L’abbrivio (da ab riva) è il movimento della nave che si allontana dalla riva spinta dalla forza del vento sulle vele (fattore esterno), dei remi nella voga (fattore interno) o dei motori (strumento meccanico). La nave di capitan Brugnaro non si è allontanata dalla riva per il vento; non quello forte della bufera giudiziaria che si è abbattuta sull’amministrazione della città lagunare, neanche quello dei cittadini che lamentano crescenti (dis)servizi e la rinuncia a varare politiche per la gestione e il contenimento della pressione turistica (nessun contrasto al dilagare delle locazioni turistiche, finto divieto all’apertura di nuovi alberghi, via nautica veloce nella laguna protetta al Montiron con terminal nell’area archeologica di Altino, trasformazione speculativa del tronchetto da isola nuova di servizi e terminal per alleggerire piazzale Roma a sito di alberghi, uffici ecc. ipotizzando anche la realizzazione di una nuova isola sottraendo spazio all’acqua , da ecc.). L’abbrivio è arrivato quando il motore del sistema ha cominciato a perder colpi perché nella sala di comando si è andati troppo su di giri, facendo saltare il banco della gestione aziendale del comune di Venezia che è andato alla deriva, nonostante ci si sforzi di negarlo.
Si comincia con un semplice cicchetto, ma l’appetito – si sa – vien mangiando per poi crescere fino a farsi insaziabile, e talvolta si fa perfino bulimia. Da un lato ci sono le dazioni sistemiche per grazia ricevuta all’assessore Boraso che in un gioco delle parti tra moglie e marito si fa retribuire mediazioni regolarmente fatturate per prestazioni professionali mai offerte. Dall’altro ci sono le operazioni speculative più rilevanti sotto la regia del sindaco. Kwong, appreso il problema dell’inquinamento dei terreni. si è sfilato dall’operazione, che sembra chiudersi in perdita per lui se è vero che il ribasso ottenuto nella vendita di palazzo Papadopoli viene progressivamente assorbito dall’affidamento della gestione all’assessore regionale al bilancio Calzavara con una perdita per il magnate cino-indonesiano di circa 700.000 € l’anno. Il piatto piange e forse ci sono giocate ancora ignote. Il sindaco Pinocchio cerca di chiudere una operazione immobiliare speculativa in un quel suo terreno su cui si era ripetutamente impegnato a non far nulla, ma calcia la palla troppo avanti e non riesce a starle dietro. L’abilità di Brugnaro lavora sul filo del rasoio e si spinge al confine del millantare convinto com’è di potere superare ogni ostacolo grazie alla solida maggioranza. Lo abbiamo visto in altre operazioni come gli ex-gasometri a Castello (la cui partita andava in pareggio grazie ai lauti guadagni fatti con la costruzione del complesso alberghiero di via Ca’ Marcello a Mestre del teatro San Cassian per la cui realizzazione aveva indicato l’area occupata dallo squero di Sant’Isepo, mandando consapevolmente alla deriva il progetto.
La legge dev’essere uguale per tutti
Quella giudiziaria non dev’essere la via maestra per i cambiamenti politici, d’accordo. Al tempo stesso ciò non può in nessun caso comportare impedimento per i magistrati a esercitare la propria funzione.
Se il corpo politico non riesce a produrre anticorpi capaci di identificare e isolare le fonti d’infezione, un intervento esterno s’impone. È un po’ come nelle cure oncologiche, dove le cellule maligne che attaccano il corpo dall’interno devono essere combattute con agenti esterni. Tali possiamo considerare per metafora gli organi d’informazione e l’opinione pubblica da un lato, la magistratura e le forze dell’ordine dall’altro. L’indipendenza del potere giudiziario è messa a repentaglio dalla politica che critica come invasione qualunque interferenza, dimenticando che di garanzie speciali godono i parlamentari nell’esercizio della loro funzione grazie all’immunità, che non va confusa con l’impunità (assenza di pena nonostante un reato compiuto) e non è prerogativa applicata automaticamente, viene concessa dal Parlamento laddove vi sia sospetto di fumus persecutionis (parvenza di persecuzione). I politici di ogni altro ordine e grado non godono di privilegi e sono assoggettati alle leggi come tutti i cittadini, una condizione che mal sopportano, come dimostra la cancellazione del reato di abuso in atti d’ufficio, dopo le revisioni del 2012 (in esecuzione degli impegni internazionali assunti dall’Italia con la Convenzione penale di Strasburgo sulla corruzione) e del 2020 (che ha visto una significativa contrazione dell’ambito della condotta punita).
