Le elezioni servono.
Sono utili perché “misurano” la realtà, la rendono esplicita, la chiariscono.
Ed allora sarà bene guardarsi in faccia e ragionare su ciò che è successo in particolare per il PD.
1. Il successo del Partito Democratico è indiscutibile.
In voti e in percentuale.
Ed ha una ragione: Elly Schlein.
Sia per la campagna elettorale condotta in maniera intelligente ed instancabile che per la composizione delle liste europee: candidati conosciuti e stimati per il loro lavoro e le loro idee.
Soprattutto però ha contato la linea politica espressa: di sinistra e condotta con forza ed esplicitamente.
Vale la pena ricordare le voci preoccupate dell’estremismo della segretaria che dentro e fuori il Pd ammonivano facendo le cassandre.
La politica è bene che abbia memoria.
Ed allora è utile essere “senza rancore e senza dimenticanze”.
2. Avevano quindi torto in molti.
Chi?
Quelli che dicevano che avrebbe regalato voti al centro ed abbiamo visto com’è andata.
Quelli che dicevano che il PD abbandonava il riformismo e questa percezione è risultata per i votanti del tutto oscura.Quelli che sostenevano che il PD non era riformabile ed era privo di attraibilità: una polemica condotta soprattutto da sinistra da parte di coloro che hanno sempre un “+ uno” da chiedere nelle posizioni politiche.
Non dimentichiamolo perchè in moltissimi ora si stanno adeguando al “vento”.
E questo è certo utile ma teniamo lo stesso memoria dei problemi e dei rischi.
3. Si chiarisce poi finalmente che non c’è alcuna incompatibilità tra riformismo e radicalità.
Il linguaggio esplicito e chiaro è necessario sia nel senso della condanna delle politiche che vanno a colpire le conquiste sociali che in quello della capacità progettuale e riformatrice.
Insegnamento chiaro e che ci serve per il futuro.
Mi piace la dizione giornalistica trovata dopo il voto: una “radicalità mite”.
4. Cambia tutto?
Per carità, no.
Rimane oltre un cinquanta per cento delle persone che non va a votare, c’è un Partito Democratico a volte asfittico nei territori e fragile nei legami con la società e soprattutto con i più deboli.
Insomma abbiamo tutti un grande lavoro da fare.
Qualche insegnamento anche sui gruppi dirigenti (spero che sia il prossimo obiettivo migliorativo della Schlein).
Non possono corrispondere solo agli eletti, tipico di ciò che era lo sconfitto “partito di opinione” o l’altrettanto superato partito dalla “vocazione maggioritaria”.
Ancora: in una società disillusa dei cambiamenti il concetto di “esempio” è fondamentale nell’etica ed anche in politica. Non si governa un partito infatti solo pensando al proprio futuro personale, non si prende un incarico già ipotizzando il successivo.
Se vogliamo riportare la gente a votare dobbiamo sapere che le parole, i comportamenti e i fatti sono pietre.
5. E niente spocchia.
Abbiamo bisogno di tutto il centro-sinistra.
Innanzitutto di Sinistra italiana e dei Verdi.
Ma accanto a loro dei Cinque stelle e del centro della sinistra.
Questo comporta disponibilità nostra a dialogare e costruire insieme e per gli altri all’accettazione della collocazione progressista: il centro-sinistra.
Perché questa destra va combattuta sul serio e subito.
E da soli non si vince.
Certo tutto va fatto con accordi chiari e trasparenti.
E senza cedere sui “fondamentali” perchè abbiamo visto che la gente a sinistra non perdona gli ignavi.
Ma nessuno abbia la pretesa di considerare il Partito Democratico “autosufficiente”.
Siamo già stati sconfitti dalla storia a questo proposito, ricordiamocelo.
6. Il Partito Democratico ora ha tre necessità.
Deve infatti fare un grande salto di qualità per corrispondere sia alla fiducia conquistata che ai nuovi obiettivi che vanno posti.
Queste “necessità” si esprimono nella capacità di progettazione e quindi di generare proposte, nei legami che vanno ri-costruiti con la società e nella crescita reale dei gruppi dirigenti.
E questo da una parte perchè questo Paese ha bisogno di sviluppo e di prospettive che tolgano oggettivamente spazio agli improvvisatori che stanno governando.
Dall’altra rimane il cinquanta per cento della popolazione che sta dicendo che non si fida e non ci crede: l’ascolto sociale è fondamentale.
Infine “riconoscersi” nei gruppi dirigenti vuol dire renderli espressione piena dei mondi a cui ci rivolgiamo e con cui vogliamo dialogare e questo accade non solo avendo la capacità di descrivere la realtà ma riuscendo ad esserne realmente espressione.
7. Il voto amministrativo accentua alcuni caratteri che già avevamo in parte compreso.
Il necessario senso “civico” del Partito Democratico, la sua capacità di cogliere le pieghe di una società problematica e spesso lasciata sola hanno trovato nel “territorio” grande opportunità di sperimentazione e lavoro.
E i risultati non solo confermano questo sforzo ma lo indirizzano perchè colgono i punti di forza e di debolezza.
Si potrebbe dire che sono giustamente “impietosi”.
Non posso dimenticare l’intervento di un ragazzo ad un dibattito che disse: “spirito civico vuol dire certo capire anche i piccoli ma importanti problemi che un paese, una città ha.
Vuol dire però permetterci di sognare.
Un futuro, una idea di città, un ambiente, delle relazioni umane”.
Aveva ragione e dobbiamo coniugare questa attenzione vera al resto.
8. Infine, visto che parliamo anche di sogni, un sogno.
Manca poi al Partito Democratico uno strumento necessario: un punto di informazione e di commento della realtà quotidiano.
In questo momento non so se solo online o anche cartaceo.
Certo a me piacerebbe anche cartaceo ma non voglio tornare a vecchi modelli costosi e in crisi.
Quel che mi interessa è spiegare il perché.
La disinformazione è un dato ormai di massa. Viene costruita spesso anche in molti giornali e di più nella televisione ma dilaga drammaticamente sui social.
È evidente che necessita assolutamente per “la nostra gente” la creazione di una abitudine critica.
Non si può non avere disponibile un luogo/momento di verifica, di confronto.
Sono solo alcune parziali note, mi sono volutamente astenuto dal citare molti problemi anche decisivi, ma spero siano per lo meno utili.
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