Certo. Muoversi a Roma non è semplice: camminare in mezzo a ostacoli d’ogni genere su marciapiedi o cercare di salire su un vagone superaffollato della metro mette di cattivo umore. Se uno poi, come Michele Achilli, è affetto da retinite pigmentosa con sindrome maculare degenerativa avanzata, le cose si fanno complicate. Cieco, insomma: ma non dalla nascita, dramma ancora più drammatico. Ed è Michele, un giornalista frustrato, uno che alla RAI ci è entrato per concorso e non per raccomandazioni, a descrivere il percorso costellato da situazioni surreali, ciniche, crudeli, a volte anche dettate da sentimenti di umanità (…a volte) che coinvolgono uno come lui, ostinato a continuare la sua vita “normale” fatta di lavoro, spesa, casa, relazioni….
Un panorama desolante, questa bellissima città, che esce dalle pagine di Il buio e altri colori (Manni editore ) scritto da Alessandro Forlani, alter ego di Michele Achilli. Voce dei GR di radioRai, Forlani è al suo primo romanzo, un corposo testo ricco di sentimenti di ogni tipo: situazione di handicap grave, descritta durante i mesi della pandemia da Covid19, che ha sommato le restrizioni e le difficoltà dei cittadini “normali” a quelle di un non vedente mai domo. Non c’è rassegnazione nelle quattro stagioni descritte nel romanzo, anzi: la voglia di agire, muoversi, lavorare, comunicare traspare da ogni singola riga, a volte con rabbia, con la voglia di sfasciare il mondo e i suoi ostacoli, insormontabili.
Un romanzo legato ai sensi primordiali dei quali troppo spesso ci dimentichiamo, se abbiamo la fortuna di possederli tutti e cinque: Michele non vede, il cane Asia e il bastone bianco a guidarlo in una gimkana perenne, ma sono soprattutto gli odori a colpire il suo cervello sempre in tensione: e di odori, nella Roma di superficie e di metropolitana, troppi ce ne sono. E ti pare di sentirli, questi odori che sono puzze anche innominabili, in luoghi chiusi ma anche puteolenti marciapiedi, dove l’immondizia si mescola agli umori più svariati lasciati lì, abbandonati da umani e bestiole di umani cafoni. Anche se tra questi odori che permeano le esistenze, per Michele ce ne sono alcuni che continua a sentire, permanentemente, quasi una persecuzione…o una presenza amica, chissà. Ciclamino, gel per capelli, sigaro: ovunque. Tra le spinte della gente nella metro, i viali di villa Borghese, le strade assolate o bagnate del quartiere Prati, un piccolo giallo che sguinzaglia l’olfatto di Michele alla ricerca del come, cosa, perché.
Vite parallele, il “prima” e il “dopo” la diagnosi della cecità, vite così diverse, dal piccolo paese di provincia al caos della metropoli, dove i sentimenti si esasperano. Ricordi di infanzia, dei genitori, domande sul perché a lui, ma senza autocompatimento, e mille situazioni estreme che solo chi vive a Roma può capire: auto sul marciapiedi, monopattino parcheggiato sull’unica rampa senza gradino del marciapiedi stesso, barboni e negozianti non sempre gentili, prepotenti e degenerati nella guida, sullo sfondo della città bella, che impotente assiste a quel gran caos che la pervade, al quale in quei tristi mesi si è aggiunto il terrore della pandemia. E se la tecnologia in questi ultimi anni è un aiuto grandissimo per chi come Michele non vede, permettendo di leggere, scrivere, lavorare eccetera, resta sempre il rapporto umano il centro della questione, l’approccio di noi tutti verso un handicappato. Commenti e ironie, incomprensioni e qualche gentilezza, ma anche veri talismani che Michele perde e poi ritrova, legati alla sua vita di bambino.
L’impulso di cedere alla rabbia per assurde realtà si percepisce forte ed è denuncia: ma certo, Michele non può diventare “giustiziere della notte” e porre rimedio a tutto il male che gli capita addosso. Una scuola di vita? Una visione, è il caso di usare questa parola, che vola alta sopra le cose terrene, cerca soluzioni e lancia un messaggio umano. Fermiamoci e pensiamo. Grazie Michele.
L’articolo Gli odori del buio proviene da ytali..