Egmat non deve morire è il libro tratto dalla storia vera di Jahfar Safi Zada scritto dalla giornalista Angela De Lorenzo, che ha aperto il Festival delle migrazioni – In Movimento, progetto del programma For Refugees (Per Rifugiati) della Casa di The Human Safety Net, nell’auditorium delle Procuratie Vecchie a Venezia. Il programma For Refugees dal 2017 ha sostenuto 555 start up e creato circa mille posti di lavoro per chi ha raggiunto il nostro Paese fuggendo realtà di guerra e fame, violazione dei diritti e persecuzioni. “Migrazioni forzate tra sfide e buone pratiche: protagonisti di innovazioni e pratiche” è argomento del dibattito che ha messo a confronto associazioni non profit, imprese e protagonisti di storie legate a migrazioni e inclusione.
Nei drammatici giorni della cronaca legata alla morte di Satnam Singh, giovane indiano tra le migliaia di invisibili lavoratori illegalmente assunti senza alcun diritto né assistenza, la Giornata Mondiale del Rifugiato (#WorldRefugeeDay) si presenta con mille emergenze e sfaccettature, legate alla realtà di migranti e rifugiati con il fine di offrire opportunità di lavoro a chi giunge in Italia sperando in una nuova vita, attraverso i contatti con imprese sostenute dal progetto Per Rifugiati. Sono oltre ottanta le nazionalità dalle quali provengono gli assistiti, che sono integrati in imprese individuali o con meno di tre dipendenti dopo un periodo di formazione.
Come mettere in contatto i migranti con le imprese è il punto principale dell’iniziativa, che prevede formazione sia dei nuovi potenziali lavoratori sia delle imprese stesse.
Egmat non deve morire è la storia di Jahfar, ragazzo afgano giunto in Calabria sulle rotte della speranza: punto di partenza che l’Autrice evidenzia dopo la recente ed ennesima tragedia legata ai naufragi di migranti in mare di pochi giorni fa: “terra d’approdo, Crotone, la mia terra, vicino a Isola Capo Rizzuto dove esiste il C.A.R.A. più grande d’Europa”, afferma De Lorenzo, che ha toccato con mano la sofferenza di chi arriva da lontano. Jahfar è il protagonista della storia vera, arrivato via mare mettendo a rischio la vita: un libro sofferto, superando difficoltà e luoghi comuni legati ai migranti, pagine pervase da dolore e dall’analisi delle ragioni che spingono migliaia di persone ad abbandonare la propria terra, le radici e gli affetti. Aspetti e sentimenti che troppo spesso sono sottovalutati, e che la tragedia di Steccato di Cutro ha reso evidenti tra ritardi nei soccorsi, allarmi non considerati e condizioni del mare forza quattro nel febbraio 2023, con la morte accertata di 94 persone e numerosi dispersi.
Sostiene De Lorenzo:
Paradossale sentirsi chiedere perché da Pakistan e Afghanistan in migliaia decidono di partire con tali rischi, a volte colpevolizzati di mettere a rischio la vita dei figli: con Jafar ho scritto queste pagine per dimostrare come in molti Paesi quello che si lascia è molto più rischioso di quello che si dovrà affrontare: noi non conosciamo né immaginiamo le ragioni e le realtà di molti Paesi, e mi sono resa conto che la mia conoscenza era piena di pregiudizi e luoghi comuni verso luoghi che non conosciamo.
Non sono molti i profughi o i rifugiati che riescono a integrarsi con un permesso di lavoro che significa anche protezione: il caso di Satnam Singh è ennesimo esempio di un irregolare costretto alla clandestinità (legge Bossi Fini del 2002) rimasto invisibile per oltre un anno durante il quale è stato sfruttato in un vortice di illegalità fino alla sua drammatica fine.
Molte associazioni non profit propongono alternative all’illegalità e alla clandestinità presentando proposte attraverso associazioni che la Casa di The Human Safety Net ha invitato al dibattito: ognuna di queste ha presentato progetti e prospettive oltre a testimonianze di chi si è inserito con successo nei programmi di studi e lavoro organizzati sul territorio nazionale.
