Sistema Venezia, si legge sulla stampa. Sistema Brugnaro, dico io. Venezia sarà anche un luogo d’oro che fa gola a molti, ma la sua storia amministrativa non merita di essere considerata dedita al mercimonio dei suoi beni pubblici.
Se invece per sistema Venezia si intende la politica amministrativa dell’attuale sindaco, allora la formula potrebbe avere un senso. Potrebbe essere ricavata dall’esame delle scelte compiute dall’attuale amministrazione, confrontate con quanto programmato in precedenza, ad esempio nelle previsioni urbanistiche. A che cosa sono servite le varianti urbanistiche fatte approvare dal sindaco? A lato della stazione ferroviaria di Mestre avrebbe dovuto sorgere un nuovo quartiere, con alberghi, residenza e commerciale. Residenza e commerciale sono stati eliminati, a favore della moltiplicazione dei grandi alberghi. Due grandi alberghi previsti ora anche nell’isola del Tronchetto, che avrebbe dovuto essere riservata a un agevole accesso automobilistico alla Venezia storica e ai suoi mezzi di trasporto acqueo.
D’altro canto il sistema Brugnaro era noto ai veneziani, e non solo, da tempo. Da tempo si parlava e sparlava dei Pili. Come ha giustamente messo in evidenza Gianfranco Bettin, la situazione di Venezia è stata fin dall’inizio immersa nei conflitti di interesse: il sindaco è nello stesso tempo il principale imprenditore del territorio; le sue proprietà terriere sono note; i principali dirigenti della struttura amministrativa comunale – e anche vari membri del consiglio comunale – provengono dalle aziende del sindaco. Il decentramento comunale è stato azzerato e i margini di manovra delle opposizioni ridotti ai minimi termini.
D’altra parte, se è vero che le situazioni di conflitto di interesse in questa situazione sinteticamente descritta possono essere all’ordine del giorno, non sappiamo per ora neppure di che cosa il sindaco sia precisamente accusato (genericamente concorso in corruzione), e tanto meno se sia responsabile e di che cosa. Abbiamo capito invece che la rete lanciata dalla Procura veneziana ha coinvolto un gruppo ampio: oltre all’assessore finito in carcere e lo stesso sindaco, suoi collaboratori, dirigenti comunali e imprenditori.
Con tutto ciò non si nega che sia stato abile nel procurarsi il consenso non soltanto di ceti medio alti, ma anche di quelli popolari. E di fronte al consenso popolare ci si inchina. Non si chiedono le dimissioni ad un amministratore recentemente confermato, quando non se ne conoscono ancora le precise responsabilità, come dice Cassese.
Ma non ad ogni costo e in qualsiasi situazione. E qui una precisa responsabilità ci è stata resa nota, e deriva da una intercettazione che potrebbe apparire perfino meritoria. Laddove il sindaco invita l’assessore attualmente in carcere alla prudenza, nelle sue richieste di tangenti mascherate da consulenze.
Ora un sindaco per bene, di fronte a un suo assessore dalle finte consulenze, lo invita a dimettersi, non gli consiglia prudenza. E se quello non si dimette gli revoca l’incarico.
Tanto basta per chiedere a Brugnaro di dimettersi. Non ci serve sapere altro per ritenere irrimediabilmente screditata l’amministrazione comunale di Venezia.
Se invece sottovalutiamo quella conversazione telefonica, la prendiamo per tutt’altro verso, come prima accennavo, allora significa che siamo immersi tutti noi in un degrado etico oltre che legale, e che i pochi che si ribellano “volano troppo alto”.
L’articolo Sistema Brugnaro proviene da ytali..