Il turismo non è un diritto.
È un’opportunità.
Quindi può e deve essere sottoposto a regole, limiti, contingenze.
Il turismo non è solo spontaneo.
Nell’epoca della comunicazione si incentiva il viaggio, si esalta la scoperta, si sottolinea la differenza tra il vivere “normale” e la festa, la vacanza, la bellezza.
Quindi si “causa” il turismo.
Come?
Usando i vettori di trasporto e gli spazi di residenza.
Alberghi, B&B, Campeggi, Villaggi Turistici, Voli Aerei, Autobus a prezzo contenuto e così via.
E poi si produce attrattività.
Nei modi più semplici (offerte, spettacoli, pacchetti, performances) ed in quelli più complessi (con l’avanzare delle acque presto non la vedrai più, vieni subito).
Il turismo c’è anche dopo, quando è ripartito dalla sua meta.
Infatti lascia ricordi espliciti: tra questi anche i rifiuti.
Ma non solo, perché il turismo è geloso delle altre attività e preferisce stare da solo. La chiama “monocultura”.
Il turismo è lavoro.
Tanto lavoro: ristorazione, ricettività, gestione dei beni culturali, offerta turistica, vettori di trasporto di vario tipo, artigianato e così via.
Il turismo dovrebbe essere inclusività: per i disabili e per i portatori di handicap, certo.
Ma anche per chi ha sete, per chi ha necessità di vita e così via.
Non sempre lo è.
Ma nessuno ha scritto o detto che il turismo debba vivere da solo.
Come unico lavoro possibile.
Come unica attività economica da incentivare.
Tra l’altro il lavoro legato al turismo spesso non necessita di grande qualificazione e si manifesta come povero, stagionale, temporaneo, di basso livello salariale.
Gli economisti raccontano come il turismo vada a nozze con un modo di essere dello sviluppo assai pernicioso: la rendita di posizione.
Infatti la definizione di un luogo come attrattivo turisticamente genera una “rendita” finanziaria proprio legata alla “posizione” turistica.
Tutto questo per dire tre cose.
Che nessuno può mettere in discussione che Venezia voglia continuare ad essere una città di grande attrazione turistica.
Ovvio e naturale.
Che è giusto però regolamentare, prenotare, contenere, limitare il turismo e soprattutto le sue manifestazioni più dannose.
Più facile a dirsi che a farsi, lo dimostra l’esperienza del ticket.
Ottimo dato per le entrate del Comune e nessuna modificazione reale negli afflussi.
E infine l’ago nel pagliaio.
Va aperta una nuova scommessa su cui (tra l’altro) misurare partiti, liste e candidati alle prossime elezioni.
E le domande saranno due.
Come si inverte la caduta degli abitanti in città?
Come si creano nuove opportunità di sviluppo in città?
Perché queste domande viaggiano insieme, stanno in coppia e chi si dimentica l’una delle due sta ingannando il suo interlocutore.
Quindi come si limitano le “crisi” da violenza turistica diffusa che oggi rendono la vita impossibile?
E qui prenotazione, ticket, controlli e così via sono ben accetti per discutere seriamente, non per sparare numeri a caso.
Poi però bisogna creare l’altra metà del cielo.
Nuova impresa e nuovo lavoro a Venezia.
Con due politiche.
Da una parte quella sulla casa (proprietà pubblica, obbligo ai lunghi affitti, alcune nuove edificazioni, restauri ecc.) e dall’altra il rilancio della città della ricerca, dell’arte decorativa e dello studio elevato (università, fondazioni, cnr, vetro, arte contemporanea, beni culturali).
Così ci si misura.
Tre parole chiave dunque.
Contenere, qualificare ed innovare.
Solo un accordo tra le diverse istituzioni e tra pubblico e privato può permettere questi traguardi.
Ma ragionare solo sul ticket è ridicolo.
O meglio appare proprio un classico “falso obiettivo”.
L’articolo Turismo, perché sia un‘opportunità proviene da ytali..