In ogni caso:
se un organo d’informazione viene a conoscenza di notizie rilevanti riguardanti la gestione della cosa pubblica da fonti ritenute affidabili (non illazioni), ha il dovere di diffondere quelle informazioni;
se la magistratura viene a conoscenza di una notizia di reato, ha il dovere di indagare, accertare i fatti, inquadrare il contesto, individuare i sospetti responsabili, agire per impedire la reiterazione del reato e l’inquinamento delle prove;
se funzionari e amministratori pubblici nell’esercizio delle loro funzioni vengono indagati per reati gravi e reiterati che interessano il vertice politico e tecnico della macchina comunale, è giusto sospendere il giudizio senza condannare, ma è buona regola di opportuna tutela pubblica che i protagonisti diano le dimissioni.
Nella conferenza stampa dopo l’operazione della Guardia di Finanza il procuratore Bruno Cherchi ha precisato che al sindaco indagato non è stata fatta alcuna perquisizione domiciliare e l’avviso di garanzia è stato emesso a sua tutela (sorvolando sul fatto che sono state perquisite le sedi di sue società, gli uffici comunali dei suoi bracci destro e sinistro, le sedi di società partecipate N.d.R.). Una cortese precisazione per attenuare il prevedibile impatto dirompente che l’operazione avrebbe avuto sulla politica cittadina. Il problema è che politica e attività imprenditoriali si sono intricate, con reciproche riverberazioni e condizionamenti.
L’eccesso di padronanza sconfina in indecente arroganza nella convinzione di esser forti al punto da godere dell’impunità. Per quanti affari si possano fare e far fare è impossibile accontentare tutti, chi è messo a dieta mentre gli altri gozzovigliano cova risentimento e frustrazione. Scontentare poi uno scafato come Vanin, a conoscenza di tutti i dettagli delle operazioni di Kwong, non è stata una grande mossa. Il vero problema di Brugnaro, tramontate le ambizioni politiche, sarà quello di districare e dipanare il nodo inestricabile in cui ha intrecciato politica e affari stringendo un cappio al collo della sua attività imprenditoriale che rischia di uscirne penalizzata, perché si è rivelato meno forte di quel che vorrebbe far credere ostentando sicurezza con modi bruschi e arroganti.
Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti*
Lo stesso giorno Brugnaro si riunisce al mattino con la giunta e la maggioranza a porte chiuse, mentre nel pomeriggio diserta la seduta del consiglio comunale. Davanti a fatti che riguardano l’esercizio delle funzioni di amministratori e funzionari pubblici dei vertici comunali, il sindaco manda a dire che se ne parlerà e la fedele presidente del consiglio comunale Ermelinda Damiano obbedisce, pretendendo di andare avanti come se niente fosse. Ero curioso di vedere cosa avrebbero fatto e detto il sindaco e gli esponenti della maggioranza davanti a fatti di tale rilevanza e per questo mi sono collegato online a seguire il consiglio, ma sono rimasto deluso, sembrava di avere sbagliato canale. La maggioranza ha preteso di procedere parlando d’altro, delle questioni ordinarie all’ordine del giorno, come se nulla fosse accaduto di straordinario nel frattempo. Uno spettacolo indecoroso. Brugnaro dice di aver deciso di sottrarsi al confronto per il bene della città (sic!), evitando di fare del consiglio comunale “un campo di battaglia”. Più importante non interrompere l’attività amministrativa della città e consentire il regolare svolgimento delle attività programmate. Insomma, il sindaco non si presenta e la maggioranza fa finta de’ pomi imponendo di trattare gli argomenti già stabiliti e rifiutando il confronto sui fatti del giorno prima, evidentemente non considerati di rilevanza tale da balzare in testa agli argomenti da trattare. Da non crederci. In un’atmosfera surreale la maggioranza del consiglio comunale di Venezia ha mancato di rispetto alle istituzioni oltre che ai cittadini accorsi numerosi al punto da non riuscire tutti a entrare in sala. Alla minoranza, ai cui consiglieri la presidente spegneva il microfono una volta superati i soli quattro minuti consentiti a intervento, non è rimasto che abbandonare l’aula, dopo avere raccolto le firme per chiedere la convocazione di un consiglio straordinario che si terrà venerdì 2 agosto a Mestre.
