
La decisione del presidente Joe Biden di non ricandidarsi e la successiva candidatura di Kamala Harris hanno rappresentato una sfida significativa per l’ex presidente repubblicano Donald Trump. I sondaggi attuali mostrano Harris in vantaggio in alcuni stati chiave cruciali per la vittoria democratica, mentre Trump fatica a riorientare la sua campagna elettorale contro la vicepresidente. Questa situazione complica ulteriormente il percorso del candidato repubblicano verso la Casa Bianca, costringendolo a rivedere la sua strategia politica.
E il dibattito politico americano è tornato a concentrarsi sulla possibilità che Trump possa perdere le prossime elezioni, con le implicazioni di una sua eventuale sconfitta che sollevano preoccupazioni pari a quelle di una sua vittoria. Joe Biden ha affrontato il tema di recente, in un’intervista a CBS, esprimendo le sue preoccupazioni non solo per l’esito delle elezioni, ma anche per i mesi successivi. Alla domanda se ci sarebbe stato un trasferimento di potere pacifico nel caso in cui Kamala Harris avesse sconfitto l’ex presidente repubblicano a novembre, Biden ha risposto:
“Se Trump perde, non ne sono affatto sicuro.”
Già nel 2020, l’allora presidente repubblicano aveva ripetutamente avanzato accuse infondate di frodi elettorali sia prima sia dopo le elezioni di novembre. Per mesi, aveva messo in dubbio la legittimità del voto per corrispondenza, privilegiato durante la pandemia di Covid-19, suggerendo che potesse essere facilmente manipolato.
Dopo la sconfitta elettorale, Trump aveva quindi parlato di una “vittoria rubata” dal Partito democratico, accuse che avevano trovato ampio riscontro nei social media e nei media conservatori. La squadra legale dell’ex presidente aveva anche avviato diverse cause legali nel tentativo di contestare i risultati negli stati chiave, accuse che, anche in questo caso, non erano supportate da alcuna prova. Inoltre in sette stati chiave – Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, New Mexico, Pennsylvania e Wisconsin -, Trump e i suoi alleati avevano orchestrato la creazione di liste di elettori alternativi, tutti sostenitori di Trump, che si sarebbero dichiarati i legittimi elettori, nonostante la vittoria di Biden fosse stata certificata nei rispettivi stati.
Questi “fake electors” avevano firmato dei documenti in cui si dichiaravano i veri elettori di quegli stati, e tali documenti erano stati poi inviati agli Archivi nazionali e al Congresso degli Stati Uniti. L’intento era di presentare questi certificati falsi durante la certificazione dei voti elettorali il 6 gennaio 2021, nella speranza che il vicepresidente Mike Pence o i membri del Congresso potessero usarli per contestare la legittimità della vittoria di Biden.
Queste azioni hanno portato a una serie di indagini federali e statali. Le indagini del Dipartimento di Giustizia, avviate in seguito all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, hanno incriminato Trump con le accuse di cospirazione per frodare gli Stati Uniti, cospirazione contro i diritti e ostruzione alla giustizia. L’atto d’accusa sostiene che Trump abbia organizzato una cospirazione criminale per sovvertire i risultati elettorali del 2020. Il processo, tuttavia, è stato momentaneamente sospeso in attesa di un ricorso alla Corte Suprema presentato dagli avvocati di Trump, i quali sostengono che il presidente goda di un’immunità nell’esercizio delle sue funzioni. Questa presunta immunità è stata confermata dalla maggioranza dei giudici della Corte (nominati dai repubblicani).
