel Macron nel 2022, lasciando la guida del gruppo LR e il partito. Nominato ministro della Solidarietà, dell’Autonomia e dei Disabili nel governo di Élisabeth Borne si è dimesso qualche mese dopo in seguito a diverse accuse e denunce di stupro da parte di cinque donne, tra le quali una deputata del suo ex partito. Alcune delle vittime sono state drogate, con modalità simili a quelle della deputata Josso. Ha perso l’immunità parlamentare nel 2023.
La frequenza dei casi è tale che alcuni partiti hanno creato degli organi appositi per occuparsi delle segnalazioni.
Gli ecologisti hanno istituito un’unità di ascolto nel 2016 in seguito alla vicenda di Denis Baupin, ex vice del sindaco di Parigi Bertrand Delanoë e poi deputato. All’epoca, l’ex deputato ecologista era indagato dalla procura di Parigi per aggressione e molestie sessuali. Diversi rappresentanti eletti del partito, tra cui Sandrine Rousseau, volto noto della sinistra ecologista francese, avevano dichiarato di essere state vittime di questo comportamento. Oggi l’”Unità di indagine e sanzione per le molestie sessuali e la violenza sessista” di Europe Ecologie-Les Verts (EELV) è responsabile di “svolgere indagini, in risposta a una denuncia o a un rapporto interno”, prima di imporre sanzioni.
Anche se non sempre con successo. Recentemente il deputato ecologista di Europe Ecologie Julien Bayou, ex segretario del partito, è stato oggetto di una procedura interna del suo partito che aveva appunto ricevuto una segnalazione. Sandrine Rousseau, intervistata dal programma televisivo C à vous, aveva dichiarato di aver “ricevuto la denunciante a casa sua per ascoltare la sua testimonianza” e aveva deplorato “un comportamento che rischia di incrinare la salute morale” di diverse donne della vita sentimentale di Julien Bayou. Pur negando le accuse, il deputato si era sospeso dal partito, prima che venisse avviata un’indagine interna al partito. Allo stesso tempo, all’indagine si sono aggiunte alcune testimonianze oculari e inchieste giornalistiche, ma non è stata presentata alcuna denuncia. L’indagine interna non ha portato ad alcuna condanna o sanzione e l’ex segretario nazionale del partito è stato reintegrato. L’unità di indagine ha affermato di non essere stata in grado di “completare l’indagine”.
Il deputato Damien Abad
Anche La France Insoumise dispone di un organismo simile, il cosiddetto “Comité de suivi contre les violences sexistes et sexuelles”. Vittime o testimoni di atti di violenza sessista e sessuale possano “essere ascoltati, aiutati e guidati”. È composto da “attivisti volontari” del partito, formati su queste tematiche. Se un caso viene sottoposto al comitato, questo può poi trasmettere i rapporti al Comitato per il rispetto dei principi, “l’unico organo autorizzato a prendere decisioni a nome del movimento nei confronti del presunto autore degli atti”.
Questo comitato di monitoraggio ha pubblicato nel 2020 un rapporto che elencava 17 denunce di violenza contro le donne all’interno del partito. Tra questi, precisava il comitato, due riguardavano casi di violenza domestica, tre accuse di stupro e sette sono segnalazioni di molestie sessuali (“messaggi ripetuti, invio di video pornografici, ecc.” si specifica sul sito). Almeno dieci attivisti sono stati poi espulsi.
Il comitato però non ha saputo intervenire nel luglio 2022 sui casi di Taha Bouhafs e Éric Coquerel. Bouhafs, “giornalista-militante” franco algerino e candidato alle legislative del 2022 per LFI, era stato accusato pubblicamente di molestie e violenze sessuali e escluso dalle candidature, anche se non venne poi presentata alcuna denuncia nei suoi confronti (una delle donne che aveva accusato Bouhafs di violenza sessuale ha ritrattato le sue accuse mentre l’altra accusatrice si è rifiutata di testimoniare). Éric Coquerel, uno dei principali dirigenti del partito di Melenchon e attualmente presidente della commissione bilancio, era stato accusato di molestie sessuali e aggressioni, in seguito alle accuse e alla denuncia presentate da Sophie Tissier, attivista, ex stretta collaboratrice del Parti de Gauche (il partito di Melenchon precedente a LFI) e figura nota dei Gilets jaunes. A seguito dell’archiviazione da parte della procura di Parigi, anche in questo caso il comitato del partito non ha preso alcuna misura nei confronti di Coquerel.
Nel settembre del 2022 infine la procura di Lille ha aperto un’inchiesta giudiziaria per violenza coniugale contro Adrien Quatennens, coordinatore del partito di Melenchon e da molti considerato come il suo delfino. Jean-Luc Mélenchon aveva espresso pubblicamente il suo “affetto” per Quatennens, difesa che esponenti del suo stesso partito avevano poi criticato, prime voci critiche in un partito-movimento di solito allineato dietro il fondatore e leader indiscusso. Condannato a quattro mesi di prigione, Quatennens viene sospeso dal gruppo e poi reintegrato durante il movimento per la riforma delle pensioni.
Anche socialisti e comunisti hanno meccanismi simili. E cosi anche Renaissance, il partito del presidente Macron. Si tratta tuttavia di una decisione recente, frutto delle passate tergiversazioni su questi temi, come nel caso di Jérôme Peyrat. L’ex consigliere di Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy aveva ricevuto la candidatura di République en Marche ma era stata poi oggetto di dibattito a causa della sua condanna per violenza domestica nel 2020. Di fronte al clamore, Jérôme Peyrat aveva annunciato il ritiro della sua candidatura.
