Uno scandalo è quel calderone in cui chi ci finisce dentro rimane scottato o finisce bollito dopo essere stato tritato. Le responsabilità individuali e la gravità dei reati contestati vengono spinti in secondo piano, ciò che conta è il coinvolgimento che è già condanna, non il dettaglio né poi l’esito del giudizio e magari il proscioglimento annunciato magari da un trafiletto che pochi vedono in fondo alla pagina. La carriera politica di Brugnaro è chiusa, qualunque sia l’esito delle indagini, per la gravità dell’impianto accusatorio e per l’impatto mediatico che assume ogni notizia che riguardi Venezia, di questo ne era ben consapevole l’imprenditore andato alla sua conquista per godere di una visibilità altrimenti irraggiungibile. Brugnaro ha sottovalutato che il successo può diventare arma letale se l’autostima sfocia in presunzione (anticamera del delirio di onnipotenza), invece che nella consapevolezza di sé e dei propri limiti: allori e certezze indeboliscono illudendo, critiche e dubbi rafforzano col disincanto. Anche quest’anno Brugnaro figura tra i primi dieci sindaci italiani più apprezzati dalla cittadinanza, ma i sondaggi sono verità istantanea, che cambia repentinamente cambiando di segno con i venti dominanti. Lo sa bene Brugnaro la cui nave si è trovata improvvisamente con vento e corrente contrari e col motore della macchina amministrativa avariato.
Fulminati
In queste situazioni c’è sempre un parafulmine e non è sempre in alto il campanile, può capitare che il fulmine piombi in basso a colpire alberi e cespugli. A questo soggetto debole o indifendibile, su cui si scaricano i fulmini più che altrove, si cerca di accollare ogni responsabilità nella confusione del momento.
Nel 2014 il capo espiatorio fu il presidente della regione Veneto e poi ministro Giancarlo Galan, dietro di lui distanziato il sindaco Orsoni, con un ruolo tutto sommato marginale, provinciale, d’ambito locale in un’inchiesta di respiro nazionale che vede condannati ministri e vertici di importanti uffici statali… ma assolto il sindaco Orsoni, accusato di avere ricevuto un finanziamento illecito di circa mezzo milione di euro, quasi un peccato veniale rispetto ai mille milioni di euro di fondi distratti, seppur sempre un peccato resta e difatti finisce per dimettersi. Nel calderone dello scandalo le differenze si perdono, tutto è indistinto, non ha importanza se alla fine vieni assolto. Pur finendo assolto per alcune accuse e non condannato per altre andate in prescrizione, Orsoni resta il sindaco dello scandalo Mo.S.E. Di verità ce n’è tante e tra queste quella giudiziaria, esito dei virtuosismi legali in uno slalom tra commi e punteggiatura, errori procedurali e interpretazione, eccezione e regola. La verità popolare è sentenza senza appello, immediata, resta impressa nella memoria collettiva, difficile estirparla.
Nel 2024 si cerca di fare dell’assessore Boraso il capro espiatorio, (quasi) scaricato da Brugnaro perché considerato evidentemente poco difendibile. Non è un campanile, ma un cespuglio, di quelli infestanti se non estirpati per tempo. Boraso appare inadatto alla funzione che gli è stata affidata per due mandati, ma in fondo è simpatico, un personaggio ruspante pop, naïf, folkloristico, ingenuamente furbo, uno del popolo come dimostrano i video casalinghi di Boraso trasmessi il 16 e il 24 marzo 2020 durante il lockdown. Del 1997 è il suo esordio in politica, ma è nel 2005 che ottiene il record di preferenze personali ed è forse per questo, per la sua rappresentatività, che viene sponsorizzato dal sindaco Cacciari per il ruolo di presidente del consiglio comunale. Un analogo pacchetto di voti viene portato in dote nel 2015 a Brugnaro che lo promuove assessore con deleghe a Mobilità e trasporti, Viabilità e piano del traffico, Gestione del patrimonio. Nel 2020 viene confermato assessore, cede la delega al patrimonio a Paola Mar, ma ottiene con la Mobilità, Infrastrutture stradali, Viabilità, Piano del traffico, anche le deleghe per i Rapporti con le Municipalità e per i Rapporti con il mondo dell’agricoltura (ottime posizioni per tessere relazioni e incrementare la capacità di influenza e di condizionamento). È utile a Brugnaro per questo, per il radicamento nel territorio dove ha influenza e controlla un bel pacchetto di voti sfuggito finora alla volatilità politica tipica del nostro tempo. Facciamo però attenzione a con considerarlo un ladro di polli, le singole somme ricevute sono tangenti nella norma, ma sono tante azioni reiterate nel complesso possono fare accumulare un discreto tesoretto.
C’è poi Brugnaro/campanile. Il fulmine che si scarica su di lui parte dal cielo giudiziario e arriva in terra politica con retroterra economico, preludio a un avvicendamento di gruppi di potere. Ci sono tanti interessi in campo che il sindaco non ha evidentemente saputo comporre, deve avere irritato con il suo l’attivismo economico e gli è stato presentato il conto, fornendo alla magistratura gli elementi per farlo impantanare.
