Quello che è accaduto a Venezia non fa parte dei fulmini che cadono a ciel sereno.
Anzi.
Molti se l’aspettavano e si chiedevano casomai le ragioni di un silenzio, di una bonaccia, di un quieto vivere fin troppo consumato.
Perché gli intrecci tra l’essere “attore” in politica ed essere parimenti “attore” in economia erano noti, dichiarati, conclamati.
Perfino rivendicati nel momento in cui da una parte si affermava la necessità per il Comune di essere come una “azienda” e dall’altra si esercitava la propria presenza in molti modi nella vita della città cimentandosi, ad esempio, nella proprietà di una gloriosa dinastia sportiva.
Insisto su questo punto e cioè sulla doppia figura di amministratore e di imprenditore perché è questa contemporaneità che fa intravvedere i limiti nel governo della “cosa pubblica”.
E lo dico sapendo per esperienza diretta come vadano sempre tenute separate e distanti nei tempi, negli atti e nei modi queste due parti della vita.
Io sono convinto che ciò che è successo, al di là delle conseguenze giudiziarie, segni la fine di una epoca a Venezia: quella del ruolo politico dell’attuale Sindaco.
Per tante ragioni.
Una delle quali è il frutto del “fare” proprio di Luigi Brugnaro.
Infatti questa di Venezia non era solo l’espressione di una maggioranza politica.
No.
Era la rappresentazione di un leader “solo al comando”.
Che agiva attraverso i “suoi” uomini portati in Comune, che si dimensionava nazionalmente con il “suo” partito, che dialogava con i “suoi” alleati.
Questo dimostra la ragione delle incertezze del Centro Destra veneziano che per certi versi vorrebbe “disimpegnarsi” per ciò che è successo ma non può, non ce la fa avendo accettato fino ad ora una vita subalterna e in “ombra” per tanti anni.
Quindi nessuna meraviglia per ciò che sta succedendo.
Si chiedono le dimissioni e si rifiutano le dimissioni.
Come sempre il gran vento della magistratura ha scosso gli alberi, fatto cadere le foglie e modificato la temperatura dell’aria.
E questo ha fatto rinascere speranze a sinistra, ha creato interrogativi ai pragmatici del centro ed ha incitato alla difesa la destra.
Tutto legittimo: sperare, analizzare e difendere.
Ma…
Sì c’è un “ma” molto pesante.
Questa è una città complessa e fragile.
Una città che se è troppo usata si rompe.
Una città metropolitana poi con tante anime e cuori ma con un flusso di sangue unico, forte e a volte pericoloso: il turismo.
Questo era il modo in cui lo descriveva un mio amico che guardandomi diceva serio: guarda che però ci può anche “scappare” l’aneurisma.
E allora dobbiamo sapere che non ci sono di fronte strade facili e banali.
Io capisco i fischi, le urla, la protesta che a Venezia e a Mestre hanno segnato in questi giorni la crisi di chi governa la città.
Ed era ora perché hanno scosso un modo di essere presupponente e offensivo che considerava l’esercizio della democrazia una fatica quasi inutile.
È chiaro che Brugnaro ha preso un colpo non solo dalla magistratura ma anche dai cittadini.
E non potrà accusare di “lesa maestà” se non se stesso e la sua maggioranza.
Ma un colpo non basta.
Non stiamo facendo a pugni.
Di mezzo c’è la gente, la città, i protagonisti cioè di Venezia: quella d’acqua e quella di terra nelle loro tante sfaccettature.
Le prime iniziative dell’opposizione hanno già segnato la presenza di un possibile “grande arco di forze” disponibile a misurarsi per l’alternativa.
Ed è un bene.
Ma non basta.
Le sigle non fanno maggioranza, segnalano una opportunità.
E quindi ora comincia un lavoro diverso.
Programma, etica, disponibilità sono le tre chiavi di lettura
Programma perché occorrerà dire cosa fare, quando e come farlo.
Etica perchè il privato che si impossessa del pubblico provoca una sola esclamazione: mai più.
Disponibilità perché nessuno potrà e dovrà arrogarsi il diritto dei veti incrociati.
Gli entusiasmi della protesta sono spesso volubili e non sempre chi li esprime ama poi governare.
E d’altra parte quelli che invece sotto la spinta del “fare” hanno accettato fino ad ora una visione subalterna della città è tempo che rialzino il capo.
Va ricordata sempre una cosa.
Venezia rischia di essere all’ultima spiaggia nel ragionamento sul suo possibile destino.
Francamente non credo vi saranno ancora molte occasioni e quindi l’impegno non è una mera possibilità.
È un diritto dovere di ognuno di noi.
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