Durante le elezioni di metà mandato del 2022, un gruppo chiamato Citizens for Sanity ha mandato in onda sulle reti nazionali e locali, anche durante eventi sportivi, pubblicità definite razziste e transfobiche da numerosi critici. All’epoca, queste pubblicità sono state oggetto di forti critiche da parte dei media e dell’opinione pubblica americana. Oggi sappiamo che Citizens for Sanity ha speso più di novanta milioni di dollari per quella campagna. A rivelarlo è un’inchiesta del Guardian, che ha avuto accesso a nuovi documenti fiscali che descrivono l’importante cifra di cui dispone questa associazione di recente creazione.
Queste pubblicità si focalizzavano su diverse tematiche. Una ritraeva un fiume di immigrati dell’America latina che si riversava oltre il confine, mentre la voce narrante la descriveva come una “gigantesca ondata di immigrazione clandestina” che “sta prosciugando i vostri stipendi, distruggendo le vostre scuole, rovinando i vostri ospedali, minacciando la vostra famiglia”, aggiungendo che “nella massa si mescolano spacciatori, trafficanti di sesso e predatori violenti”. Un altro spot, focalizzato sulla criminalità in Pennsylvania, attaccava i politici dem locali, accusandoli di avere “una storia d’amore con i criminali”, il tutto mentre sulla sfondo passavano immagini di sparatorie nelle quali si vedono solo cittadini afro-americani. In un altro spot un’attrice di origine latina attaccava i democratici perché “vogliono imporre idee radicali a scuola”, dicendo “ai bambini che i ragazzi sono ragazze e le ragazze sono ragazzi”, promuovendo “farmaci per fermare la pubertà, persino interventi chirurgici per rimuovere parti del corpo”, concludendo con “questi non sono valori latini”.
Le pubblicità erano andate in onda soprattutto in Arizona, Georgia, Nevada e Pennsylvania, alcuni degli stati in bilico – Swing States – che, anche il prossimo autunno, come a ogni ciclo elettorale recente, saranno quelli decisivi per determinare gli esiti delle elezioni.
Ma che cosa è Citizens for Sanity? Si tratta di quello che negli Stati Uniti definiscono un dark money group, un’organizzazione non profit che può spendere denaro per le campagne elettorali senza rivelare chi sono i loro donatori. Queste organizzazioni sono spesso al centro del dibattito statunitense perché accusate di non rivelare le connessioni tra donatori e politici. Secondo le norme che le regolano, queste organizzazioni devono impegnarsi principalmente nella promozione del bene comune e del benessere generale, e possono dedicare fino al 49,9 per cento delle spese complessive all’attività politica, mentre il resto dovrebbe essere destinato ad attività educative. Questi gruppi non possono inoltre coordinare le spese con i partiti politici o i candidati.
Nelle elezioni del 2020 più di un miliardo di dollari provenivano da dark money groups. Si tratta di una pratica che interessa entrambi i partiti. Nel 2020 i democratici, che in gran parte sostengono la necessità di rafforzare la trasparenza delle spese politiche, sono stati quelli che hanno beneficiato maggiormente di questi fondi non dichiarati. OpenSecrets, un’organizzazione che traccia e pubblica dati sul finanziamento delle campagne elettorali e sul lobbismo, compreso un database che documenta le persone che hanno lavorato sia nel settore pubblico sia nelle società di lobbying e che potrebbero avere conflitti di interesse, ha rilevato che alle scorse elezioni presidenziali questi dark money groups vicini ai dem hanno speso 514 milioni di dollari, rispetto ai duecento milioni spesi dai gruppi conservatori.
Quello tuttavia che ha colpito di quelle pubblicità è il linguaggio e le idee che organizzazioni come Citizens for Sanity cercano di diffondere. Ma è di rilievo anche il legame con alcune figure legate all’ex presidente Trump. Secondo OpenSecrets, nel consiglio di amministrazione di Citizens for Sanity siedono tre membri dell’America First Legal Foundation, un gruppo fondato da Stephen Miller, ex consigliere di Trump e il suo ex direttore della comunicazione.
America First Legal Foundation è stata definita una sorta di versione d’estrema destra dell’American Civil Liberties Union, la storica associazione per i diritti civili. Lo scopo dell’organizzazione di Miller è quella di “utilizzare tutti gli strumenti legali a disposizione per difendere i cittadini da un eccesso di potere esecutivo incostituzionale”. Di base fornisce assistenza legale ai bianchi nelle cause contro l’affirmative action. Nel 2021, l’organizzazione ha fatto causa con successo per bloccare l’attuazione di un programma che datava all’epoca del Covid-19 per i ristoranti di proprietà di donne e minoranze, affermando che discriminava le imprese di proprietà di bianchi.