In queste vicende ci sono precise responsabilità sul piano amministrativo e tecniche che la magistratura sta vagliando, ma anche responsabilità politiche alle quali Brugnaro si è sempre sottratto facendo affidamento sulla larga maggioranza su cui può contare in consiglio, anch’essa corresponsabile, che non può oggi far finta de’ pomi e cadere dal pero. Certo ora è comodo scaricare sul cap(r)o espiatorio ogni responsabilità, ma… dov’erano i componenti della maggioranza in questi anni? Si erano distratti? Finché il carro era vincente la gara era a chi saltava su prima per occupare un buon posto, ora che il carro si schianta vogliono scendere, ma è troppo tardi. La maggioranza aveva avuto una possibilità di uscire di scena dignitosamente con il consiglio comunale del giorno dopo, ma mercoledì 17 ha preferito seminare vento. Raccoglierà tempesta. La pretesa della maggioranza di parlare d’altro è stata indecorosa, inutile cercare riparo nella necessità di dare continuità all’attività amministrativa comunale, “per il bene della città”, una scusa indegna. Davanti a un quadro di tale inaudita gravità alla maggioranza non può essere consentito di continuare a occupare il potere e a ignorare la minoranza, schiacciata dai regolamenti e considerata sinonimo di subalternità ininfluenza, che può solo far testimonianza di sé, alla faccia della democrazia la cui cartina di tornasole è proprio la considerazione data alle minoranze.
Il quadro messo a nudo dall’inchiesta della procura veneziana è ben più grave di quello che aveva portato il 4 giugno del 2014 all’arresto del sindaco Orsoni accusato di irregolarità nei finanziamenti ricevuti dal Consorzio Venezia nuova per la sua campagna elettorale; quella volta le dimissioni arrivarono dieci giorni dopo, il 14 giugno segui il commissariamento e nuove elezioni. La stagione Brugnaro è finita, che si restituisca il pallino ai cittadini.
Tutte le strade portano a Roma
Finalmente una settimana dopo la deflagrazione dello scandalo, riconoscendo un possibile conflitto di interessi, FdI chiede di “rimpiazzare i vertici indagati”, considerando però tali solo i dirigenti delle società partecipate e i due collaboratori più fidati del sindaco ma non il primo cittadino. Ma è dichiarazione tardiva, strumentale a cercare di evitare elezioni anticipate che appaiono inevitabili in alternativa al commissariamento. Che sia un modo cortese di chiedere al sindaco di lasciare il ponte di comando per non far affondare con lui l’intera nave del centrodestra al governo della città, che rischia il tutti contro tutti nel si salvi chi può ? Il partito della premier cerca di smarcarsi senza mosse dirompenti, per cercare di contenere i danni nella perdita dei consensi elettorali che i sondaggi gli attribuivano e per preparare il campo al confronto su una loro candidature, dato che FdI rivendica quel peso che fino ad ora non ha avuto né in regione né in comune. Sembra esordio di fioretto in una situazione pronta a finire a sciabolate. Alla faccia dell’autonomia tanto cara alla lega i destini di Venezia si decideranno a Roma.
L’ordine di scuderia è guadagnare tempo e cercare di capire se è ancora possibile puntare su un rimpasto o andare a elezioni anticipate che sono questione complicata perché le circostanze sono sfavorevoli a chi ha governato, ma anche, specialmente, perché s’intrecciano in un gioco a incastro nazionale con le regionali di Liguria e Veneto, la partita si sposta a Roma nelle e tra le segreterie nazionali, dove il sindaco non è più rappresentato dopo il dissolvimento parlamentare del partito da lui fondato Coraggio Italia, una virtù che al primo cittadino ha fatto questa volta decisamente difetto. Nel frattempo, entra in gioco Flavio Tosi, agitatore dei sonni leghisti che in questo caso sembra tendere una mano alla Lega, proponendo la candidatura di Zaia in comune in una intervista al Foglio del 25 luglio (il giorno dopo la presa di posizione di FdI) e rivendicando la poltrona della presidenza della Regione per Forza Italia che ha in lui il candidato ideale. Manca all’appello FdI, a cui magari potrebbero dare la Liguria, ma allo stato si tratta di supposizioni trovare la quadra non sarà facile e anche questo argomento si aggiungerà ai nodi che si stanno formando all’interno della maggioranza di governo.
Canzone del maggio, Fabrizio De Andrè)
L’articolo L’amalgama velenoso di politica e affari proviene da ytali..