Refugees Welcome Italia con Giorgio Baracco ha presentato Hayatollah Aidani, ragazzo afgano, testimone del programma concepito assieme a UNHCR che ha attivato oltre undici percorsi lavorativi nel 2023, integrando le persone con un rapporto bilaterale in un cammino nuovo che privilegia la partecipazione reciproca nell’accoglienza con un approccio di scambio tra culture e mentalità.
La Comunità di Sant’Egidio, attraverso le parole di Mirko Sossai (accompagnato da Amina Rezai rifugiata afgana), ha illustrato il programma di corridoi umanitari come soluzione valida all’emigrazione clandestina, di fronte all’inaccettabile morte in mare di centinaia di persone, grazie ad arrivi organizzati assieme ad accoglienza ed assistenza per persone rifugiate che fuggono dai conflitti: finora oltre 7500 persone sono state accolte da Libano, Siria, Corno d’Africa, Libia:
“Il 21 giugno arrivano a Fiumicino 190 afgani dal Pakistan, mentre un altro segno di speranza è la laurea della prima persona giunta anni fa in Italia dalla Siria.” Realtà del territorio italiano si fanno garanti dell’accoglienza e dell’integrazione ”individuando nei campi profughi le persone fragili o in maggior difficoltà”, attraverso la collaborazione delle Chiese Evangelica e Valdese oltre che della Caritas. Mobilitazione dal basso, persone che offrono casa, iscrivono i bambini a scuola, trovano un lavoro ai rifugiati, dal Nord al Sud del nostro Paese: necessaria inoltre la collaborazione tra pubblico e privato, con un dialogo non sempre facile che ha dato frutti, in una società capace di grande generosità. Esempio è un gruppo di studenti padovani che in questi mesi visita e dà sostegno a una famiglia siriana di cinque persone aiutandoli nell’apprendimento della lingua e nell’assistenza. “Percorsi di integrazione non facili” che tengono conto di molti fattori e di diverse sensibilità, ma rendono i corridoi umanitari esempio e modello replicabile da perseguire anche come corridoi lavorativi.
INTERSOS e ASHOKA Italia assieme a ENACTUS e RANDSTAD sono associazioni che operano sia nel campo degli aiuti nelle crisi umanitarie che in quello della ricerca di lavoro per le imprese: le testimonianze delle persone che hanno beneficiato dei programmi di integrazione si riassumono nella testimonianza di Mahadi Sharif, ragazza afgana che in un perfetto italiano ha raccontato il suo percorso di giovane donna di Erat, appassionata di sport e campionessa di Taekwondo, disciplina iniziata nella sua patria e interrotta con il ritorno dei talebani due anni fa. Giunta in Italia con un aereo militare, oggi Mahadi dopo un soggiorno a Genova è stata accolta a Roma e fa parte del programma olimpico dei Rifugiati.
Michele Gazzola (Confindustria Veneto Est) ha sottolineato come
un’azienda non può affrontare da sola la sfida del calo demografico in atto, né quella dell’integrazione vera e autentica dei migranti. La preparazione delle aziende nella conoscenza è un presupposto necessario,
conoscenza che presuppone la comprensione della lingua e cioè della necessità della formazione per la tutela delle persone.
”Quanto poco conosciamo e quanto di più si potrà fare lavorando assieme” alle associazioni è un punto importante di partenza.
Sperando che i fatti seguano alle proposte di fronte a emergenze legate all’inadeguatezza delle leggi in vigore in fatto di migrazioni e tutela dei migranti.
Il Festival delle Migrazioni continua con vari appuntamenti durante l’ultima settimana di giugno: occasione di approfondimento, di testimonianze e di conoscenza che favorisce la tolleranza.
Immagine di copertina: In occasione della cinquantottesima Biennale d’Arte, 2019, è esposta in uno dei bacini dell’Arsenale l’imbarcazione eritrea usata per il trasporto dei migranti e affondata nella notte del 18 aprile 2015, al largo delle coste libiche. Si tratta di una delle più grandi tragedie del Mar Mediterraneo: tra i settecento e i novecento morti (riconosciuti più di seicento). I superstiti furono solo 28. (foto di ©Andrea Merola)
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