Quest’intervista fa parte di una serie di sette interviste sul Fuori! (inclusa questa, e poi quelle con Angelo Pezzana, fondatore del Fuori! , Maurizio Gelatti, Vice Presidente della Fondazione Angelo Pezzana-Fuori! Maurizio Cagliuso, archivista e bibliotecario della Fondazione Angelo Pezzana-Fuori!, e gli attivisti del Fuori!, Anna Cuculo, Vera Fraboni e Riccardo Rosso), realizzate durante l’estate 2024 grazie a uno Scholarship Catalyst Program grant della Texas Tech University e sono da considerarsi dedicate a Angelo Pezzana.
Enzo Cucco è stato attivista del Fuori! dal 1976. Militante del Partito Radicale, è stato fondatore e animatore della Fondazione Sandro Penna-Fuori!. Ricopre la carica di componente del direttivo dell’Associazione radicale Certi Diritti e dell’Associazione di volontariato Lambda di Torino.
Grazie, Enzo, di questa intervista. Nei primi anni Settanta hai partecipato al Fuori!. Quali sono state i momenti più importanti che vuoi ricordare?
Formalmente io sono entrato a far parte del Fuori! nel settembre del 1976, ma in realtà mi sono avvicinato al Fuori! dalla morte di Pier Paolo Pasolini. Sono nato nel 1960 e quindi quando è morto Pasolini avevo esattamente 15 anni. Fu uno shock molto forte, sia dal punto di vista personale che sociale, perché la morte di Pasolini finì su tutti i giornali in prima pagina, per settimane. Siccome ero un ragazzo che leggeva molto, libri, giornali, lessi che esisteva il Fuori! e che aveva una posizione sulla morte di Pasolini abbastanza particolare. Il Fuori! è sempre stato decisamente contrario alle congetture e alle favole che si erano fatte sulla morte di Pasolini.
Sempre nel novembre del 1975, uscì un pezzo sul Corriere della Sera riguardante il Fuori! e menzionava che la sede principale era a Torino, presso una libreria che si chiamava Hellas. Così incominciai a frequentare la Hellas come un ragazzo che comprava libri e riviste. Poi ci fu la campagna elettorale del 1976, quella storica dove per la prima volta ci furono candidati omosessuali e nel mese di settembre mi decisi a fare il grande passo e sono entrato a fare parte del Fuori!.
Nella metà del 1977 c’è stata la prima scissione fra la rivista Lambda e il Fuori! che poi si è trascinata avanti. Soprattutto a livello personale fu un momento importante perché, appena arrivato, ho dovuto scegliere una parte del movimento rispetto all’altra. All’inizio scelsi di stare nella redazione di Lambda perché era una rivista di informazione che avevano fatto nascere Francesco Merlini e Laura Fossetti all’interno del Fuori! nel 1976. Facevo parte della redazione: aveva assunto un ruolo sempre maggiore Felix Cossolo con posizioni sempre più critiche nei confronti del Fuori!, fino alla rottura su una intervista falsa che lui aveva fatto a Pannella sull’omosessualità a cui seguì un grande dibattito all’interno.
A livello personale è stato molto importante ma non deve stupire questa situazione di forte conflitto perché la storia del movimento omosessuale, come la storia del movimento delle donne, è fatta di scontri, dibattiti, separazioni, sono tutte cose all’ordine del giorno. In tutto il 1968, se si guarda con un occhio storico, c’erano più correnti che partecipanti; c’era proprio un dibattito sempre acceso. In questo il Fuori! era uguale, identico, non fa nessuna differenza.
Il tema portante era che il Fuori! si era legato al partito radicale già dal 1974 e questo in qualche modo piano piano aveva fatto diversificare il movimento. Una parte rimaneva nel Fuori!. Il movimento si accrebbe: dal 1974 in avanti è stato un momento di grande crescita perché le sedi del Partito Radicale diventarono sedi anche del Fuori!. Dall’altra parte c’era il cosiddetto gruppo legato ai C.O.M., Collettivi Omosessuali Milanesi di Mario Mieli, che prima era nato nel Fuori! e poi aveva fondato i C.O.M. a Milano, poi creati anche in altre città. Questa era una realtà particolare perché era forse quella che adesso si disegnerebbe come l’ala transfemminista del movimento. Usavano molto in termini politici il travestimento e tre il 1974 e il 1977 nasce tutta la parte legata alla sinistra che allora si definiva extraparlamentare, che poi in realtà era la Democrazia Proletaria e Avanguardia Operaia con quel che rimaneva di Lotta Continua.