In Georgia, Trump e diciotto dei suoi alleati, tra cui Rudy Giuliani e il capo di gabinetto Mark Meadows, sono stati incriminati per il loro ruolo nel tentativo di ribaltare i risultati elettorali dello stato. In Michigan e altri stati, sono state presentate accuse contro diversi individui coinvolti nella falsificazione dei certificati elettorali. Oltre a Trump, numerosi dirigenti politici repubblicani sono stati coinvolti in procedimenti penali. In Nevada, ad esempio, un gran giurì ha incriminato diversi esponenti del partito repubblicano, tra cui il presidente del partito statale. In Michigan, sedici persone sono state accusate di falsificazione e cospirazione, con l’accusa di aver firmato certificati di accertamento falsi e di aver dichiarato di essere grandi elettori debitamente eletti e qualificati per rappresentare il Michigan.
“The Big Lie” e le elezioni di metà mandato
I tentativi di sovvertire i risultati erano poi culminati con l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 da parte dei sostenitori del presidente repubblicano. Il 13 gennaio la Camera a maggioranza democratica aveva avviato la procedura d’impeachment, la seconda per il presidente repubblicano, ed è stato poi assolto al Senato perché non era stata raggiunta la maggioranza dei due terzi necessaria per condannarlo.
L’assalto del 6 gennaio non è stato un episodio isolato. Anche dopo la fine del mandato di Donald Trump, le teorie cospirative che hanno alimentato quella violenza hanno continuato a diffondersi in una campagna sofisticata e incessante, sostenuta dall’ex presidente, da esponenti del Partito Repubblicano, da organizzazioni come “Stop the Steal” e dai media. A questo si aggiungono i social media alternativi, come Truth Social, la piattaforma creata da Trump dopo il suo allontanamento da Twitter, e Rumble, che hanno offerto spazio e visibilità a video, dirette e opinioni di influencer MAGA sostenitori delle teorie del complotto sulle elezioni del 2020, comunemente conosciute come “The Big Lie”.
Tra gli alleati di Trump che più si sono impegnati in questi anni ci sono l’amministratore delegato di MyPillow Mike Lindell e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump Michael Flynn (coinvolto nelle indagini sul possibile collusione tra la campagna di Trump e la Russia, si è dichiarato colpevole di aver mentito all’FBI e Donald Trump gli ha concesso una grazia completa a fine mandato).
Lindell sostiene tutte le principali teorie del complotto sulle elezioni del 2020. Ha creato le proprie piattaforme social e un servizio di streaming, Frank Social e Frank Speech, dove ha ospitato figure come Steve Bannon e Rudy Giuliani, diffondendo varie teorie sulle elezioni “rubate”. Il tutto è accompagnato da pubblicità di cuscini, dalla vendita di prodotti patriottici come bistecche di bovini “non vaccinati” e dai servizi di una compagnia telefonica rivolta ai conservatori cristiani.
L’imprenditore ha anche creato un “ufficio per i crimini elettorali” per coordinare gli sforzi legali, di cybersicurezza e legislativi sotto un’unica organizzazione. Come riportato dall’Associated Press, l’amministratore delegato di MyPillow ha dichiarato di aver speso 40 milioni di dollari per indagare sulle frodi elettorali e sostenere iniziative volte a vietare le macchine per votare, una delle sue principali ossessioni.
Anche i media conservatori hanno amplificato queste teorie. Fox News, Newsmax e OANN hanno promosso false accuse di frode elettorale, inclusa la teoria cospirativa secondo cui le macchine per il voto sarebbero state manipolate per favorire Biden. Le aziende produttrici di macchine per il voto Dominion Voting Systems e Smartmatic hanno intentato una causa per diffamazione contro le tre reti via cavo, alcuni dei loro dipendenti e altre persone. Fox News ha accettato di pagare un risarcimento di 787,5 milioni di dollari a Dominion nell’aprile del 2023, dopo che è stato rivelato che i dirigenti e i giornalisti della rete sapevano che le accuse erano false, ma hanno continuato a promuoverle comunque.
