Il 2024 sarà un anno importantissimo in casa Biennale. Dopo la nomina del nuovo presidente, Pietrangelo Buttafuoco, i contratti di tutti i direttori artistici delle varie sezioni sono in scadenza. A maggio c’era stato l’annuncio del rinnovo di Alberto Barbera nella sezione Cinema e ora arriva quella per Teatro. Poche ore fa è stato, infatti, annunciato il nuovo direttore artistico per le edizioni 2025 e 2026 ed è del tutto inaspettato. Biennale Teatro è ormai arrivata alla sua sessantottesima edizione, e nonostante goda di minor successo e notorietà rispetto alle sue cugine Cinema e Arte, resta una manifestazione di tutto rispetto, anzi uno dei maggiori eventi nella stagione dei festival teatrali europei, che ha come apice il Festival di Avignone.
Dopo l’ottimo, se non eccelso, quadriennio capitanato da Stefano Ricci e Gianni Forte, che con grande professionalità hanno deciso di continuare nel loro ruolo anche dopo la separazione, Buttafuoco ha scelto come prossimo direttore un nome altisonante del cinema americano, forse con la speranza di portare all’Arsenale ancora più pubblico: Willem Dafoe [immagine di copertina]. Grandissimo attore di cinema, quattro volte candidato all’Oscar, l’ultima delle quali per il ritratto di Vincent van Gogh, in At Eternity’s Gate di Julian Schnabel, che gli aveva già valso una Coppa Volpi a Venezia.
Dafoe ha un legame speciale con l’Italia, è sposato con l’attrice italiana Giada Colagrande dal 2005, con cui condivide una fattoria di alpaca fuori Roma. Un attore camaleontico, capace di vestire i panni del villain in grandi produzioni come Spider-Man di Sam Raimi, oppure di incarnare la malattia e la follia della guerra in Platoon di Oliver Stone, ma soprattutto di prestare il suo volto/maschera a tutta una serie di giovani registi o vecchie volpi lanciati verso un tipo di cinema più ricercato, quasi strano e irrimediabilmente d’autore.
Quello che in molti non sanno, però, è che Dafoe nasce a teatro entrando a far parte, ancora molto giovane, del Theatre X, una compagnia americana affine alla ricerca del Living Theater e il regista polacco Jerzy Grotowski. Successivamente a New York co-fonda il The Wooster Group, con cui collabora per oltre vent’anni e dove conosce artisti come Richard Foreman, Trisha Brown, ma anche Steve Buscemi e Frances McDormand, futuri colleghi al cinema. Con Foreman realizza ben due spettacoli, mentre, più di recente, lavora con due pilastri del teatro contemporaneo internazionale come Robert Wilson e Romeo Castellucci. Il regista cesenate afferma di averlo scelto proprio per il suo viso estremamente particolare.
Sembra avere tutte le carte in regola, Dafoe, per poter dare vita a un festival straordinario, ma l’eredità dei Ricci/Forte è davvero ottima. Armando Punzo, FC Bergman, Romeo Castellucci, Giorgina Pi, Milo Rau, Fabio Condemi, Mariangela Gualtieri sono solo alcuni dei grandi registi che hanno calcato le tavole di Biennale Teatro negli ultimi anni, senza dimenticare Antonio Latella, alla direzione artistica del festival dal 2017 al 2020.
Dafoe si trova tra le mani una patata bollente, che continua a crescere anno dopo anno, in pubblico e in numero di spettacoli. È certamente un nome che può attirare su di sé la curiosità di molti, anche e soprattutto di chi ha poco a che fare con il teatro contemporaneo, divenuto ormai una sorta di “sottomondo” artistico adorato da appassionati e addetti ai lavori ma del tutto sconosciuto al grande pubblico. Biennale sta investendo molto sul successo della sezione e i risultati sembrano arrivare in fretta. Speriamo quindi che questa nomina, così straordinaria e inaspettata, funga ancora più da booster portando sempre più pubblico nei teatri dell’Arsenale.
Una domanda curiosa che sorge spontanea tra gli appassionati è come farà Dafoe a conciliare il ruolo di direttore a Venezia con quello di attore iperproduttivo. Solo nel 2023 ha girato sette film. Avrà forse qualche tecnologia avanzatissima e segretissima come il suo personaggio Norman Usborn in Spider-Man?
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