È in corso a Ca’ Pesaro la mostra dedicata ad Armando testa, A cura di Gemma De Angelis Testa, vedova dello stesso,Tim Marlow e Elisabetta Barisoni.
Artista eclettico, pubblicitario, creativo e tanto altro, impossibile racchiudere in un solo titolo il carisma geniale dell’uomo che cambiò l’immaginario degli italiani a partire dai primissimi anni di diffusione della pubblicità di massa in italia.
Con una “pluralità di elementi espressivi” come preannuncia la cartellonistica che apre l’esposizione, Armando testa riuscì a inserirsi nel sottile anfratto tra i due protagonisti della pubblicità del dopoguerra: le botteghe artigianali, maggiormente orientate verso l’intuizione creativa e l’artisticità pura, e le succursali delle multinazionali statunitensi legate a strategie di marketing e ricerche di mercato.
Proprio grazie alla sua ambivalenza, creativo e pubblicitario, raggiunse rapidamente un ruolo preponderante nel mercato dell’advertising.
Il modello americano, seppur d’ispirazione per la pubblicità europea, fu accolto in maniera mediata, più che diretta, a causa dell’egemonia della Democrazia Cristiana in Italia.
Lo sforzo cattolico garantì la conformità dei nuovi messaggi che trovavano nella televisione il mezzo di trasmissione privilegiato, con il modello politico-religioso vigente.
Questo fu il primo ostacolo per il radicamento del modello statunitense sul territorio, a cui si aggiunse un’impatto iniziale della televisione diverso da quello oltreoceano.
In Italia infatti, il consumo di prodotti audiovisivi, fu connesso, non solo a un nuovo modello, soprattutto femminile, di vita domestica, ma anche ad una dimensione collettiva.
Se da un lato gli stipendi in italia non permettevano ancora a chiunque di comprare una televisione, i pochi che l’avevano la mettevano a disposizione anche del vicinato e si era soliti guardarla tutti insieme.
Intercettando la dinamica di fruizione collettiva, Armando Testa riuscì ad accentuare l’interesse degli spettatori per i prodotti facendo leva sulla loro fantasia, ricorrendo a ironia e paradosso tipici della commedia all’italiana popolare in quegli anni.
Con una marcata semplicità, lontana da ogni tipo di intellettualismo, risultò efficace e si guadagnò l’epiteto di poeta della pubblicità.
Tra i personaggi di sua invenzione presenti in mostra troviamo: Papalla, testimonial di un marchio di elettrodomestici debuttato nel 1966, l’ Ippopotamo Lines e Caballero misterioso e Carmencita per Lavazza. Questi apparvero tutti all’interno del Carosello, programma pubblicitario andato in onda sul Programma Nazionale della Rai inizialmente dalle 20.50 alle 21.00 e dal 1973 alle 20.30.
Per legge lo spettacolo, della durata di un minuto e quarantacinque secondi era nettamente distinguibile dalla parte puramente pubblicitaria, detta “codino”, consistente nei 30 secondi finali.
Quest’ultima era l’unica in cui il prodotto poteva essere nominato, quella restante era, invece, puro intrattenimento, a causa dell’influenza cattolica, reticente ai risvolti dell’economia capitalistica in rapida ascesa.
La prima sezione dello spot rappresentava il campo d’azione del creativo che, mediante lo sviluppo di una trama avvincente e di un personaggio protagonista riconoscibile, doveva creare una diretta connessione tra il prodotto e il personaggio stesso, che rimanesse impresso nella memoria dello spettatore, proprio come Papalla.
Le stampe di Testa, di cui alcuni esempi si osservano nelle sale di Ca’ Pesaro, esemplificano la sua vena artistica.
Egli utilizzava la tecnica della serigrafia e osserviamo nei primi manifesti dei colori molto accesi, fluorescenti, poi lo sfondo bianco, per mettere in risalto il prodotto. Durante la sua carriera sperimentò tecniche molto diverse l’una dall’altra: partendo dale stampe astratte a quelle caratterizzate da un forte realismo, come quella per il collirio Stilla.
La sua predilezione per l’astrattismo fu probabilmente segnata dagli insegnamenti del maestro Ezio D’Errico, pittore astrattista, ne sono esempi quella che aprì la sua carriera per la fabbrica di inchiostri tipografici ICI, e quelle ispirate alle opere di Mondrian, che rivisitò inserendo anche linee curve e oblique.
Non manca, poi, l’utilizzo della fotografia, quella in bianco e nero in particolare, connotata da grande espressività, a differenza di quella a colori, considerata più banale.
Per quanto concerne le tematiche affrontate si spazia dalle più ironiche, come le cartoline in cui alimenti tipicamente italiani sono protagonisti e diventano altro, celebre il formaggio che prende il posto dei faraglioni della costiera Amalfitana, alle più serie, tra cui si annoverano le stampe di sensibilizzano su temi sociali e civili con campagne anti fumo o contro la guida in stato di ebbrezza.
La pluralità di forme espressive, temi e tecniche utilizzate fa ben comprendere la personalità eclettica protagonista della mostra in corso che racchiude in sè un pezzo della storia della cultura italiana di quegli anni.
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