Ci si salva e si va avanti solo se agisce insieme e non uno per uno.
Lo diceva Enrico Berlinguer, storico e amato segretario del Partito comunista italiano. Oggi, a quarant’anni dalla sua morte, avvenuta a Padova l’11 giugno del 1984, forse questa lezione sembra finalmente recepita. Per anni simpatizzanti e militanti dell’eterogenea galassia del mondo socialista democratico, ecologista e comunista italiano si sono chiesti il motivo delle continue spaccature che hanno costretto la sinistra ai margini della scena politica nazionale. L’Italia è il Paese in cui l’idea di un grande “fronte popolare contro la destra”, tanto cara alla sinistra francese, viene spesso concretizzata tramite la presentazione di due o tre liste differenti, quasi indistinguibili a livello di programmi per l’elettore medio, incapaci di coordinarsi su una battaglia comune e destinate ciclicamente ad operazioni di scioglimento e rimescolamento in vista del successivo appuntamento elettorale. Un risultato ancora più tragicomico se si pensa che l’unico risultato ottenuto negli ultimi anni è stato la crisi totale della sinistra alternativa.
Alleanza verdi sinistra rappresenta la vera sorpresa di queste elezioni europee. Data nei sondaggi poco sopra la soglia di sbarramento, si porta a casa il sei e mezzo per cento delle preferenze, conquistando ben sei seggi al parlamento europeo. A essere premiato è stato non solo un programma elettorale coerente, ecologista, socialista e pacifista, ma anche una effettiva continuità promossa dai rosso-verdi. Avs dimostra di essere qualcosa di più di una semplice alleanza. Si tratta di un progetto politico di lungo termine, impegnato nella ricostruzione non solo dell’immagine e dell’identità stessa della sinistra nazionale, ma anche del suo legame con le realtà locali. Si veda in tal senso il grande impegno profuso in Veneto, terra storicamente ostile ai “rossi”, dove è stato premiato lo sforzo di dirigenti e militanti nell’apertura di circoli, sezioni e nel lavoro sul territorio. Risultati come il dieci per cento di Padova, Vicenza e Venezia o il sette per cento di Treviso, roccaforte del leghismo, ottenuti da una forza dichiaratamente eco-socialista, dimostrano che, se la proposta diventa credibile, uno spazio per una sinistra di alternativa c’è.
La decisione di Avs di correre nuovamente uniti sotto lo stesso simbolo alle elezioni europee, dopo l’esperimento delle politiche, risulta vincente, sebbene meno scontata di quanto si possa pensare. All’indomani del voto del settembre 2022, che aveva portato al superamento della soglia di sbarramento e all’elezione di undici parlamentari, i rapporti tra Verdi e Sinistra Italiana sembravano destinati a rompersi. Il mancato rinnovamento dell’accordo con Possibile di Filippo Civati e la volontà di Europa Verde di impegnarsi nella creazione di un polo ecologista autonomo, apparivano come la conclusione dell’ennesimo ciclo storico-elettorale per la sinistra radicale. Il tutto in un momento in cui, in Europa, le esperienze della Nupes in Francia e di Podemos–Sumár in Spagna sembravano evidenziare le potenzialità di una forza movimentista e rosso-verde unitaria. Se, per quanto riguarda Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, leader di Avs, tali fratture sembrano essersi, almeno in parte, ricomposte, mettendo da parte i personalismi e le divergenze politiche nell’ottica di una ricostruzione, lo stesso non si può dire per la sinistra francese, spagnola e, per certi versi, tedesca, le quali arrivano alle elezioni europee divise, rivali e indebolite.
Avanzata in Italia, ritirata in Europa
A livello europeo, se si guardano i seggi, il gruppo di The Left non sembra aver subito una sconfitta particolarmente pesante. L’arretramento è stato minimo, con la perdita di un solo parlamentare, compensato dalla crescita delle formazioni di sinistra all’interno del gruppo dei Verdi. Tuttavia, The Left sembrava, negli scorsi mesi, lanciata verso un risultato storico, grazie alla crescita di partiti e formazioni antisistema in molte realtà dell’Europa centro-settentrionale. L’avanzata dell’estrema destra, unita ad una rottura dei fronti rosso-verdi nei principali paesi europei, ha giocato un ruolo determinante in questa “ritirata”.