L’altro momento molto importante, sempre dall’inizio, fu la manifestazione a novembre del 1977 di Angelo Pezzana a Mosca per la libertà degli omosessuali, in particolare per il regista russo Sergej Paradžanov. Pezzana organizzò il tutto da solo con il supporto di noi Radicali. Ci fu una grande conferenza sul dissenso russo organizzata dai socialisti che finì poi con un convegno a Venezia dove Angelo doveva parlare di Paradžanov e della situazione degli omosessuali in Russia che era disastrosa, drammatica. Facevo parte insieme a Carlo Sismondi di un gruppo della struttura di collegamento con Angelo a Mosca e di tutta la sua vicenda, perché poi non soltanto ci fu l’episodio di Mosca che finì sui giornali di mezzo mondo con la foto apparsa sul New York Times. Angelo fu ovviamente arrestato e cacciato dalla Russia per sempre. Tornato in Italia, continuò i rapporti con il comitato di organizzazione della Biennale 1977 passata alla storia come Biennale del dissenso, il cui direttore fu Carlo Ripa di Meana. L’URSS cercò in tutti i modi di boicottarla, ed uno degli episodi fu proprio il tentativo di evitare un intervento di Angelo sul suo recente viaggio in URSS e sulla situazione delle persone omosessuali in quel paese. Si svolse anche una manifestazione a Venezia nei giorni della conferenza. Fu un momento molto molto forte, perché siamo nel 1977, non c’erano tante persone che protestavano a Mosca per queste cose. A Mosca, Angelo aveva incontrato Sakharov, e aveva fatto un grande lavoro di collegamento, che doveva sfociare nella manifestazione sulla Piazza Rossa che non avvenne peraltro perché lui fu fermato dai servizi segreti nella hall del suo albergo proprio pochi secondi prima della sua uscita. Ovviamente, ti lascio immaginare con che animo noi a Torino, in Italia, siamo stati svegli per 72 ore. Seguivamo il caso da questo punto di vista, perché c’era una triangolazione Mosca e Angelo, Torino con Carlo ed io, Roma e il gruppo parlamentare con Marco Pannella e Emma Bonino.
Poi ci sarebbero tanti momenti, io però te ne racconterei solo altri due che hanno molto segnato gli anni passati: il primo è l’ultimo congresso di Vico Equense, che si svolse nel gennaio del 1982. Per alcuni versi fu drammatico, perché ci trovavamo di fronte a un momento particolare della storia, cioè si capiva che o si cambiava oppure c’era qualcosa che frenava la continuazione e anche la crescita del movimento. Allora, ci siamo dati un obiettivo, non raggiunto: se entro la fine del 1982 non avessimo raggiunto i mille iscritti, si sarebbe sciolto il Fuori! nazionale. E così fu, perché noi non abbiamo raggiunto i 1000 iscritti nazionali al Fuori! nazionalmente parlando. Il Fuori! Ha continuato a vivere ed agire politicamente in alcuni gruppi in particolare quello di Torino ed altri che hanno continuato a fare iniziative con questa sigla, manifestazioni, convegni, seminari, e siamo rimasti anche nel Partito Radicale però di fatto il gruppo nazionale non c’era più e si esauriva poco a poco.
L’altra cosa che diede una grande spinta alla morte del Fuori! avvenne a luglio del 1982 quando io, Angelo Pezzana, Bruno Di Donato e Marco Silombria, insieme a Sergio Facchetti, che però non faceva parte del nostro gruppo dei torinesi, partecipammo a Washington D.C. a una conferenza dell’ILGA (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association).
Il Fuori! aveva partecipato alla nascita dell’ILGA: come sai, allora chiamata IGA, nata a Coventry in UK l’8 agosto 1978; e aveva anche ospitato la conferenza annuale a Torre Pellice. Siamo andati a finire a Torre Pellice perché nessun albergo torinese voleva ospitare un convegno internazionale gay. Lì, il Signor Gilli, un valdese, ci disse che non gli importava niente, bastava che pagassimo l’albergo e così abbiamo fatto, ovviamente C’era il parroco cattolico di Torre Pellice che si chiamava Don Trombotto che suonava le campane per protesta.
