Ѐ in corso nel Ministero dell’educazione un ripensamento delle indicazioni per la scuola di base che tenderà (così pare) a rimettere al centro della formazione dei ragazzi una decisa coscienza nazionale, per ora esposta in un testo esplicito già nel titolo (Insegnare l’Italia) curato da due studiosi di storia della pedagogia. Certo conoscere e valorizzare il proprio paese tra geografia e storia e cultura è un obiettivo di base giusto, ma oggi niente affatto esclusivo, in una società sempre più multietnica che deve nella scuola “umanizzare i soggetti e tutti“, come ci ha ricordato tempo fa Recalcati su La Repubblica. Infatti, si tratta di ripensare le diverse nazioni che sono, in Europa soprattutto, sempre più multiculturali sia per la presenza di migranti di varia etnia, in fuga da paesi di povertà spesso assoluta o da crisi climatiche severe o da regimi autoritari e antidemocratici, e migranti che nel contempo sono necessari proprio in Europa come attori per lo sviluppo economico, in aree del lavoro ormai disertate dai “nazionali”.
Allora ci sono motivazioni umane ed economico-sociali per realizzare piani di “accoglienza” che possono dar corpo a una vera reciproca integrazione. E qui sta il compito politico-educativo da attivare come “piano nazionale” appunto di accoglienza e integrazione vissuta e resa organica ai bisogni del paese che ospita. Un piano che venga riconosciuto come razionalmente opportuno e realizzato a ogni livello: abitativo e lavorativo, ma anche e soprattutto istruttivo, in modo che faccia crescere una coscienza comune e condivisa, la quale condanni i pregiudizi ormai estranei al modello di vita europeo (e si pensi solo al ruolo delle donne marginale e dipendente in alcune società-civiltà!), in quanto si oppongono al principio della comune umanità da rispettare ovunque e sempre di più in maniera decisa e convinta. E qui proprio la scuola può e deve svolgere un ruolo determinante. E in due sensi.
Intanto e in primis render tutti coscienti dei diritti umani affermati nelle Costituzioni più evolute e moderne, come pure nelle Carte elaborate a livello internazionale (vedi la Dichiarazione universale dei diritti umani emanata dall’ONU nel 1948 e costituita di 30 articoli che tutelano gli individui e le loro libertà e collaborazioni) e come intenderli in modo vissuto attraverso un dialogo come mezzo di comunicazione tra culture diverse sì, ma tese a integrarsi tra loro. E dialogo da ben orientare con teorie adeguate e pratiche (scolastiche e sociali) produttive di inclusione come con-vivenza realizzata insieme. Certo, sì, senza dimenticare la nostra nazionale identità ma senza mai farla diventare un dogma assoluto e, oggi, antistorico, rispetto al divenire del mondo sempre più globale, dove appartenenze proprie/locali e diverse dovranno sempre più abituarsi a convivere.
Fin qui, poi, nella scuola la multiculturalità non è stata affatto un dogma: se mai un consiglio e una necessità di cui imparare il ruolo che lì deve svolgere a più livelli, collocandola poi in stretta dialettica con l’identità nazionale stessa, senza opporle tra loro e anzi intrecciandole proprio sul principio della comune umanità a partire dai diritti appunto umani. Poi va chiarito bene questo richiamo alla “nazione” come paradigma a cui riferirsi ma in modo critico, mai ponendolo come centrale e unico, proprio perché così c’è sempre, esplicito o no, un richiamo (nostalgico o no che sia) al nazionalismo che tanti errori e misfatti ha fatto compiere nel secolo scorso e in particolare anche e proprio qui in Italia. E che pertanto permane e deve permanere oggi irrevocabile: e di fatto e di diritto!
