Me la ricordo bene la festa del redentore. Si cominciava qualche settimana prima, “Gianni tutto conferma’ ora semo in barca co ti? “certo more come ogni anno, ea tradision se rinnova”.
Gianni era un terraziere aveva un bel magazzino drio santa Maria Formosa. Un uomo dalle spalle grosse, un grande lavoratore assieme al fratello Bruno, portava avanti lavoro e tradizioni, tanto sudore, sveglie all’alba ma sempre col sorriso in faccia.
Era tutto un brulicare al mercato di Rialto el pessse i bovoetti, garusoli, sarde e via a tor e segoe, i fasioi per l’immancabile pasta della mezzanotte.
Vin bianco per i palato raffinato, vin rosso per quelli meno fini, gassosa per noi bambini, col vin per quei più grandetti
La Venezia operosa degli artigiani, dei commercianti, degli impiegati, architetti, ingegneri, professionisti, operai tutti insieme a preparare le barche con le luci colorate che creavano un’atmosfera da anno del Dragone, ma non eravamo in Cina, non c’erano i cinesi; eravamo nella città piu bella del mondo.
C’era Toni con la sua caorlina, c’era Gianni con la sua toppa da lavoro, c’era l’ingegner Pedrocchi col suo sandolo a due remi, c’era gioia – tanta. E si avvicina il venerdì, il venerdì della festa più bella e sentita dell’anno.
Correvamo per le calli e i campielli di una città sotto l’afa che solo il mese di luglio ed il redentore sa regalarti, quel caldo torrido, insopportabile, il sudore dalle camicie, noi bambini nemmeno ci accorgevamo, gli adulti si, loro boccheggiavano, grondavano – ma il sorriso e l’attesa era così spensierata che si dimenticava il caldo ( l’aria condizionata non l’aveva ancora nessuno; forse era un privilegio di pochi, ma nessuno proprio ne sentiva il bisogno).
Arrivava la festa dell’inaugurazione del ponte, nel tripudio di Venezia; quello era il segnale che la festa era cominciata.
Il Sabato mattina partiva la caccia del ghiaccio per bar e mercati. Si finiva di preparare le barche – le nostre, quelle tradizionali Veneziane. I topi sfilavano per il Canal Grande con i giovani in festa, la musica rieccheggiava per tutta la città; era il nostro tempo, la nostra Venezia, il nostro mondo, il luogo che amavamo e tutti rispettavamo. Non serviva la prenotazione, ci stavamo tutti – uno accanto all’altro, in un comporsi continuo di file interminabili di barche.
Io e Michele avevamo un stereo vecchio (quello a batterie giganti con le musicassette) sparato a tutto volume, ed eppure coperto dal rumore del fuoribordo – che sembrava andar anche lui a suon di musica…
E poi fora i bovoetti, i moscardini; Gianni e i suoi amici stappavano bottiglie di felicità, da quei sorrisi usciva l’essenza di Venezia.
Il Sindaco era un ex Venditore di Biglietti nato a Noale, il nostro cittadino più stimato si chiamava Nino Giupponi – costruiva barche a Remi, ed era anche lui sempre lì, in quel mare di barche veneziane che facevano del Bacino una meravigliosa vista di luci e un grande vociare di felicità ed allegria ed energia.
L’attesa era lunga. i fuochi non arrivavano mai. Poi, tra una risata e l’altra, ecco il primo botto. Gli occhi di tutti si alzavano al cielo: i foghi del redentor riempivano il bacino e l’aria diventava di un odore acre.
L’effetto magico che si crea nell’insieme di Venezia, la sua gente ed il Bacino di San Marco, tutti impastati, aggrumati, fusi assieme… beh, è qualcosa che solo chi l’ha vissuto fino in fondo può comprendere e avvertire.
Allora Gianni intonava il coro Viva San Marco – e noi tutti dietro a lui, a cantare.
Era il tempo di Mario da Preda, delle canzoni veneziane. Era il nostro tempo, quello di una grande città, fatta di servizi, case pubbliche, cultura, tradizioni, gioia, regate. E’ chiaro che non mancavano i problemi, anche grandi: Giudecca pora abbandonata di cantava proprio allora… ma nell’insieme di luci e ombre, che ogni realtà ha in sé, la luce era quella: pura, cristallina, di un luogo e dei suoi abitanti fusi in perfetta simbiosi. Qualche turista c’era, ovviamente; ci sono sempre stati… lo vedevi subito, vagava incuriosito, partecipava alla festa come se fosse stato catapultato in un mondo delle meraviglie…
E oggi? Oggi com’e’ triste Venezia, com’e triste questo redentore incastrato in uno dei mille eventi della città in festa come chiamano le kermesse in Comune. Una festa che noi non sentiamo più come nostra, stadicata dai nostri cuori, forse perché qui a Venezia una comunità non deve rinascere, forse perché è meglio vendere turismo che dare servizi, forse perché si guarda piu’ all’affare ed al profitto che al benessere della comunita.
È da quello spirito, da quella sincerità di rapporto luogo/abitante, da quell’impasto che si respira al Redentore che deve ripartire il rilancio della città e della sua economia; si parta da lì, da quel senso di appartenenza che non aveva né classi né confini.
Venezia ci appartiene ancora. Bisogna azzerare e ripartire – questa è la parola d’ordine odierna e la riflessione politica, per un’altra città possibile.
Viva Venezia e Vive El Redentor
E rircordeve che i foghi dell’anno prima g’era sempre più bei
Cover Image: X.com
L’articolo Viva Viva El Redentor proviene da ytali..