La nettissima vittoria della destra nazionalista di Marie Le Pen in Francia, che con il suo trentadue per cento doppia i secondi arrivati, ovvero i liberali del presidente Emmanuel Macron, appare ancora più sconfortante se si pensa che la sinistra, che ha corso divisa in questa tornata elettorale, dopo la rottura de La France insoumise con socialisti, verdi e comunisti, avrebbe potuto godere, presentandosi come Nupes, di un bacino di voti potenziale pari, circa, al trentuno per cento. Certo, va detto che in politica uno più uno non fa mai due, e non è per nulla scontato che, unendo la timida socialdemocrazia del Partito socialista con le istanze più radicali di Lfi e Pcf, tutti gli elettori avrebbero abbracciato la coalizione, ma gli appelli convinti da parte della base militante in questi giorni per un “nuovo fronte popolare” sembrano evidenziare una ricerca di unità, apparentemente colta dai partiti della sinistra. Alla fine, tolti i socialisti per i quali andrebbe fatto un discorso a parte, a crescere rispetto alle precedenti europee del 2019 è solo Lfi, mentre verdi e comunisti subiscono una dura batosta elettorale.
Anche in Germania, dove la scissione “social-populista” capitanata da Sahra Wagenknecht tocca il sei per cento dei voti, a pagarne le spese è Die Linke, che crolla sotto il tre per cento. Una sconfitta evidente della sinistra tedesca, sotto i colpi dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw) e dell’Afd, che apre anche la possibilità di una crisi nella leadership del gruppo europeo di The Left, del quale Die Linke è uno degli storici fondatori e ispiratori. Se tuttavia la spaccatura nella sinistra tedesca nasce da una frattura ideologica effettivamente difficile da ricomporre, ben diversa è la sconfitta avvenuta in Spagna.
Sumár, formazione di governo che riunisce la sinistra socialcomunista ed ecologista, arriva sotto il cinque per cento e subisce i duri contraccolpi della concorrenza del movimentista Podemos, che con il due per cento dei voti sottrae due seggi ai “rivali”. Interessante notare che a superare entrambe le formazioni, con quasi il cinque per cento delle preferenze e tre seggi, è Ahora Repúblicas, una coalizione che raccoglie le istanze dei partiti della sinistra nazionalista basca, galiziana e catalana. Sulla carta la sinistra radicale è la terza forza del Paese, con quasi il quattordici per cento, ben al di sopra dei neofranchisti di Vox, ma il disastro elettorale è evidente. Yolanda Díaz, leader di Sumár e astro-nascente della politica spagnola, dichiara le proprie dimissioni, annunciando lo scioglimento della coalizione. L’immagine che esce da questa tornata elettorale è senza dubbio quella di una sinistra spagnola sconfitta e litigiosa.
Diversa è la questione per quanto riguarda il Sinn fein irlandese (Sf) o il Partito dei lavoratori del Belgio (Ptb-Pvda), entrambi particolarmente alti negli ultimi mesi nei sondaggi. Nonostante i buoni risultati, circa venti per cento per la sinistra nazionalista di Sf e dieci per cento, divisi tra Fiandre e Vallonia, per i comunisti del Ptb-Pvda, entrambi vengono duramente sconfitti dall’onda nera dell’estrema destra, la quale trionfa alle rispettive elezioni. In Austria il Partito comunista austriaco (Kpö) arriva al tre per cento, suo massimo storico, ma non riesce a superare la soglia di sbarramento. Walter Baier, esponente del Kpö e candidato della sinistra per la presidenza della commissione europea, non è stato eletto.
Risultati più positivi sembrano arrivare nel Nord Europa, con la straordinaria crescita dell’Alleanza di sinistra in Finlandia, che tocca il diciassette per cento, il buon risultato della sinistra ceca, capitanata dal Partito comunista di Boemia e Moravia, seppur alleato con gruppi conservatori e populisti, e l’ottimo undici per cento del Partito della sinistra svedese. In Olanda la Sinistra verde, in coalizione con il socialdemocratico Partito del lavoro, vince le elezioni. Si tratta di un partito piuttosto moderato, sebbene erede diretto del Partito comunista dei Paesi Bassi, tuttavia rappresenta una componente di rilievo all’interno dell’ala sinistra del Partito verde europeo. Di particolare interesse è il risultato in Danimarca, dove non solo la Lista dell’unità (Enhedslisten), ecosocialista e membro di The Left, ottiene il sette per cento dei voti, ma il Partito popolare socialista, di stampo socialista democratico, erede del Partito comunista danese e membro del gruppo europeo dei verdi, arriva primo con il diciassette per cento.