Anche l’America First Legal Foundation durante le elezioni di midterm del 2022 ha speso milioni di dollari in pubblicità razziste e anti-transgender negli Swing States. Secondo la Human Rights Campaign, l’organizzazione di Miller ha speso quattro milioni di dollari per trasmettere i suoi annunci alla radio con un focus sulla popolazione afro-americana e latina in Arizona, Colorado, Georgia, Michigan, Nevada, Ohio, Pennsylvania e Texas. Un altro annuncio radiofonico, finanziato sempre da America First Legal, la pubblicità accusava la Casa Bianca di aver messo i bianchi all’ultimo posto nella fila per i fondi di soccorso del COVID-19, concludendosi con “da quando il razzismo contro i bianchi è diventato accettabile?”. Il tutto senza menzionare i candidati in corsa negli stati per le elezioni, poiché America First Legal Foundation, come Citizens for Sanity, è registrata come organizzazione non profit e non può quindi prendere di mira direttamente i candidati politici, ma deve focalizzassi sui temi.
Secondo il Guardian, queste pubblicità razziste e transfobiche offrono un chiaro monito sui potenziali rischi di un ritorno al potere di Donald Trump. Durante il suo mandato precedente, l’amministrazione Trump aveva già adottato politiche controverse e discriminatorie nei confronti degli immigrati, della comunità LGBTQ+ e di altre minoranze. Se Trump dovesse nuovamente occupare la Casa Bianca, potremmo assistere a un’escalation di questo tipo di retorica e di politiche repressive?
La presenza di figure come Stephen Miller, noto per le sue posizioni estremiste sull’immigrazione, non è di buon auspicio.
Miller ha un cursus honorum tutto nella destra estrema del mondo repubblicano. Ancora al liceo, era un fan della varie radio della destra repubblicana. Ascoltatore di Rush Limbaugh, il giovanissimo Miller seguiva un programma chiamato “The Larry Elder Show”, condotto dal commentatore politico conservatore Larry Elder. Afro-americano, Elder è stato considerato un beniamino degli ascoltatori bianchi della California, entusiasti di trovare un African-American che si diceva spesso d’accordo con le loro posizioni razziste (nel 2021 Elder si è candidato a governatore della California e poi alle primarie repubblicane per il 2024, ritirandosi pochi mesi dopo). Ancora al liceo, Miller diventa ospite fisso di Elder, con il quale attacca il mondo della scuola, il multiculturalismo e la presunta mancanza di patriottismo.
Seppur giovanissimo suscita l’interesse di molti esponenti del mondo della destra estrema e alternativa, da Steve Bannon a Andrew Breitbart. Ma la giornalista ed editorialista del Los Angeles Times Jean Guerrero dice che è in particolare David Horowitz che vede in Miller del potenziale (“Hatemonger. Stephen Miller, Donald Trump, and the White Nationalist Agenda”).
Horowitz è un ex marxista diventato scrittore conservatore. I suoi scritti sono intrisi di razzismo, secondo Guerrero:
[Horowitz] dice che gli uomini bianchi sono responsabili di tutte le cose che ci stanno a cuore in America, come la libertà e l’uguaglianza, il che è ovviamente antistorico, perché ignora il ruolo centrale svolto dalle persone di colore nella storia americana, in particolare nel movimento per i diritti civili, nel rendere veri questi ideali un tempo falsi, come la libertà e l’uguaglianza.
Guerrero dice che Horowitz introduce Stephen Miller all’idea di dover salvare gli Stati Uniti dalla distruzione a cui la sta guidando il Partito Democratico a causa delle sue alleanze con la popolazione non bianca. In particolare fornisce a Miller due insegnamenti: usare il linguaggio del movimento per i diritti civili, che Horowitz conosceva bene, contro il movimento per i diritti civili; e di fare appello agli istinti primari delle persone, soprattutto la paura. Horowitz aiuterà poi Miller a trovare il suo primo lavoro in politica.
Grazie al suo mentore, Miller inizia a lavorare come addetto stampa per Michele Bachmann, una deputata repubblicana legata al Tea Party (che si sarebbe candidata nel 2012 alle primarie repubblicane, poi vinte da Mitt Romney). Sempre grazie a Horowitz finisce a lavorare per il senatore dell’Alabama Jeff Sessions, che nel 2016 sarebbe stato poi nominato Attorney General – una sorta di ministro della giustizia – da Donald Trump. All’epoca Sessions è presidente esecutivo del sito di estrema destra Breitbart News e futuro stratega di Trump, Steve Bannon, come il leader del movimento contro l’immigrazione.
