La vanità è così radicata nel cuore dell’uomo,
che ciascuno di noi vuole essere ammirato,
perfino me che scrivo, e voi che leggete.
(Blaise Pascal)
Nel 1847 William Makepeace Thackeray pubblica a puntate La fiera delle vanità, destinata a diventare una delle opere più importanti della letteratura inglese dell’Ottocento. Da essa traggono ispirazione, oltre all’omonimo mensile, almeno sette film tra il 1911 e il 2004 e, nel 2018, una serie TV.
Cosa rende quel vivido affresco dell’Inghilterra vittoriana ancora attuale a quasi due secoli di distanza?
Basta leggere un paio di frasi per rendersene conto:
Il mondo è uno specchio che a ciascuno restituisce la sua immagine.
o ancora:
Se pur coronati dal successo, alcuni sono soltanto degli sciocchi e dei ciarlatani; ed è per smascherarli e combatterli che è stato inventato il Riso.
La natura umana, in fondo, resta sempre la stessa, ma a cambiare sono le modalità con cui si manifesta nel tempo. La diffusione virale dei contenuti, l’effetto emulazione, l’abbassamento dell’età dei soggetti coinvolti, portano ad implicazioni sociali ed economiche tali da non permettere più di ridurre la vanità a semplice fenomeno di costume.
Santorini, luglio 2023 [© Alessandra Barzi]
Impossibile non riconoscere l’irriducibile Becky Sharp nello stuolo di giovanissimi influencer e tiktoker che sgomitano per guadagnarsi un posto nel salotto buono dei social media, l’alta società dei nostri tempi. La metafora dell’arrampicata sociale ricondotta all’atto fisico dell’ascesa per raggiungere gli spot più iconici ed elevati, in barba a tutti i divieti ed anche al buon senso, come la cronaca spesso ci ricorda.
È in questo contesto che nasce una nuova categoria geografica: la veduta instagrammabile. Qui il luogo è al contempo artefice e vittima del suo stesso successo, a causa di un surreale doppio meccanismo di retroazione: più il paesaggio diventa conosciuto, meno ci si va per conoscerlo, ma solo per autorappresentarsi in esso; più il paesaggio è ridotto a semplice sfondo, più il soggetto trae da tale sfondo la sua unica ragion d’essere.
Gli sposi in posa sopra la chiesa. Il bastone da selfie per compagno di viaggio. L’ostentazione del lusso degli altri. Il finto svolazzo del finto vestito.
Come interrompere questa corsa all’assurdo che fa perdere a molti la misura delle cose?
È lo stesso Thackeray a suggerire che l’arma più potente contro i falsi miti è l’umorismo, anche con il suo corredo di simpatia e di indulgenza verso le debolezze umane. Svelando il grottesco che si cela dietro le quinte, esso ci permette di vedere le cose per quello che sono: soltanto patinate messe in scena.
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