[TEL AVIV]
Caro Direttore,
da tempo non leggo su ytali articoli riguardanti Israele e il Medio Oriente.
Quasi tutti gli israeliani hanno parenti e amici all’estero che si domandano cosa stia succedendo in Israele. Ma cosa state facendo a Gaza?, è la domanda ricorrente.
La risposta non è semplice e spesso s’accendono discussioni appassionate e anche polemiche.
È opinione – anche convinzione – diffusa che Israele stia facendo una strage a Gaza, e in tanti s’immedesimano col popolo palestinese di Gaza.
Il mio punto di vista è diverso.
Premetto che faccio parte dell’Altra Israele, quella contro il governo Netanyahu. Per Bibi tutti i suoi oppositori sono sinistroidi che minacciano il suo potere. Naturalmente questa è una menzogna bella e buona perché nell’opposizione ci sono partiti di destra o di centro, mentre i quattro deputati dalla sinistra non contano praticamente nulla.
Israele è un paese di destra, e la destra più ottusa è oggi al potere, con il centro destra all’opposizione. Un’opposizione, dunque, per modo di dire, almeno per come la vedo io, persona di sinistra.
La sinistra di cui ho fatto parte e di cui mi sento parte si è dissolta. Appartengo alla vecchia politica di sinistra che era per il negoziato e a favore di uno stato palestinese.
Oggi nessuno perora più questa causa, la parola Pace è una illusione, il sogno di pochi.
Ma c’è chi cerca soluzioni di compromesso. Propone il negoziato, mentre assistiamo allo scontro tra due leader cocciuti e presuntuosi, intendo il leader degli abitanti di Gaza e Netanyahu. L’Egitto e gli Usa, ma anche gli europei, tentano una mediazione. Yahya Sinwar, il truce e rigido capo di Hamas, vuole una soluzione in cui Israele si ritiri dai suoi territori, permetta a Hamas di gestire Gaza e soprattutto di rimanere in vita. Netanyahu vuole Sinwar morto e Hamas estirpato, intende rimanere a controllare la Striscia militarmente, ma in verità non sa dire cosa vuole per gli abitanti di Gaza, non vuole Hamas ma neanche Abu Mazen al potere. Insomma non è a favore di uno stato palestinese.
Intanto le trattative condotte dai mediatori sono vicine a un accordo possibile. Ma i due leader continuano a escogitare espedienti per apportare modifiche agli accordi per non farli andare avanti. Nel frattempo gli ostaggi israeliani, 115, a Gaza sono tenuti in condizioni disumane. Le loro famiglie sono in fermento e continuano a chiedere una soluzione, che è molto gravosa per Israele: por fine alla guerra e liberare gli ostaggi, significa rilasciare molti detenuti di Hamas in un rapporto di un ostaggio contro trenta detenuti. Certo, c’è un precedente, il caso del soldato Gilad Shalit, che nel 2011, a seguito di un accordo tra Hamas e il governo israeliano, con la mediazione dell’Egitto, fu liberato dietro la contropartita della liberazione di un migliaio di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Tra questi c’era Yahya Sinwar.
Vale la pena sottolineare che non tutti gli israeliani sono complici di Netanyahu?
Almeno un sessanta per cento è a favore dell’immediata liberazione degli ostaggi. E cresce il fronte di forze e di cittadini che propongono elezioni anticipate, con l’obiettivo d’insediare un nuovo governo. Impresa per ora disperata con una maggioranza governativa alla Knesset di 64 seggi contro i 56 dell’opposizione.
Il costo della guerra intanto si fa sentire pesantemente, è un costo già terribile, l’economia Israeliana non può reggere una guerra di lunga durata. Molti posti di lavoro stanno già svanendo. E intanto il governo continua a foraggiare gli ebrei religiosi che studiano la Bibbia e sono per ora esentati dall’obbligo militare. Un tema, questo, di conflitto aspro e crescente, nella società e nella politica, l’unico tema attualmente su cui forse la coalizione di governo potrebbe inciampare rovinosamente e finire male. Se no Netanyahu resterà al potere fino alla fine della guerra, la ragione per la quale non ha interesse a portarla a termine. Non solo arriverebbe alla conclusione della sua carriera politica ma si troverebbe a fronteggiare diversi processi, col rischio della galera.
L’auspicio mio, come di tanti altri israeliani, è che il governo cada, siano liberati gli ostaggi e si facciano nuove elezioni. Con la speranza che questa volta Natanyahu, abbandonato dal suo stesso elettorato deluso, sia sonoramente sconfitto.
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