Proprio la crescita di questa ibridazione tra partiti socialcomunisti, membri del gruppo dei Verdi, e realtà ambientaliste in quello della sinistra potrebbe rappresentare un anello di congiunzione importante per una maggiore collaborazione, a livello europeo, in chiave frontista ed eco-socialista, nel quale si inseriranno i nuovi europarlamentari di Avs.
L’antifascismo non basta
Un emozionato Nicola Fratoianni, di fronte alla platea di giornalisti radunatesi preso il comitato elettorale di Avs nella notte tra 10 e 11 giugno, ha annunciato il risultato delle europee ricordato un vecchio slogan del maggio francese: “non è che l’inizio”. La sinistra italiana si è saputa presentare come una forza credibile e, soprattutto, vincente. Le candidature di spessore, in particolare quelle di Mimmo Lucano e Ilaria Salis, particolarmente contestate, si sono dimostrate in grado di smuovere l’elettorato. Il quaranta per cento dei fuori sede, al voto per la prima volta, e il sedici per cento degli under trenta ha dato fiducia ad Avs, probabilmente anche per la posizione forte sulla questione palestinese. Un risultato che, sebbene possa sembrare frutto di una mobilitazione intellettuale, trova in realtà riscontro anche negli ottimi risultati ottenuti nelle periferie industriali del Nord come Mirafiori, Mestre o Sesto San Giovanni.
Dei rappresentanti italiani siederanno nuovamente tra i compagni di The Left dopo dieci anni di assenza, mentre una parte andrà ad alimentare il gruppo dei verdi. Una “divisione” dei seggi che Fratoianni indica come:
una grande occasione, perché pensiamo che in Europa, come abbiamo fatto in Italia, la convergenza tra queste due culture politiche debba implementarsi e crescere.
Avs potrà quindi giocare un ruolo fondamentale a livello europeo, lavorando per consolidare la collaborazione tra i due gruppi. I rosso-verdi di Fratoianni e Bonelli hanno compreso che nel XXI secolo giustizia sociale e climatica sono diventati due concetti inseparabili in una prospettiva di trasformazione radicale della società. “L’ambientalismo, senza lotta di classe, è giardinaggio” come diceva Chico Mendes, sindacalista e attivista ambientale brasiliano, brutalmente assassinato nel 1994. Ad Avs andrà quindi la responsabilità di consolidare tale prospettiva in Europa
Ciò che tuttavia appare evidente è che una politica esclusivamente votata al “campo largo”, che non proponga un’idea alternativa di società, rischia di far risprofondare rapidamente la sinistra italiana nella crisi ideologica che l’attanaglia. Come evidenziato da un’indagine di Vd News, la maggior parte dei giovani ha votato la sinistra non per convinzione, ma come argine alla destra. Una politica frontista senza una chiara prospettiva politica e di governo risulterà controproducente, non tanto per Pd e cinque stelle, quanto per Avs, la quale si ritroverà ad essere sfruttata per un’operazione di redwashing del campo largo, ma perderà il sostegno di quel mezzo milione di elettori appena conquistati, in parte provenienti da ambienti movimentisti come Potere al Popolo. L’antifascismo non basta più.
La sinistra italiana ha abbandonato il discorso economico, la lotta di classe e la volontà di superare il capitalismo. L’appiattimento sulle battaglie civili e ambientali, di cui spesso si accusa la sinistra, deriva, anche, dalla congiuntura politica che si è venuta a creare negli ultimi decenni. Dopo la stagione di Tsipras, la galassia socialcomunista si è vista sottrarre la lotta contro la globalizzazione e le multinazionali dalle destre nazional-populiste, le quali hanno saputo indirizzare il malcontento popolare ai danni dell’immigrazione e della presunta “egemonia culturale della sinistra”. Dove la sinistra è rinata, in Europa, lo ha fatto sapendo cogliere le difficoltà della gente comune, radicandosi nelle periferie e innovando le proprie strategie comunicative e di interpretazione della società. L’ingresso di Avs, nella sua componente di Sinistra italiana, in The Left potrà, forse, contribuire alla rielaborazione di una simile prospettiva anche in Italia.
Insomma, l’analisi che emerge da queste elezioni può essere riassunta così: la sinistra italiana guardi all’Europa, ma la sinistra europea guardi all’Italia.
Immagine di copertina: Da X: @NFratoianni Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni festeggiano i risultati.
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