Sapevo che Francesco Chico Giusti stava male, molto male. Ma da così tanto tempo lo incontravo coi bastoni, e poi in carrozzina, a San Giacomo o da About, che mi pareva perfettamente a suo agio. Quello stato sembrava ormai un suo essere, una sua dimensione con la quale si era andato familiarizzando; ormai parte della sua figura.
Perciò la prima reazione alla notizia che era morto è stata di dispiacere, ma anche di “stupore”.
Capelli lunghi, barba alla Rasputin, giacche di lana e parlare lento, mai casuale: aveva un aspetto a metà tra un poeta russo e un guru; un’aria profetica.
Chico ha dedicato il suo pensiero, la sua fantasia, il suo essere alla poesia.
Ed è un poeta apprezzato e valutato. Quando ho mandato a un amico un whatsapp con la notizia della sua morte mi è arrivato in risposta “a Farenhait hanno appena trasmesso una sua poesia” (e della bella trasmissione di RAI3 Chico e le sue poesie erano ospiti abituali …).
Chico amava stare fuori casa, incontrare la gente, salutare, essere salutato, fare due parole.
Le nostre vite hanno si sono spesso sfiorate e qualche volta incontrate
Sfiorate nel calderone della sinistra veneziana, alla quale Chico ha portato in dote una grande radicalità, una vena inesausta di ribellione, fin dai tempi giovanili del CAA (comitato antifascista antimperialista). Poi evolutasi, ma mai sfumata, nel suo avvicinarsi a culture più orientali e alla poesia, nella quale si è immerso.
Per dire, meno di una settimana fa, l’ho incontrato in campo San Giacomo vicino al bar che sta di fronte e Paolo, “il cartolaio amico”. Qualcuno stava mettendo sedie e panchine per quello che poteva anche essere (l’ho capito dopo) un raduno elettorale. Mi sono avvicinato e gli ho chiesto “Chico, cossa xe?” – con lui si potevano usare indifferentemente veneziano a italiano. “Sarà i to amighi del Pd …”; così, in effetti, era; ma in quella sua risposta – dato che serto non ignorava la mia scarsa familiarità con quel partito – ho colto la sua volontà di smarcarsi, di essere considerato sempre più radicale e più a sinistra dell’interlocutore …
Ecco Chico ha vissuto con il cuore vicino al pugno chiuso e con la mente vicina alle situazioni che valesse la pena vivere, descrivere, testimoniare con la poesia …
Una storia, una militanza, una vita che ho visto passare dall’antifascismo militante della gioventù alla presenza attiva nelle lotte veneziane. Con la passione di chi ha sempre avuto presente che lo sguardo dev’essere rivolto al sol dell’avvenire …
Per questo è stato – qualche anno fa – tra i generosi protagonisti della lotta per la Vida, portandovi il sapere e le passione sua e dei suoi amici. I poeti e il filosofo Agamben grazie a lui hanno donato in più di un’occasione il loro tempo e il loro sapere a quella esperienza di riapertura comunitaria di uno spazio alla popolazione, che hanno segnato la storia della nostra città.
Ecco, in quella occasione Chicco ha dimostrato come le sue doti umane e culturali abbiano saputo trovare in questa dimensione comunitaria il modo migliore per essere valorizzate
Ciao Chico, viaggia bene. Che tu possa incontrarlo, quel sol dell’avvenire …
E aiuta noi che ti ricordiamo a non perdere mai il gusto delle radicalità
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