Serata con amici in trattoria, si parla un po’ di tutto e il discorso cade su un’inchiesta di Report (Rai3) sulle pale eoliche in Sardegna.
Sai – mi spiegano – l’Europa dominata dai nordici fanatici ecologisti – quelli delle bottigliette coi tappi attaccati – ci costringe a riempire le coste e i terreni agricoli nell’isola degli uliveti e delle sugheraie, con orrendi giganti d’acciaio di società straniere, che sibilano paurosamente e deturpano il paesaggio. Lo fa, complice l’ex governo Draghi, alla faccia della popolazione sarda e dei suoi un amministratori.
L’Europa? Draghi? La “solita” Europa? Il “solito” Draghi? Non ho visto il programma ma non posso non provare a capire meglio. Anche se è abbastanza complicato. L’idea che mi sono fatto, dopo una mini inchiesta fai-da-te, è diversa da quella dei miei amici. Il che mi fa pensare: è possibile che guardando uno dei più validi programmi tv d’inchiesta italiani – figurarsi i peggiori – ci si possa confondere le idee fino a perdere il senso delle cose? O forse il travisamento è frutto della miscela tossica di informazioni “volatili” e di radicati preconcetti?
Ma veniamo alla questione. E pazienza se qualcuno mi spiegherà che sono io che non ho capito niente.
Il punto di partenza è il famoso Piano Naz.le di Ripresa e Resilienza (ecco l’accusa all’Europa!). Per la precisione il decreto attuativo PNRR3 – Decreto Legge n.13, 24 febbraio 2023, consultabile in Gazzettaufficiale.it E’ un mattonazzo, nelle migliori tradizioni burocratiche, ma c’è una “spiega” del PNRR3 in ticonsiglio.com (vedi l’art. 24). I passaggi chiave del DL 13/2023, per la nostra questione, sono l’art. 3 (poteri sostitutivi e superamento dei dissensi) e l’art. 14 (semplificazione dei contratti) con un focus sul punto 5.quater (dissenso).
E allora? Chiaramente si è creato un conflitto fra due diversi interessi ambientalisti: un interesse generale a spianare la strada alle energie rinnovabili alternative ai combustibili fossili; nel caso le pale eoliche con (quasi) zero emissioni di CO2. Ed un interesse specifico alla tutela del paesaggio naturale che è un bene prezioso (nel caso: quello della Sardegna deturpato dalle troppe pale).
Perché questo conflitto? Il PNRR tra tante altre cose, per promuovere le energie rinnovabili ha semplificato e velocizzato le procedure scavalcando molte Autorità di controllo e di avallo, viste non come strumenti di tutela ma come fonti di intralci e rallentamenti. È un comodo metodo già usato dai governi per velocizzare “grandi eventi” tipo Expo e Olimpiadi, “grandi infrastrutture” come l’Alta Velocità ferroviaria (TAV) e (se mai verrà) il Ponte sullo Stretto, o “grandi ricostruzioni” dopo catastrofi naturali.
La decisione sulle pale risale al 2021: ecco perché viene giustamente tirato in ballo Draghi che allora guidava il governo di unità nazionale delle ormai quasi dimenticate emergenze pandemica, economica e sociale. Tutti i maggiori partiti erano nell’esecutivo o lo sostenevano, salvo i F.lli d’Italia di Giorgia Meloni e le frange estreme. Lo strumento legislativo del Regolamento Ue ha reso “quasi” impossibile legiferare in deroga, cioè fare correzioni nazionali se non espressamente previste. Ma nulla è davvero impossibile. Una moratoria di 18 mesi – disegno di legge regionale 15/A per la salvaguardia del paesaggio – su impulso della presidente Alessandra Todde è stata approvata a maggioranza dal Consiglio regionale sardo il 2 luglio scorso. Le incognite sono tante: dal ricorso alla Corte costituzionale al rischio di incorrere in una futura procedura di infrazione, a quello di un braccio di ferro con l’Ue sui fondi del PNRR.
Ma siamo sicuri che il governo Meloni voglia davvero battersi per bloccare le pale eoliche sarde con la stessa determinazione dei tentativi di silurare la Direttiva Bolkenstein per tutelare gli interessi nazionali dei “balneari”? Il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin si è detto contrario a rovinare il territorio “con pale e pannelli ovunque” (Unione Sarda, 28 aprile 2024). Ma come agiranno in concreto il ministro dell’Economia? Quello delle Infrastrutture? E la stessa presidente del Consiglio?
Io, per parte mia, pur non amando fare foto di panorami con le pale sullo sfondo, mi chiedo fino a quando continueremo a bruciare gas, petrolio e carbone dipendendo dalle forniture di Stati come – Russia a parte – Kazakistan, Libia, Algeria, Arabia Saudita, Nigeria. Alternative? Mah. Abbiamo rinunciato alle centrali nucleari perché nessuno le voleva vicino a casa propria. In Francia hanno tirato dritto e ora ci vendono l’energia “rinnovabile” nucleare. Se le pale eoliche non vanno bene e anche i pannelli solari deturpano i paesaggi, dove prenderemo l’energia che consumiamo sempre di più? Forse le famigerate pale spunteranno numerose dove il paesaggio è bruttino anche se il vento scarseggia. Si potrebbe sacrificare Porto Marghera e “salvare” (a pagamento, ovviamente) Porto Cervo e Portofino.
CONCLUDENDO. La Spagna, dall’Andalusia alle Canarie, è cosparsa di pale eoliche, alla faccia delle proteste. Forse là pensano che sia meglio vivere all’ombra di una pala che di una ciminiera o di un elettrodotto. Eppure un’alternativa ci sarà, che metta tutti d’accordo in attesa della mitica fusione nucleare controllata che slitta di decennio in decennio. Io lancio qui una furba proposta alternativa: tutti gli italiani “abili” dovranno pedalare per un’ora al giorno (fuori orario di lavoro e di scuola) su speciali “cyclette” collegate alla rete elettrica per produrre i Megawattora che ci mancano. Ci guadagneremo anche in salute. E se non basta? Allora facciamo pedalare pure i turisti: sarebbe un simpatico supplemento alle tasse di soggiorno e d’ingresso già in vigore.
Cover Image: Jean-lui Piston on Unsplash.com
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