Nel luglio del 1982, quindi, partecipammo alla conferenza di Washington, molto importante, dell’ILGA, e andammo anche al Parlamento a fare un’audizione, ma la cosa forte che avevamo vissuto è stato l’inizio dell’AIDS, perché lì è nato tutto per noi.
Sapevamo già che esisteva l’AIDS: allora non si chiamava così, come noto, ma i termini scelti dai giornalisti erano tra i più spaventosi e discriminanti: “cancro dei gay”, “peste dei gay” e via elencando. Il viaggio negli Stati Uniti è durato un mese circa: a New York è durato 10 giorni, poi ci siamo spostati a Washington D.C. e poi siamo tornati a New York. A New York siamo entrati nel bel mezzo della polemica statunitense interna al movimento omosessuale dove una parte diceva che era una cosa seria che colpiva molti della nostra comunità e dovevamo organizzarci. Infatti in quei mesi era nato il Gay Men Health Crisis.
C’era anche la parte del movimento con la convinzione che questa malattia non esistesse e fosse un’invenzione. Uno dei più importanti critici fu John Lauritzen che aveva scritto insieme ad altri un testo molto importante per quegli anni: Gay, gay: storia e coscienza omosessuale, edito in Italia da La Salamandra nel 1976.
Quale è stato il tuo attivismo dagli anni ’80 quando l’AIDS è diventato uno dei maggiori problemi?
Tutti gli anni ‘80, dal 1982 in avanti, sono stati caratterizzati da questo, perché eravamo consapevoli che si trattasse di un problema vero. Questo fu lo shock che noi abbiamo avuto negli Stati Uniti, cioè per capire: le saune, ancora erano aperte a luglio, a New York, furono chiuse a settembre.
Era molto pesante e fummo i primi a occuparcene: questo è storia, lo ricordano tutti. Eravamo io, Angelo ed Enzo Francone, che non era venuto con noi negli Stati Uniti ma aveva sentito i nostri racconti ed era scioccato. Francone produsse la prima pubblicazione che esiste in assoluto sull’AIDS con le informazioni di cui avevamo portato dagli Stati Uniti, instaurammo rapporti con i reparti delle Malattie Infettive di Torino e con l’Istituto Superiore di Sanità. Ovviamente col Ministero non era possibile. Ci fu tantissimo nostro attivismo, nei primi anni proprio come Fuori!, perché all’inizio ci sono stati pochi casi sparuti ma un grande dibattito politico e mediatico. Noi eravamo sempre sui giornali nel 1984, già nel 1983, ma soprattutto nel 1985. Sono stati anni che ricordo come un incubo perché i giornalisti non sapevano cosa scrivere e quindi riempivano i giornali con le storie di Rock Hudson e di tutte le star che si ammalavano e morivano.
È stata una cosa devastante. Più la situazione peggiorava e più la nostra è diventata presenza assistenziale perché aumentavano di molto i casi di persone che si ammalavano. Nel frattempo era nato con il mio aiuto un gruppo di giovani che qui a Torino si chiamava Informa Gay. All’interno di Informa Gay, siamo già nel 1987-1988, nacque il GSA (Gay-Straight Alliance), il Gruppo Solidarietà AIDS, che è quello che io e Bruno Di Donato abbiamo fatto funzionare fino a quando è stato chiuso, perché abbiamo deciso di chiudere la nostra attività nel 1996-1997, quando è arrivata la nuova terapia e sono diventate completamente diverse le condizioni delle persone sieropositive. Nel frattempo era morto Bruno nel 1991 ed erano morti tantissimi nostri colleghi e compagni. Per me la morte di Bruno è stata un altro momento molto importante dal punto di vista personale perché l’ho vissuta malissimo. Bruno Donato era un militante di Roma che si era scoperto sieropositivo.
