Fra le tante splendide notizie di quest’estate sportiva, la scelta di Paulo Dybala di restare alla Roma, nonostante l’offerta faraonica dei sauditi dell’Al-Qadisiyya, è probabilmente la più significativa. Dimostra, infatti, che persino in questo calcio contemporaneo, ormai privo di sogni e di speranze, interamente votato al business e caratterizzato da mercenari pronti a vendersi, sempre e comunque, al miglior offerente, può esserci ancora spazio per l’affetto, per l’amicizia e, udite udite, per la gratitudine. Sia detto senza pregiudizi: se Dybala fosse rimasto alla Juve, forse, avrebbe accettato l’offerta di un club disposto a coprirlo d’oro pur di aggiungere una figurina alla propria collezione. A Roma, invece, è diverso. Perché a Roma Paulo si è sentito amato come mai lo era stato in vita sua, a Roma c’è un allenatore che lo stima davvero, a Roma sa che può ambire a raccogliere l’eredità di Totti, benché pesantissima, e arrivare a indossare quella maglia numero 10 che, dopo il ritiro del capitano per eccellenza, sembra quasi una profanazione vedere indosso a qualcun altro. Eppure, Paulo può. Come può ambire a diventare il capitano, il simbolo e la bandiera di una squadra che lo ha messo al centro del proprio progetto, che lo ha fatto crescere come uomo, prim’ancora che come calciatore, e che, soprattutto, lo ha reso felice. Nella Capitale, lo vediamo, è tornato a sorridere e ad allenarsi con spensieratezza, ritrovando il bambino che è indispensabile preservare con cura se non si vuole diventare adulti cinici e intrisi di passioni tristi.
Un campione lo è sempre stato, anche se non sarà mai né Maradona né Messi, ma adesso Paulo ha raggiunto la maturità che in passato, più volte, gli è mancata. È un giocatore fortissimo, ma in più ha acquisito la convinzione dei propri mezzi, la serenità d’animo che prima gli mancava e la certezza di poter dare ancora tanto al calcio vero, in un ambiente che lo stima e gli è vicino pure quando non rende al meglio, le cose vanno male e altrove verrebbe fischiato e abbandonato a se stesso, le condizioni che ha sempre sofferto maggiormente, essendo un ragazzo dal cuore d’oro e sensibile come pochi.
Sarà stato merito dell’amore per la sua Oriana (a quanto pare decisiva nel compiere questa scelta), di quello dei tifosi giallorossi, del sostegno che De Rossi non gli ha mai fatto mancare o, più probabilmente, di tutte queste cose insieme; fatto sta che alla fine Paulo è rimasto e, senza dubbio, l’Olimpico d’ora in poi lo eleverà a idolo assoluto. Non possiamo accostarlo a Totti, perché quell’amore totale è probabilmente irripetibile, ma quello per il fuoriclasse argentino, che ha detto no a un fiume di milioni per continuare a vestire una maglia gloriosa, con la quale può togliersi ancora tante soddisfazioni, ci andrà vicino.
E così, mentre diciamo addio a un altro argentino, Maschio, che con Sivori e Angelillo componeva il trio degli “angeli dalla faccia sporca”, plaudiamo alla scelta compiuta da questo angelo dalla faccia pulita che, ribadiamo, non sarà mai Messi ma ha delle qualità morali, oltre che sportive, che gli consentono comunque di recitare un ruolo da protagonista.
Tutto sta crollando nel mondo, ma è bastata una sillaba, no, per restituire dignità a un gioco, a una comunità e a una realtà, la nostra, che ha ritrovato un senso e il proprio ruolo a livello internazionale. Si può ancora dire no, infatti, a un calcio artificiale e senza popolo. Si può ancora scegliere l’abbraccio della gente. Si può ancora essere felici guadagnando un po’ meno, e comunque tantissimo, in un contesto che ti fa sentire un re e ti trasmette emozioni indescrivibili.
Grazie Paulo, grazie di tutto! Ti aspettiamo in campo, certi che vivrai la tua stagione più bella.
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