Si lascia andare a una imprudente mossa tattica strategia con cui cerca di ridimensionare gli eventi allontanando da lui le responsabilità. Valuta selettivamente le indagini, differenziando tra gli accusati e rinnovando fiducia ai suoi bracci destro e sinistro (con ciò implicitamente affermando che qui le indagini sbagliano) e accollando le “colpe” al solo Boraso. Si spinge oltre annunciando che il comune sta valutando se presentarsi parte civile contro Boraso ove si approdasse in aula, nella convinzione che lui e i suoi avranno un destino diverso da quello dell’assessore. Per abbassare la tensione prova a usare il criterio del due pesi e due misure. Il trattamento riservato al solo Boraso è diverso da quello dei collaboratori del sindaco (a cui rinnova la fiducia sperticandosi attestati di stima), di dirigenti delle partecipate comunali e degli imprenditori (descritti come altruisti che lavorano per il bene comune, portando ricchezza e posti di lavoro). Vedremo se l’ex assessore accetterà di fare da bersaglio, risultando colui che ha fatto tutto da solo, o comincerà a dire la sua coinvolgendo chi di dovere, anche lui come Vanin o come a suo tempo fece Orsoni accusando il Pd. Succede spesso che gli accusati accusino a loro volta per ridimensionare le accuse. È a questo che servono i provvedimenti restrittivi, a mettere pressione per confessare, oltre che a impedire la reiterazione del reato e l’inquinamento delle prove.
Giustizia politica
Per giustizia politica si intende il perseguimento di fini politici con mezzi giudiziari. L’uso politico della giustizia era normale ad Atene dove il popolo controllava assemblee e tribunali, o a Roma, dove lo scontro tra senato e assemblee popolari porta all’esilio di Marco Tullio Cicerone.
Si contesta ai magistrati di emettere “provvedimenti a orologeria” che danneggiano i politici e la politica, ma non è sempre vero, almeno a Venezia. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in qualità di procuratore aggiunto e coordinatore delle indagini sul Mo.S.E., redige il parere favorevole della Procura della Repubblica di Venezia alla richiesta di revoca degli arresti domiciliari a carico di Giorgio Orsoni e alla contestuale manifestazione di consenso all’istanza di applicazione pena (patteggiamento). Il documento è un interessante saggio di galateo istituzionale.. Con Brugnaro la procura non è arrivata a tanto, ma gli ha usato evitato la custodia cautelare e di sottoporre a perquisizione il suo domicilio (andando però in uffici comunali e nelle sue società). Inoltre, abbiamo appreso che hanno indagato per anni in silenzio, iscrivendo nel registro degli indagati nomi fittizi per evitare fughe di notizie che poi, infatti, non ci sono state, la notizia (senza anticipazioni) è diventata pubblica solo dopo l’operazione di polizia, con crescente dovizia di particolari che al sindaco appaiono inverosimili.
Ogni azione giudiziaria è sentita dalla politica come interferenza e invasione di campo. Lo vediamo a tutte le scale nella resistenza a lasciare, dalla ministra Santanché al governatore Toti al sindaco Brugnaro. Si dimentica il principio dell’obbligo a esercitare l’azione penale in presenza di notizie di reato che in tutti i casi citati ci sono, eccome.
Venezia scandalosa
Il 4 giugno di dieci anni fa esplode a Venezia lo scandalo Mo.S.E. che svela un quadro corruttivo di entità tale da sbaragliare il record della “madre di tutte le tangenti”, quella di ENIMONT (1993), il caso più importante della stagione Mani pulite, quando Raul Gardini versa 150 miliardi di lire ai maggiori esponenti politici comunali, regionali e nazionali, a pubblici ufficiali e alti funzionari, a vari imprenditori. Nel caso del Mo.S.E. le somme distratte dalla costruzione delle dighe superano l’immaginazione arrivando a un miliardo di euro (= quasi duemila miliardi di lire).
Il 17 luglio 2024 un fulmine si abbatte su Venezia, ma non è a ciel sereno. I dettagli non erano tutti noti, ma il clima lo si conosceva, quell’atmosfera che Brugnaro ha cercato di ridimensionare “…ero convinto fosse la vecchia politica, quella del contentare tutti…”, un modo di fare che ha tollerato in modo insopportabile alla faccia del suo sentirsi paladino d’innovazione politica: accontentare tutti è sinonimo di clientelismo e favoritismi, anticamera di corruzione. Non ha sfiduciato Boraso dopo la telefonata intercettata in cui lo invita a stare attento, ma non l’ha fatto in autotutela neanche dopo l’arresto, è stato l’assessore a dimettersi per cercare di ottenere la scarcerazione.
Quanto scrive la Guardia di Finanza nell’informativa dell’inchiesta denominata “Operazione Palude” è di una gravità ineludibile:
Un quadro complessivo connotato dalla frequente commistione di interessi privati con quelli pubblici ed alla strumentalizzazione delle cariche pubbliche da parte di un gruppo di persone poste al vertice e in snodi chiave dell’apparato amministrativo comunale persone che in precedenza operavano sempre al vertice nelle strutture societarie riconducibili al Brugnaro.
Francesco Saverio Nitti in Meditazioni e ricordi scrive che
I ministri che hanno per abitudine di far cadere tutte le responsabilità sulla burocrazia dan prova della propria incapacità. Nei tempi normali un vero capo trova sempre modo di utilizzare i suoi dipendenti. E se proprio i suoi dipendenti sono incapaci, trova il modo di eliminarli.
Un tantino perentorio, aggiungerei la chiosa “se non può collocarli in posizione e con funzioni opportune”. Innegabili le responsabilità della burocrazia, molte altre sono però del corpo politico che lottizza con logiche clientelari, alla faccia dalla tanto spesso invocata meritocrazia.
The End
Lo scandalo odierno riguarda le attività istituzionali della struttura amministrativa comunale che ne esce nel complesso delegittimata, ed è questa la ragion per cui non resta altro da fare che restituire la parola ai cittadini con il voto.
Le immagini che illustrano l’articolo sono quelle della protesta dei cittadini veneziani sotto la sede del Comune di Venezia a Mestre, 2 agosto 2023 [Servizio fotografico di ©Andrea Merola]
L’articolo Brugnaro. Punto e a capo proviene da ytali..