Poi tali principi dialogici, umanitari e anti-nazionalistici esigono anche di illuminare a quale tradizione nazionale ci si deve riferire. E ciò può valere per tutto il mondo occidentale, a ben guardare. Ma fermiamoci all’Italia e alla sua storia complessa, costruita nel tempo con apporti diversi ma anche rivelatasi nella sua crescita secolare di nobilissima qualità, sia attraverso i legami col Mondo Antico e con l’universalismo politico ma anche culturale di Roma, poi con l’assimilazione del messaggio altissimo del Cristianesimo divenuto identikit profondo e in molti modi rivissuto tra Medioevo e Modernità su su fino ad oggi, una Modernità già affermata dai tre letterati tra Due e Trecento, Dante, Petrarca e Boccaccio, tra loro diversi ma convergenti a fare dell’italianità culturale il (anzi IL) modello europeo, poi a seguire con la grande tradizione del Rinascimento in arte, scoperte varie e tecniche e geografiche, innovazione del pensiero politico con Machiavelli e non solo, ma anche nella scienza moderna di Galilei e dell’Accademia del Cimento e ancora entrando a far parte della comune civiltà europea dell’Illuminismo nel Settecento, per arrivare al Risorgimento che, sì, faceva coabitare nazione e libertà, due modelli ben diversi di cittadinanza, ma sviluppando aspetti di alta cultura democratica (e si pensi solo a Mazzini o a Cattaneo, ma ricordando anche Manzoni e Leopardi, sì letterati ma di fine coscienza liberal-democratica, come gli studi più attuali ci hanno ricordato), come poi accadde nel Novecento di Croce, di Matteotti, del Gramsci della maturità etc..
Allora è qui, in questa nobile tradizione, che sta l’Animus più proprio dell’Italia, e caso mai è a questo aspetto che nell’istruzione nazionale dobbiamo riferirci, mostrando anche le chiusure e le miserie dei nazionalismi, di cui oggi ben conosciamo gli errori e gli orrori tra imperialismi, razzismi, esaltazioni della guerra e indifferenza atroce per la sorte in esse riservata a militari e civili. No, la nazione dei nazionalisti deve restar fuori dalla scuola oggi e anche domani. Tutto ciò potrà sembrare un consiglio-non-richiesto rivolto al Ministero dell’Istruzione e del Merito e una forzatura rispetto a un lavoro ancora da fare: ma non è così.
Oggi in Italia troppe voci si richiamano a quella tradizione che tra fine Ottocento e prima parte del Novecento ha squilibrato la coscienza degli italiani, conducendoli infine nella catastrofe della Seconda guerra mondiale, e da essa è potuta rinascere solo per il sacrificio di tanti cittadini illuminati da una ferma volontà di rinnovamento della società in forma liberal-democratica quale oggi sta felicemente enunciata nella Carta Costituzionale, da tener ferma come regola e morale e civile e politica e…educativa del nostro paese! E senza mai manometterla nel suo dettato di valori e di norme strutturali dello Stato!
Allora diamo davvero, a questo punto, un consiglio (non richiesto ma ragionevole e giusto, oltre che molto opportuno) alla stessa commissione ministeriale che si occuperà di questo nuovo principio formativo-scolastico: lavorare tra (sì, proprio tra) nazione e multiculturalità, affinandole entrambe guardando all’umanità/umanizzazione della cultura e lì facendole tutte dialogare, ricordando anche e bene il profilo della cultura che accoglie e che qui da noi è ed è stato umanamente di altissimo rilievo (a parte le deviazioni novecentesche! e si pensi ancora e proprio all’Umanesimo quattro/cinquecentesco o al Settecento illuminista o anche al Risorgimento più aperto e al Novecento liberal-democratico, già di sopra ricordati) e che può farsi davvero modello generativo del dialogo e del confronto, per stare così già dentro quella società planetaria in cammino, anzi già sempre più presente anche qui e oggi (alla quale dobbiamo anche recenti successi nazionali in campo sportivo!), e regolarla così al suo meglio con un alto spirito democratico a partire dal rispetto dei diritti umani.
Sì, all’idea-nazione sostituiamo quella del dialogo-umanistico/umanitario guardando senza timori al futuro che è già qui e che ci chiede compiti nuovi e non modelli di ieri e carichi di penombre (le quali possono anche farsi ombre-nere!) di cui né la scuola né il paese-Italia hanno assolutamente bisogno!
Così l’Europa o la Comunità internazionale in un tempo di profondo sbandamento quale quello oggi in atto, in cui purtroppo tornano a risuonare i vecchi e nefasti Miti, devono prender coscienza del loro Compito: che è quello di confermare il modello liberal-democratico-sociale come timone e regola del loro lavoro politico, sociale ed educativo. Ed ogni paese deve esser invitato e davvero a ripensarsi e su e per questo suo insieme Principio-e-Fine!
Immagine di copertina: Domenico di Michelino, Dante ed i tre regni, 1465, Firenze, Santa Maria del Fiore
L’articolo Per un’identità culturale umanistica e planetaria proviene da ytali..