L’ estate italiana del ’90, resa immortale dall’inno cantato a squarciagola da Gianna Nannini (a proposito, auguri per i settant’anni appena compiuti!) ed Edoardo Bennato, era quella dei Mondiali di calcio che la Nazionale di Vicini giocò alla grande e non vinse solo per una congiura del destino. Trentaquattro anni dopo, alla vigilia degli Europei che si svolgeranno in Germania a partire da domani, sorge spontanea una domanda: trepideremo per gli Azzurri di Spalletti come abbiamo fatto in passato per altre nazionali ben più forti di questa? Probabilmente sì.
Quando gioca l’Italia, oltre a trasformarci in sessanta milioni di c.t., il rito della riunione davanti al televisore, specie d’estate, è un grande classico del nostro paese. Ciò premesso, la tendenza ad amare altri sport quanto e, talvolta, persino più del calcio è ormai in atto da tempo. Se non altro perché a nessuno piace perdere, e con tutto il bene che vogliamo a Spalletti siamo convinti che i suoi ragazzi possano ottenere risultati importanti in terra tedesca ma non arrivare fino in fondo. Altre formazioni sono, oggettivamente, molto più agguerrite e pronte ad alzare al cielo il trofeo, anche se va detto che pure tre anni fa non eravamo certo i favoriti e, invece, ottenemmo un risultato straordinario, frutto della coesione del gruppo, dell’empatia trasmessa dal duo Vialli-Mancini, della classe di Donnarumma e di una serie di circostanze fortunate che fecero la differenza a nostro favore.
Staremo a vedere. Fatto sta che, in attesa di ammirare la banda capitanata dal timoniere di Certaldo, ci siamo goduti le imprese dei campioni dell’atletica, da Tamberi alla Battocletti, assistendo con entusiasmo ai trionfi di un’Italia coraggiosa, multietnica e capace di abbattere ogni barriera e diseguaglianza grazie al talento di una generazione che il problema del paese d’origine, del ceto di provenienza o del colore della pelle non se l’è mai posto. Basti pensare che anche nel tennis, dove pure i risultati, al Roland Garros, sono stati meno esaltanti del previsto, abbiamo assistito alle imprese di jannik Sinner e Jasmine Paolini: due esempi di multiculturalismo, apertura al mondo e maturità; due fuoriclasse che ci faranno sognare almeno per tre lustri, probabilmente resi ancora più forti dalla piccola battuta d’arresto cui sono andati incontro.
Nell’atletica, invece, siamo stati invincibili: ventiquattro medaglie, di cui undici d’oro, primo posto nel medagliere, ampiamente davanti alla Francia, e un tripudio di emozioni che ha lasciato senza parole anche il presidente Mattarella, il quale ha voluto applaudire in tribuna, all’Olimpico, la consacrazione della nostra meglio gioventù, in contrasto con gli orrori con cui siamo, purtroppo, costretti a fare i conti ogni giorni.
Sarà un’estate italiana, comunque vada a finire in Germania. Sarà un’estate italiana a Wimbledon, alle Olimpiadi di Parigi e ovunque si esibiranno i nostri atleti.
Non siamo più calciocentrici, ormai è chiaro, e, sportivamente parlando, non c’è miglior notizia di questa, anche in considerazione di quell’unità nazionale che altrove viene messa in discussione.
L’articolo Un’estate italiana proviene da ytali..