I rapporti con l’Istituto Superiore di Sanità erano già cominciati nel 1983 perché erano molto attenti a quello che succedeva. Quanto qui alle Malattie Infettive rispondevano ai nostri solleciti, ma non capivano la gravità del problema. Adesso ci sono i medici in pensione che mi ricordano delle prime riunioni, alle quali ero presente e ricordo che erano stupiti da questa malattia che allora non si conosceva. Invece, all’Istituto leggevano i bollettini del CDC e tutte le informazioni scientifiche che arrivavano e si resero conto subito che la malattia esisteva ed era grave. Difatti, la loro prima iniziativa fu di aprire un gruppo di controllo, composto tutto omosessuali maschi legati al Circolo Mario Mieli, di cui era presidente proprio Bruno Di Donato.
Bruno Di Donato si sottoponeva ai controlli, perché il gruppo faceva i test ogni sei mesi per vedere cosa succedeva. Quando Bruno scoprì di essere sieropositivo rimase a Roma un altro anno e poi si trasferì a Torino. Ha vissuto gli ultimi anni di vita a Torino. Sia prima che dopo è stato un amico molto importante: non siamo mai stati amanti o compagni, ma molto amici come con Angelo, nessuna relazione sentimentale-amorosa, ma un legame forte dal punto di vista amicale.
Nel periodo che ha preceduto la morte di Bruno mentre peggiorava la sua situazione io entravo sempre più in crisi. Bruno è morto il giorno del mio compleanno, il 5 aprile del 1991 e poi l’anno dopo è morto il suo compagno. Io mi sono occupato soprattutto di AIDS a 360 gradi, incluse le politiche che si facevano. Infatti, sono andato più volte a fare il docente ai corsi di formazione che l’Istituto Superiore di Sanità organizzava, a livello politico sono stato uno dei fondatori del forum AIDS-Italia che raccoglieva i primi gruppi italiani che si sono occupati di AIDS prima ancora dell’Arcigay, cioè l’Asa di Milano, il Circolo Mario Mieli di Roma, il GSA di Torino. Questi sono stati anni molto duri, devo dire, che hanno trasformato anche il movimento omosessuale molto di più di quello che gli omosessuali stessi si rendono conto e hanno elaborato. In Italia, forse per l’impatto che ha avuto, abbiamo avuto molto poche elaborazioni di quello che è successo, anche dal punto di vista della narrativa e del cinema. Praticamente un’intera generazione è stata segnata in qualche modo, o perché è diventata sieropositiva, e poi magari è morta, o perché un compagno è diventato sieropositivo, o perché un amico è diventato sieropositivo, cioè un’intera stagione è stata segnata da questo fatto, che ha avuto conseguenze importanti.
Comunque nel frattempo ci sono state tante altre situazioni, per esempio nel 1980 è nata la Fondazione Sandro Penna-Fuori! che poi si è trasformata in Fondazione Angelo Pezzana-Fuori!, il GSA l’ho detto, Informagay e poi nel 2005 è nata Lambda, che è stata la penultima esperienza di cui sono stato protagonista. Qui con me c’erano anche Angelo, Marco, Enzo Francone e tanti altri: avevamo iniziato questa esperienza di volontariato che si occupava soprattutto di assistenza alle persone anziane LGBT. Era il primo gruppo in Italia; abbiamo fatto un tentativo per costruire una casa, poi è fallito, e poi ci siamo buttati sull’assistenza e Lambda ha fatto assistenza a persone anziane fino al Covid. Quando poi è diventato proprio fisicamente impossibile entrare negli ospizi, perché facevamo questo, il gruppo si è trasformato in altre cose, quindi ha fatto altro ed è poi morto.
Nel frattempo è nata l’Associazione Radicale Certi Diritti, l’associazione che più di altre raccoglie l’eredità dell’attivismo omosessuale lesbico radicale e c’era anche Angelo all’atto di nascita, con me e pochi altri. Abbiamo fatto nascere questa esperienza di cui ancora faccio parte perché sono parte del Consiglio Direttivo Nazionale di questa organizzazione.
Immagine di copertina: Enzo Cucco alla discoteca Fire, Torino, 1978
Crediti fotografici © Per gentile concessione dell’Archivio della Fondazione Angelo Pezzana-Fuori!
L’articolo Un’intervista con Enzo Cucco sul suo attivismo con il Fuori! proviene da ytali..