Marco Pelliccioli è una figura di punta nel panorama della nostra nuova poesia, e chi ne segue i movimenti se ne era certo accorto da precedenti uscite. Ma questo Nel concerto del tempo, pubblicato nello Specchio di Mondadori, è sicuramente il suo momento di maggiore e piena maturità.
Pelliccioli riesce a muoversi in modo coerente su territori diversi. Sia per i temi che per le scelte linguistiche ed espressive in genere del suo lavoro. Un dire piano, concreto, spesso felicemente prosastico, gli consente di passare dalla realtà umile e quotidiana dei suoi personaggi alla presenza, appunto, di fatti di rilevanza storica che entrano, peraltro, anche nelle più umili esperienze. Si tratta di eventi che hanno un rilevante valore storico, ma che penetrano, appunto, nel vissuto dei minimi soggetti, modificandone in qualche misura la quotidianità.
In ogni caso non sono circostanze che potrebbero muovere verso la cosiddetta poesia civile, un genere letterario che però non riguarda Pelliccioli.
di Marco Pelliccioli
Edizioni Mondadori, Lo specchio
Prezzo: Euro 16
Nel concerto del tempo è un libro organico, nel quale vengono riprese pubblicazioni precedenti, come il notevole Sogno del pesce gatto. Vi si realizza un movimento non decisamente consequenziale, ma vivo di richiami interni fino a comporre un articolato organismo coerente. Quindi, nel suo insieme pur variegato, ci troviamo di fronte a una narrazione fatta in certo senso per ampi frammenti, ma che ha una sua evidente e decisiva coerenza interna. Il tutto con la felice scelta, poi, di soluzioni stilistiche differenti, con l’uso, spesso, anche della prosa poetica, qualcosa, soluzione che oggi sempre di più si va affermando, ma in Pelliccioli con la presenza di una sottile musica interna.
Lo storpio
In sella al suo triciclo rosso
pedalava contro la tempesta
avvolto nella giacca a vento
le gambe attorcigliate
a spingere i pedali.
Chi si affacciava non capiva
la sua corsa solitaria
ma la pioggia scrosciava,
evaporava, sulla faccia
di lui che non fugge davanti al suo dolore
ma disegna con amore un inno
alla vita lungo la salita.
Il nostro realizza dunque una narrazione aperta in cui introduce luoghi, situazioni e personaggi vari, che naturalmente possono anche avere attraversato la sua esperienza diretta. Quanto ai tipi umani che entrano nelle pagine di questo libro, possiamo dire che appartengono a una dimensione umana precisa, che prevalentemente è piuttosto umile. Pelliccioli lo fa anche esplorando volti e figure in luoghi, che probabilmente, in certi casi, appartengono alla zona bergamasca, dove è nato. E tra l’altro usa anche elementi dialettali, piccoli elementi dialettali, attraverso i quali ci fa comparire con maggiore evidenza coerente il reale nei suoi risvolti o nella semplice psicologia dei personaggi.
La vita felice
I
(sgagnade, sfrisade, uce
spacade, ège, ‘ndace
ma bötele mia vià…)
(smangiucchiate, graffiate, unte / spaccate, vecchie, rovinate / ma non buttarle via).
Notiamo allora, nei dettagli dell’esperienza di una quotidianità semplice, una saggezza dell’esserci, magari, appunto, nel mentre attraversa il mondo anche qualcosa di grande rilevanza storica, come la caduta del muro di Berlino o la vicenda delle torri gemelle, perché in qualche modo, comunque, questi eventi intervengono a modificare il vissuto di soggetti che magari neppure se ne accorgono…
C’è poi, nel testo, una specifica attenzione ai mutamenti della nostra lingua, che oggi si serve di parole di un inglese di cui non c’è bisogno alcuno, e che affiora decisamente, per esempio, in situazioni aziendali, ma anche penetra nella conversazione anonima. E un poeta ha il dovere, ne sono certo, di mostrare una sensibilità speciale nei confronti della propria lingua, che è la materia prima di cui si serve nel suo operare sulla pagina.
Nuovi vocabolari
L’uomo, alla porta, sbuffa la farina caduta sul grembiule,
non conosce “early adopters”, plance, processi di valida-
zione. Non ha pianificato conti in “kappa” o “identikit”.
Vuole soltanto vendere il suo pane, ed è perplesso dal pia-
no di rilancio dell’uomo-gelatina, malconcio eppur firma-
to: pantaloni arrotolati sopra la caviglia, auricolari, lam-
pade alogene nel fiato.
E poi, ecco, in questo libro, la presenza, spesso per noi istruttiva e rivelatrice, degli animali, come l’anguilla, il cane, i ranuncoli, il gru, il mammut, il pesce-gatto, che è al centro e nel titolo, come dicevo più sopra, di una plaquette precedentemente uscita e qui compresa.
Insomma, Nel concerto del tempo è un libro molto maturo e vario, nei suoi risvolti tematici e nell’articolazione di forma, toni e stile che ci sa offrire.
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