Un’inchiesta di Associated Press e della serie PBS “Frontline” ha esaminato invece come l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, Michael Flynn, stesse viaggiando in questi anni per il paese diffondendo teorie cospirative sulle elezioni del 2020 (e sui vaccini), mentre costruiva un movimento basato su idee nazionaliste cristiane. La sua organizzazione ha dato 2,75 milioni di dollari alla società Cyber Ninjas per una revisione di parte e molto criticata delle elezioni del 2020 nella contea di Maricopa (che comprende Phoenix), in Arizona, stato “rosso” vinto da Biden nel 2020.
La funzione elettorale di queste teorie è emersa chiaramente nel 2022, quando, nelle elezioni di midterm, i repubblicani hanno conquistato – seppur di poco – la Camera. Nella fase pre-elettorale, Trump non solo ha ripetutamente e falsamente sostenuto che ci fossero stati brogli di massa nelle elezioni del 2020, ma ha anche insinuato, senza alcuna prova, che tali frodi potessero verificarsi nelle elezioni di metà mandato del 2022:
”Sta accadendo la stessa cosa con i brogli elettorali del 2020?”,
ha scritto l’ex presidente sulla sua piattaforma Truth Social. L’ex presidente ha anche cominciato a difendere le persone perseguite per le loro presunte azioni durante il 6 gennaio, promettendo loro il perdono in caso di vittoria alle elezioni presidenziali.
In questi quattro anni l’ampiezza del movimento dei deniers – coloro che negano che Biden abbia vinto le elezioni – rimane anche un’evidenza della forza politica che Trump esercita. Nel 2021, secondo i sondaggi, il 39 per cento degli elettori repubblicani credevano che l’elezione di Biden fosse legittima. Nel 2023, la percentuale è scesa al 31 per cento.
Secondo un’analisi del Washington Post dell’ottobre 2022, inoltre, il 51 per cento dei candidati repubblicani alla Camera, al Senato e alle principali cariche statali avevano negato o messo in dubbio l’esito delle elezioni presidenziali del 2020. Quasi un candidato repubblicano su tre a tali alla carica di segretario di stato a livello statale, organi che si occupano delle elezioni, si è espresso a favore del ribaltamento dei risultati delle elezioni presidenziali del 2020.
Nello stesso periodo viene diffuso e ottiene grande successo di pubblico il film “2000 Mules” del commentatore politico di estrema destra Dinesh D’Souza, film che sostiene falsamente che organizzazioni non profit senza nome associate al Partito democratico abbiano pagato dei “corrieri” per raccogliere e depositare illegalmente le schede elettorali nelle urne in cinque stati in bilico durante le elezioni presidenziali del 2020. Trump ha lodato il lavoro di D’Souza come “uno dei documentari più importanti e di maggiore impatto dei nostri tempi” e ha organizzato una proiezione a Mar-a-Lago alla quale hanno partecipato Lindell, Rudy Giuliani e la deputata Marjorie Taylor Greene che ha promosso e diffuso teorie antisemite e suprematiste bianche.
Al crescendo di teorie del complotto non è sfuggita nemmeno la cantante Taylor Swift, entrata nel mirino del movimento MAGA dopo il supporto pubblico per Biden nel 2020. Secondo le teorie cospirazioniste la vittoria al Super Bowl di quest’anno da parte dei Kansas City Chiefs, squadra della stella del football americano Travis Kelce, che è anche il fidanzato di Swift, sarebbe stata realizzata a tavolino per dare alla cantante una piattaforma privilegiata per fare un endorsement al presidente Joe Biden, all’epoca ancora candidato democratico. La teoria è stata sostenuta anche dall’ex candidato presidenziale repubblicano Vivek Ramaswamy. E da Fox News dove il presentatore Jesse Watters ha fatto eco alla teoria sostenendo che Swift potrebbe essere la facciata di un’agenda politica nascosta, mentre Jeanine Pirro, volto trumpiano per eccellenza della rete di Murdoch, ha incitato Swift a non farsi coinvolgere politicamente dai democratici.
Le conseguenze della sconfitta di Trump e delle teorie del complotto hanno anche dato origine nei mesi successivi a minacce di violenza contro i funzionari elettorali.