Mentre lavora per Sessions, Miller inizia a scrivere proprio per Breitbart. Nel sito pubblica articoli provenienti da siti web nazionalisti e suprematisti bianchi. Invita molti di questi a scrivere le loro storie nelle quali gli immigrati rappresentano una minaccia esistenziale. Nel 2019 il Southern Poverty Law Center, un’organizzazione specializzata in diritti civili nota per le sue cause legali contro i suprematisti bianchi e per monitorare gli hate groups, entra in possesso di più di novecento e-mail che Miller ha inviato a Breitbart News tra il 2015 e il 2016. In queste email Miller suggerisce pubblicazioni di nazionalisti bianchi come American Renaissance e VDARE (un sito web che parla di “genocidio bianco”e della “grande sostituzione”), nonché il sito web di cospirazione di estrema destra InfoWars; promuove Le Camp des Saints, un romanzo francese a tema “genocidio bianco” che circola tra i neonazisti; oltre a teorie xenofobe della cospirazione e leggi sull’immigrazione dell’era eugenetica degli Stati Uniti – l’Immigration Act del 1924 – che Adolf Hitler lodava nel Mein Kampf.
Come per Bannon e Sessions, l’opportunità politica che spinge Miller al centro della scena politica è Donald Trump.
Quando Trump si candida alle primarie repubblicane nel 2016, Miller inizia a lavorare per lui come consigliere. Inizia qui una scalata che lo porterà a essere prima il direttore della politica nazionale del neoeletto presidente, nella fase di transizione dalla presidenza Obama a quella del repubblicano. Diventa quindi consigliere senior del Presidente per la politica, con la responsabilità di definire tutta la politica interna, anche se poi Miller si concentrerà sulla politica d’immigrazione.
Alla Casa Bianca Miller diventa una delle (numerose) eminenze grigie di Trump. Collabora con il suo ex capo Jeff Sessions e con Steve Bannon, che nel frattempo è diventato il capo stratega di Trump, per definire i contenuti degli ordini esecutivi che riguardano l’immigrazione, in particolare per reprimere le politiche delle cosiddette città santuario, le città che limitano o negano la propria collaborazione con il governo federale nell’applicazione delle norme sull’immigrazione. Sarà l’amministrazione democratica di Joe Biden a eliminare queste norme.
Una delle prime cose che fa è quello di lavorare all’ordine esecutivo che istituisce un ufficio chiamato VOICE – Victims of Immigration and Crime Engagement -, il cui compito è essenzialmente quello di pubblicare regolarmente comunicati stampa sui crimini commessi dagli immigrati. Anche in questo caso, l’ufficio sarà poi eliminato da Biden.
Con Bannon, Miller collabora in vari modi. Insieme scrivono il famoso discorso d’insediamento di Trump, nel quale il presidente s’impegna a porre fine alla “carneficina americana” – American carnage -, dipingendo gli Stati Uniti come una “terra di fabbriche abbandonate, angoscia economica, aumento della criminalità” e promettendo al contempo “una nuova era nella politica americana”. La coppia Bannon-Miller partecipa alla definizione dei contenuti dell’ordine esecutivo presidenziale che limita i viaggi e l’immigrazione negli Stati Uniti dei cittadini di sette Paesi musulmani e a sospendere il Programma di ammissione dei rifugiati negli Stati Uniti per 120 giorni, oltre a sospendere a tempo indeterminato l’ingresso dei siriani negli Stati Uniti (ordine esecutivo eliminato d Biden).
Con Sessions, Miller è uno dei principali sostenitori della decisione dell’amministrazione Trump di iniziare a separare i bambini migranti dai loro genitori quando attraversano il confine degli Stati Uniti.
Miller rimane fino alla fine al fianco di Trump. Tanto da essere citato in giudizio da un gran giurì federale nel 2022 che indagava sui tentativi di rovesciare le elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2020, con particolare attenzione all’attacco al Campidoglio del 6 gennaio. Il 14 dicembre del 2020, infatti, Miller ha descritto in televisione un piano per inviare liste “alternative” di grandi elettori al Congresso, mentre proprio dei gruppi di “elettori supplenti” repubblicani autoproclamati si riunivano in sette stati per redarre dei certificati fraudolenti di accertamento del voto.
Per questo quelle pubblicità del 2022 e la grande potenza di fuoco finanziaria di cui dispone questa rete non profit legata a Miller inquieta molti commentatori. Un ritorno di Trump alla Casa Bianca potrebbe infatti comportare il ritorno di Miller e delle sue posizioni politiche al centro della scena politica.
Secondo Axios, che cita fonti repubblicane a contatto con il candidato repubblicano, l’ex presidente Trump, se venisse eletto, costruirebbe un gabinetto e uno staff della Casa Bianca basati principalmente su due imperativi: la lealtà nei suoi confronti e l’impegno ad allargare i confini legali e di governance. Tra i nomi fatti ci sarebbero anche Steve Bannon e Stephen Miller. Il desiderio di Trump sarebbe quello di non avere delle limitazioni come accadde durante il suo primo mandato con figure come John Kelly o James Mattis.
In questa nuova amministrazione Stephen Miller potrebbe ricoprire il ruolo di Attorney General, ruolo che fu di Jeff Sessions, caduto in disgrazia nel mondo trumpiano per la gestione delle inchieste su Trump. Oppure Miller potrebbe ottenere un ruolo per influenzare notevolmente la politica sull’immigrazione.
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