Nel Rassemblement National non è stato istituito alcun organo che si occupi specificamente dei casi di violenza sessuale e sessista. Il partito preferisce lasciare questi casi ai tribunali. Nemmeno nel partito di centrodestra Les Republicains, al quale aderiva l’ex ministro Damien Abad all’epoca dei fatti di cui è stato accusato.
Le difficoltà nel gestire questi casi non sono solo interni dei partiti. Sono molte le denunce senza successo. Il giudice del tribunale di Parigi Julien Portier, intervistato da Le Nouvel Observateur, ha dichiarato che, quando la denuncia non ha successo, non significa che la vittima sta mentendo: “È solo che, in questo caso, le condizioni sono tali che non ci sono prove sufficienti per sostenere un procedimento penale che possa avere successo”, spiega. I casi infatti vengono spesso archiviati per mancanza di prove. Il motivo principale, aggiunge Portier, è che la maggior parte degli stupri è difficile da provare. “In generale, i rapporti sessuali avvengono a porte chiuse, anche quando sono legali e consensuali”, osserva.
“Ma quando non lo sono, l’ambiente chiuso può porre problemi probatori. In altre parole, è difficile dimostrare che lo stupro è avvenuto. Il più delle volte, la mancanza di prove significa che i tribunali si trovano di fronte a una situazione in cui l’accusato deve parlare contro l’accusatore”.
Il rischio è ancora maggiore quando la denuncia arriva in ritardo.
Spesso, aggiunge la sociologa Océane Perona, sempre su Le Nouvel Observateur, la mancanza di consenso è difficile da dimostrare:
“Il consenso è qualcosa che dipende dalla volontà ed è soggettivo, mentre la questione per i tribunali è come oggettivare qualcosa. In questo caso, il diritto penale francese oggettiva l’assenza di consenso con la presenza di violenza, coercizione, minaccia o sorpresa – termini che caratterizzano lo stupro nel Codice penale francese – il che rende possibile dimostrare che non c’era consenso”,
spiega. Ma senza prove schiaccianti, rimane molto difficile da dimostrare, soprattutto quando la vittima conosce il suo aggressore.
“La polizia” aggiunge Perona, “riconosce anche che è perfettamente possibile che una coppia abbia rapporti sessuali consenzienti ma non desiderati. Come possiamo dimostrare che le denuncianti non erano consenzienti in situazioni in cui ciò è possibile? Sarà difficile dimostrare che lo stupro è stato intenzionale”.
Questa la ragione che nel 2019 ha spinto le stazioni di polizia a presentare un questionario dettagliato alle persone che denunciano la violenza domestica. Una delle domande poste riguarda l’esistenza di relazioni sessuali forzate.
Il deputato Adrien Quatennens
Anche se in molti di questi casi la giustizia non ha potuto procedere per assenza di prove consistenti, il volume dei procedimenti per aggressione sessuale o stupro del partner è più che raddoppiato in Francia dal 2017, l’inizio del movimento #MeToo, secondo i dati del Ministero della Giustizia. Anche il numero di condanne è aumentato in modo significativo. Per la violenza sessuale, nel 2022 sono stati condannati 298 imputati rispetto ai 205 del 2017, con un aumento del 45 per cento. Nel caso dello stupro coniugale, reati giudicati in tribunale penale o in corte d’assise, le condanne sono aumentate del 130 per cento in cinque anni, passando da 54 nel 2017 a 123 nel 2022.
Ma, malgrado il numero di denunce e condanne siano aumentati, resta di fondo il problema del sessismo. Secondo l’Haut conseil à l’égalité, nonostante il movimento #MeToo, “il sessismo non è in declino in Francia” ma, al contrario, “alcune delle sue manifestazioni più violente si stanno aggravando e le generazioni più giovani sono le più colpite”.
Anche se l’opinione pubblica riconosce e deplora l’esistenza del sessismo, non lo respinge nella pratica, soprattutto gli uomini, si legge nel rapporto che si basa su dati ufficiali e su un sondaggio condotto dall’istituto ViaVoice su 2.500 persone rappresentative. L’80 per cento delle donne dichiara di ritenere di essere state trattate meno bene a causa del proprio sesso nel corso della vita. Il 14 per cento ha dichiarato di aver già subito “un atto sessuale imposto” e, più in generale, il 37 per cento ha dichiarato di aver sperimentato sesso non consensuale, compreso il sesso non protetto su insistenza del partner (12 per cento), o il sesso non consensuale sotto l’influenza di alcol o droghe (7 per cento). Per nove donne su dieci, il sessismo porta a rinunciare alle attività quotidiane: la metà rinuncia a uscire, a fare cose da sola o a vestirsi come preferisce. Otto su dieci hanno paura di tornare a casa da sole la sera. Gli uomini, dal canto loro, faticano a “sentirsi preoccupati”, non si sentono personalmente responsabili di comportamenti sessisti e addirittura, per un quarto di loro, pensano che “si faccia troppo caso alle aggressioni sessuali”.
Mentre gli uomini di età superiore ai 65 anni sono più “conservatori”, legati a rigidi ruoli di genere, l’HCE osserva anche “cliché maschilisti” tra gli under 35: un quarto ritiene che a volte sia necessario essere violenti per essere rispettati. L’immagine delle donne ritratte nella pornografia è considerata problematica dalla metà di loro, rispetto al 79 per cento di coloro che hanno più di 65 anni.
L’Haut Conseil ha messo in guardia anche da una “situazione che si sta aggravando con l’emergere di nuovi fenomeni: la violenza online, l’aumento della virulenza sui social network, la barbarie di molte produzioni dell’industria pornografica, l’affermazione di una sfera maschilista e antifemminista”. Urge, conclude il rapporto, “un’azione educativa massiccia, regolamentando la tecnologia digitale. Perché oggi le autorità pubbliche “non sono considerate all’altezza della sfida su questi temi”.
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