Cent’anni or sono, nel 1924, come stanno giustamente ricordando articoli di giornale e scritti vari, moriva Giacomo Puccini che chiuse con Tosca, la Bohème e Turandot, il secolo del ‘bel canto’ italiano e del melodramma melodico che da Rossini in poi, contribuirono alla gloria dello spirito musicale italiano nel mondo. Stupisce, ma forse non troppo, come il 1924 non venga ancora ricordato anche come l’anno della scomparsa di uno dei compositori più originali ed europei (in senso appunto musicale), vale a dire il toscano Ferruccio Busoni, innovatore della musica classica tra i due secoli, esegeta e critico di un percorso musicale europeo che da Brahms e Liszt doveva arrivare ai primissimi componimenti di musica elettronica.
Figlio d’arte e bambino prodigio (pianista di origini triestine la madre e clarinettista il padre), Busoni era destinato a diventare uno dei sommi pianisti del suo tempo e un teorico e musicologo tra i più profondi ed originali oltre a imporsi, fin dall’adolescenza, come un compositore dotato di una sua personale ‘bussola creativa’ che gli consentì di ‘leggere’ la musica del passato con un occhio ed uno spirito proiettati verso il futuro. A 13 anni si era già esibito in pubblico, alla tastiera, almeno cinquanta volte proponendo anche varie composizioni da lui stesso create, che gli sarebbero poi servite come basi per ulteriori brani nella sua precoce ma piena maturità di compositore.
Ben presto, il giovane Ferruccio decise di lasciare l’Italia per recarsi prima in Austria (Graz e Vienna) e poi, quasi definitivamente, in Germania che divenne la sua patria di elezione e dove insegnò in vari conservatori componendo gran parte delle sue opere più note. Nel 1915, dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia agli Imperi Centrali, Busoni lasciò Berlino per la neutrale Svizzera dove restò fino alla fine del conflitto. Della sua produzione musicale non c’è rimasto moltissimo, anche perché molte sue composizioni non furono comprese appieno a causa della loro singolare modernità espressa peraltro su una base armonica tipica della grammatica musicale post-romantica.
Ancor oggi, tuttavia, viene eseguito il suo bel concerto per clarinetto e orchestra, un vero e proprio omaggio ad uno strumento spesso ‘messo in ombra’ da più ‘nobili’ legni e fiati quali l’oboe e il fagotto. Ma ovviamente noi riteniamo che fosse anche un omaggio al padre clarinettista che lui, in realtà, conobbe poco. Oltre al concerto, notevoli sono le ‘cantate’ e le ‘suonate’ per pianoforte. Secondo il grande musicologo e storico del pianismo Piero Rattalino, lo studio di questo musicista così particolare e ‘diviso’ tra passato e futuro musicale, potrebbe ‘’sorprendentemente favorire l’ipotesi, che il sommo pianista Busoni possa essere stato un ‘profeta del Duemila’”. Ma su di lui si può forse intuire qualcosa in più osservando il suo magnifico ritratto dipinto da Umberto Boccioni [immagine di copertina].
Analizzando con pazienza e competenza il bellissimo quadro che si trova alla Galleria nazionale d’Arte Moderna di Roma, risulta chiaro come, da un lato, Boccioni abbia rivelato un suo forte legame con l’arte del tardo impressionismo francese (in particolare Cézanne) e, al contempo, abbia voluto indicare quei nuovi percorsi dell’arte che pochi anni dopo sarebbero stati seguiti e valorizzati da molti futuristi italiani ed artisti austriaci e svizzeri. Ci fu quindi un’intesa, forse un connubio a livello inconscio, tra musicista e pittore, entrambi portatori di un’eredità artistica destinata ad influire sul futuro.
Molte delle opere teoriche di Busoni furono scritte direttamente in tedesco e piace, inoltre, vedere come l’ottimo e nostro ‘favorito’ direttore tedesco, Christian Thielemann, abbia voluto ‘aprire’ il secondo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms alla DresdenOper (al piano il compianto Maurizio Pollini) con la ‘Comedy Ouverture’ op. 38 di Busoni. Il pianista-compositore viaggiò molto e tornò varie volte in Italia ma, come si è detto, il suo Paese di elezione era ormai la Germania dove diresse le più importanti orchestre e dove morì, appunto, nel 1924 quando le sue ‘due patrie’ cominciavano, o stavano per cominciare, una lunga e tragica avventura nazionalista che le avrebbe infine totalmente devastate.
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