Nel solo 2024 il Brennan Center ha rilevato che il 38 percento dei funzionari elettorali locali ha subito minacce, molestie o abusi. Più di un terzo ha dichiarato di conoscere un collega che si è dimesso almeno in parte per problemi di sicurezza e il 62 percento si è detto preoccupato che i politici interferiscano con il proprio lavoro. Le funzionarie elettorali della Georgia Ruby Freeman e Shaye Moss, ad esempio, hanno ricevuto centinaia di minacce la notte dopo che l’ex avvocato di Trump Rudy Giuliani le ha falsamente accusate di aver commesso delle frodi nelle elezioni del 2020. Ma abbondano altri esempi.
Dal 2020, inoltre, una dozzina di stati hanno promulgato nuove leggi penali con sanzioni severe che prendono di mira tutto, dagli errori minori ai legittimi sforzi per aiutare gli elettori a esercitare i loro diritti costituzionali. Uno degli esempi più eclatanti è il disegno di legge del Senato del Texas, che rende un reato per i funzionari elettorali “sollecitare la presentazione” di schede per posta, anche quando l’elettore ha diritto a votare per posta, e prevede una pena di almeno sei mesi di reclusione e multe fino a diecimila dollari.
Con il passare del tempo, le teorie sulla vittoria rubata si sono modificate, ma l’obiettivo è rimasto invariato: minare la fiducia nel sistema elettorale, sostenendo che Trump possa perdere nel 2024 solo se i democratici e il “Deep State” imbroglieranno ancora una volta, proprio come suggerito dalle teorie del complotto degli anni precedenti.
L’attacco alla legittimità di Kamala Harris
L’avvio dell’anno elettorale delle presidenziali ha peggiorato le cose. Trump ha rifiutato per l’ennesima volta di impegnarsi ad accettare il risultato elettorale. Ai suoi raduni continua a dipingere i democratici come dei bari, attaccando il voto via posta e incoraggiando i propri sostenitori a votare per rendere la vittoria troppo grande per essere truccata.
Il senatore J.D. Vance, candidato vice-presidente per I repubblicani, ha poi dichiarato in un’intervista a CNN che avrebbe onorato l’esito delle elezioni se queste si fossero svolte in maniera libera e chiara. Due dei partecipanti “moderati” alle primarie repubblicane, il senatore Tim Scott e il governatore del North Dakota Doug Burgum, si sono rifiutati di dire in interviste televisive se si sarebbero impegnati ad accettare i risultati di novembre.
Lo Speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, ha presentato un disegno di legge per proibire ai non cittadini di votare nelle elezioni federali. Il provvedimento, ispirato dalle false affermazioni di Trump secondo cui i cittadini stranieri potrebbero votare – cosa che in realtà è già vietata – è stato approvato dalla Camera, a maggioranza repubblicana, ma verrà respinto al Senato, controllato dai democratici.
Tuttavia, è ancora Trump la voce più influente tra coloro che diffondono l’idea che le elezioni del 2024 siano truccate. L’ex presidente ha esortato i suoi sostenitori a vigilare sulle votazioni nelle città guidate dai democratici e ha descritto le elezioni del 2024 come la “battaglia finale”. Ha inoltre accusato Biden di essere capace solo di imbrogliare e ha definito i democratici dei fascisti, promettendo ai suoi sostenitori che non permetterà ai democratici di manipolare un’altra elezione.
Queste dichiarazioni non solo perpetuano un clima di sospetto ma hanno creato anche lo spazio per nuove e più insidiose teorie del complotto. Con la sostituzione di Biden da parte di Kamala Harris, l’attenzione si è spostata sulla vice-presidente, vista da alcuni come l’artefice di un colpo di mano per sostituire Biden.
L’ex presidente ha cominciato col tentativo di delegittimare la vicepresidente, suggerendo che “sia diventata nera” per convenienza. In una caotica intervista alla National Association of Black Journalists Trump ha detto che Harris “è diventata nera” dopo anni a promuovere le sue origini indiane:
“Quindi non lo so, è indiana o nera?”
ha dichiarato.
“Io rispetto entrambi, ma ovviamente lei non, perché era indiana fino in fondo, e poi all’improvviso ha fatto una svolta ed è diventata nera”.
Trump ha quindi concluso, come fa spesso, con una nota complottista:
“Penso che qualcuno dovrebbe andare a fondo anche su questo”.
Non è la prima volta che l’ex presidente attacca Kamala Harris. Nel 2020, Trump aveva sostenuto, basandosi su voci infondate, che Harris, nata in California da padre giamaicano e madre indiana, non fosse nata negli Stati Uniti e quindi non avesse i requisiti necessari per diventare vicepresidente.
L’ex presidente aveva rilanciato e alterato le affermazioni di John Eastman, professore di diritto, che in un editoriale su Newsweek aveva sostenuto che Harris non fosse eleggibile come vice perché essere figlia di cittadini immigrati. Di conseguenza, il settimanale aveva dovuto scusarsi mentre Eastman, a causa dei suoi sforzi per ribaltare le elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2020, nel tentativo di mantenere in carica l’allora presidente Donald Trump e ostacolare la certificazione della vittoria di Joe Biden, è stato poi incriminato penalmente, sospeso dall’Ordine degli avvocati della California, raccomandato per la radiazione dall’albo e perso l’idoneità a esercitare la professione forense presso i tribunali statali della California.
Un tentativo analogo di delegittimazione aveva segnato l’inizio delle fortune politiche di Trump, che nel 2011-2012 aveva guidato il movimento del “birtherism”, sollevando dubbi sulla cittadinanza americana di Barack Obama, il primo presidente afroamericano degli Stati Uniti.
Un altro aspetto della delegittimazione riguarda l’accusa di Harris di essere un’imbrogliona, mirata a minarne la credibilità e integrità.
L’ex presidente ha infatti dichiarato che le folle ai raduni di Harris non siano reali e che siano immagini modificate dall’intelligenza artificiale. Questa manipolazione, continua Trump, dovrebbero essere sufficienti per squalificare Harris dal processo elettorale. La creazione di immagini fasulle, ha scritto Trump sul suo social, è un’interferenza elettorale e che chiunque imbrogli su queste cose può frodare i cittadini su qualsiasi altra cosa.
Successivamente ha attaccato la vicepresidente accusandola di aver sottratto la campagna elettorale a Biden, mentre Trump aveva dedicato mesi a criticare aspramente le capacità cognitive dell’attuale presidente:
“La presidenza è stata rubata a Joe Biden e io non sono un fan di Biden. Ma vi dico che da un punto di vista costituzionale, da qualsiasi punto di vista, hanno rubato una presidenza. Per un paese con una costituzione che noi tutti amiamo – amiamo questa costituzione – che sia stato fatto questo è piuttosto grave, piuttosto orribile. Avremmo pensato che sarebbero passati per un voto, che avrebbero fatto le primarie, che avrebbero fatto qualcosa, ma prendergli la presidenza cosi come fosse un bambino…”
Nella conversazione con il proprietario di X, Elon Musk, trasmessa sulla piattaforma di social media qualche giorno fa, Trump ha anche affermato che l’ascesa di Harris era “una truffa” e ha accusato i principali dirigenti democratici di aver costretto Biden a ritirarsi dalla corsa del 2024.
“Questo è stato un colpo di stato contro un presidente degli Stati Uniti. Non voleva andarsene e loro hanno detto: ‘Possiamo farlo nel modo carino, o possiamo farlo nel modo difficile’”,
ha affermato Trump.
Qualche giorno prima a una conferenza stampa aveva criticato i Democratici sostenendo che la sostituzione di Harris fosse incostituzionale, “o forse no”, ha aggiunto. Gli ha fatto seguito lo Speaker della Camera Mike Johnson che ha dichiarato che la candidatura di Harris avrebbe dovuto far fronte a problemi legali. Che non ci sono stati.
Varie personalità del movimento trumpiano hanno poi tentato di dare spazio e voce alle affermazioni dell’ex presidente. Charlie Kirk, esponente dell’organizzazione conservatrice Turning Point USA, e l’attivista di estrema destra Laura Loomers hanno suggerito, senza alcuna prova, che Biden stesse morendo o fosse già morto. Kirk è stato accolto come una star alla convention repubblicana di Milwaukee. Loomers è un’attivista islamofoba che Trump in passato ha lodato. Tuttavia a causa delle sue posizioni estremiste, i consiglieri politici dell’ex presidente hanno messo in discussione un suo coinvolgimento nella campagna elettorale, nonostante il desiderio di Trump di includerla.
Altri, come il miliardario degli hedge fun Bill Ackman, hanno sollevato dubbi sulla lettera di Biden che annuncia la sua decisione, suggerendo che si trattasse di una firma falsa, dichiarazione che ha dato il via a tutta una serie di teorie del complotto.
E poi J.D. Vance, il candidato vice presidente di Trump che a un raduno in Ohio ha detto:
“Non possono funzionare le cose se la scelta della nomina del Partito democratico avviene per mano di George Soros, Barack Obama e da pochi altri appartenenti all’élite democratica che si riuniscono in una stanza piena di fumo per liberarsi di Biden”.
Al cuore della strategia elettorale c’è il persistente tentativo di convincere gli elettori che le elezioni siano state truccate, nonostante la mancanza di prove concrete. Questa strategia mira a seminare dubbi e sfiducia nel processo elettorale, alimentando una narrazione di frode sistemica per mobilitare la base e influenzare il risultato delle elezioni future. Attraverso la diffusione di queste accuse infondate, si cerca di erodere la legittimità delle elezioni e di creare un clima di incertezza e divisione tra gli elettori.
“Per come stanno le cose oggi, ci sono zero possibilità che le elezioni siano corrette e libere”
ha dichiarato Mike Howell, uno dei direttori dell’Heritage Foundation, un think tank conservatore molto influente nel mondo MAGA.
“Sto accusando formalmente l’amministrazione Biden di aver creato le condizioni che impediscono ai funzionari elettorali di certificare il risultato elettorale in buona fede.”
ha continuato Howell.
Parallelamente a queste accuse si stanno già vedendo i tentativi concreti di limitare il voto in alcuni stati e di preparare il terreno per eventuali contestazioni legali.
Trump ha dato mandato al Republican National Committee (RNC), guidato dalla nuora, di dare priorità alla costruzione di squadre di osservatori elettorali e di avvocati per monitorare e contestare il voto. Come parte di questo sforzo il RNC ha reclutato 100.000 volontari e avvocati in quello che i repubblicani hanno definito “il più grande e monumentale programma per la sicurezza elettorale nella storia della nazione”.
Il corto circuito del sistema di certificazione del voto
Jim Rutenberg e Nick Corasaniti, due giornalisti del New York Times, hanno fatto un’inchiesta sulla strategia che il Partito repubblicano ha messo in atto nel tentativo di rendere più efficaci le contestazioni in caso di sconfitta di Donald Trump. Secondo i due giornalisti questa campagna coinvolgerebbe una potente rete di legislatori repubblicani e di attivisti, che lavorerebbero a stretto contatto con il Republican National Committee. Molti di questi hanno partecipato ai tentativi di Trump di sovvertire i risultati elettorali del 2020.
La strategia prevede, secondo i due giornalisti, un doppio approccio: pre e post elettorale. Da un lato i repubblicani punterebbero a limitare il voto per favorire i propri elettori, dall’altro cercherebbero di rendere complicata la ratifica del vincitore, se Trump dovesse perdere.
In quest fase pre-elettorale rientrano anche i tentativi di modificare alcune regole sul voto.
In Nevada, ad esempio, il Partito repubblicano sta portando avanti un’azione legale per eliminare il “periodo di grazia” che consente di contare le schede elettorali inviate per posta fino al giorno delle elezioni, purché arrivino entro i quattro giorni successivi. Nel 2022 ben 40.000 voti sono giunti durante questo periodo di quattro giorni e il margine di vittoria dei democratici nella competizione senatoriale è stato di ottomila voti.
Caso simile in Mississippi, dove il periodo è di cinque giorni. Lo stato è iper-repubblicano e infatti i democratici pensano che l’azione legale sia un tentativo per portare il caso di fronte alla Corte d’appello federale del Quinto circuito, la più conservatrice del paese, nell’intento di invalidare questi “periodi di grazia” a livello federale.
Ci sono poi gli attivisti di Election Integrity Network, un programma guidato da Cleta MItchell, avvocata repubblicana che ha partecipato al tentativo di Trump di sovvertire il risultato elettorale in Georgia. L’Election Integrity Network fa parte del Conservative Partnership Institute, fondato da Jim DeMint, ex senatore del South Carolina e una delle figure più rilevanti del movimento Tea Party. Attualmente l’organizzazione è guidata da Mark Meadows, ex capo di gabinetto di Trump, che coordina un network conservatore di cui fanno parte altre organizzazioni tra cui “America First Legal” di Stephen Miller, uno dei principali consiglieri di Trump.
Election Integrity Network cerca di mettere in discussione la registrazione degli elettori.
I democratici sono particolarmente preoccupati per questa tattica in Georgia, dove una nuova legge ha reso molto più facile per un elettore contestare la registrazione di un altro. Due giorni dopo l’entrata in vigore della nuova legge, i repubblicani hanno contestato l’eleggibilità di 243 elettori.
La strategia post-elettorale è invece quella di mandare in corto circuito il sistema di certificazione del voto, in un tentativo ambizioso di re-immaginare decenni di giurisprudenza consolidata su come si certificano i risultati elettorali nelle settimane precedenti il trasferimento di potere.
Secondo Rutenberg e Corasaniti, questa campagna legale è stata preparata per mesi. Per esempio in Georgia e Arizona i repubblicani hanno avviato delle cause che, se avesse successo, darebbero ai membri del board locale che si occupa delle elezioni il potere di tenere in sospeso la certificazione del voto, per poter condurre le proprie indagini.
Questa situazione risulta vantaggiosa sotto due aspetti principali: innanzitutto, potrebbe favorire Trump se le elezioni sono molto combattute e il margine tra i candidati è ristretto, aumentando le possibilità di una certificazione favorevole al suo risultato. Inoltre, anche se non dovesse avere un impatto diretto sulle elezioni, questa strategia contribuirebbe a seminare dubbi sulla legittimità della nuova presidenza democratica, similmente a quanto è stato fatto nel 2020 con il presidente Biden. In questo modo, si alimenterebbe un clima di incertezza e sfiducia, minando la credibilità dell’esito elettorale e del nuovo presidente.
Se questo scenario dovesse concretizzarsi, con cause legali e contestazioni prolungate, il rischio di una nuova esplosione di violenza non sarebbe affatto trascurabile. Anzi, l’incertezza prolungata e le accuse di illegittimità potrebbero amplificare le tensioni, portando a una mobilitazione ostile di gruppi radicalizzati e a potenziali scontri violenti. L’assalto al Campidoglio è lì per ricordarlo.
In un’intervista a Time, alla domanda che cosa accadrebbe se non dovesse vincere nel 2024, Trump ha risposto
“Se non vinciamo, dipende. Dipende dalla correttezza del processo elettorale”
Quel processo elettorale che l’ex presidente e il Partito repubblicano stanno delegittimando da anni.
“Fermate il furto”. Sostenitori di Trump durante una manifestazione nel 2020
L’articolo L’America al limite di Trump proviene da ytali..