Di fronte ai sondaggi che vedono Alternative für Deutschland (Afd) con oltre 28 punti di consensi al primo posto anche in Brandeburgo, dove si terranno le prossime elezioni regionali il 22 settembre, bisogna interrogarsi sul motivo di questa ascesa che sembra oramai inarrestabile. Le vittorie del partito di estrema destra d’inizio settembre in Sassonia e Turingia, dove gli altri partiti ancora si leccano le ferite e cercano disperatamente di trovare una soluzione per governare senza dover ricorrere ai voti dell’Afd, segnano l’inizio di una nuova era che pare vedere la Germania scivolare verso una deriva ultraconservatrice e nazionalista. Una nuova era che rischia di macchiare il Zeitgeist di un paese che per quasi ottanta anni ha dovuto fare i conti proprio con quell’estrema destra che fece genuflettere l’intera Europa e, infine, la Germania stessa.
Il fattore economico
Eppure, qualcosa non quadra. Come può essere che in un paese come la Germania, dove la produzione industriale – come sostengono molti esperti – avrebbe bisogno di oltre 400mila immigrati l’anno per rispondere alla domanda di manodopera delle grandi imprese, dove la percezione oggettiva è quella che in molti settori oramai lavorano quasi solo “stranieri” (gastronomia, edilizia, industria, ecc.) e la manodopera, in generale, scarseggia tantoché le imprese faticano a trovare lavoratori, gli elettori si sentono di votare proprio quei partiti – soprattutto l’Afd di Alice Weidel e la BSW di Sarah Wagenknecht – che vogliono trasformare i confini in una muraglia?
In altre parole: da dove viene la tentazione del muro, del borgo, della muraglia? La Germania sembrava aver fatto molti progressi per quanto riguarda l’immigrazione. A partire dagli anni Novanta aveva iniziato a trasformare l’amministrazione che si occupava degli stranieri in un vero e proprio sistema di integrazione, permettendo a chi arrivava in questo paese di frequentare corsi di lingua e di formazione. Il sistema sociale tedesco, un sistema universalistico, prevede aiuti anche per stranieri, in modo da permettere anche a loro una vita dignitosa. E, proprio quest’anno, è entrata in vigore la nuova legge sulla cittadinanza, che rende più facile la naturalizzazione. Chi vive in questo paese almeno cinque anni con un permesso di soggiorno regolare, parla il tedesco e supera und test di cittadinanza, può diventare tedesco.
Nonostante questi passi in avanti, tuttavia, la Germania resta, sostanzialmente, un paese restio nei confronti dell’immigrazione. Emblematico è il fatto che in Germania l’immigrazione “clandestina” resta un reato, dunque un tabù. E così, chi mette piede in Germania e non ha un titolo di soggiorno, un visto, è stigmatizzato, vale a dire: compie un reato. La conseguenza? L’immigrato “clandestino”, irregolare, senza permesso, è quasi sempre un pregiudicato. Il paese, dunque, che nell’Unione Europea approfitta di più dello scambio di merci, anche con i paesi non appartenenti all’Ue, non accetta – per legge! – che un uomo metta piede nel territorio tedesco, se non è in possesso di un permesso.
Leitkultur e accettazione
Ma il reato di clandestinità è soltanto una reliquia, un ultimo coccio di tempi ormai passati? No. Purtroppo no. Oltre all’Afd, anche la Cdu/Csu rifiuta di riconoscere la Germania come paese di immigrazione (in tedesco: Einwanderungsland), nonostante il dato di fatto che oltre un quinto della popolazione, ormai ben oltre 18 milioni di persone, hanno origini straniere. Il nuovo programma politico dei cristiano-democratici, inoltre, la dice lunga sull’accoglienza nei confronti delle minoranze, quando si invoca – nuovamente – una “cultura guida”, una Leitkultur che dev’essere orientamento per chi arriva in questo paese.
Eppure, proprio noi italiani siamo la prova del fatto che essere accettati, essere “integrati” non ha nulla a che fare con fattori oggettivi che si possono misurare, constatare empiricamente, come ad esempio il successo nei percorsi formativi (scuola, corsi di professione, università ecc.) oppure la presenza o meno nelle statistiche relative alla criminalità. “Gli italiani in Germania sono, oramai, ben integrati”, si dice generalmente. Ma è vero questo? I dati dicono di no. La maggior parte degli alunni italiani o di origine italiana stenta a raggiungere l’obiettivo maturità. Tantissimi sono gli italiani che vivono in Germania da oltre quattro decenni e parlano male il tedesco. Ciò nonostante, se un italiano commette un omicidio, tuttavia, nessun giornale tedesco utilizzerebbe la notizia per scatenare un polverone sulla questione dell’integrazione, se questa sia fallita o meno.
Qual è, dunque, la differenza tra gli italiani “integrati” e gli altri (turchi, siriani, afgani ecc.)? La differenza pare che sia l’accettazione da parte dei tedeschi. Grazie ai luoghi d’incontro che gli italiani hanno saputo creare dagli anni Cinquanta in poi, ristoranti, bar e gelaterie, i tedeschi hanno avuto modo di conoscerli meglio. Ovviamente anche il fatto che oltre il 60 per cento dei tedeschi sono stati almeno una volta in Italia a fare vacanze giova tanto alla causa integrazione. Ma quel che conta, appunto, è il luogo d’incontro, lo scambio culturale, l’interesse, a volte anche reciproco, i dialoghi tra il cameriere e la famiglia tedesca al ristorante. Insomma: “Der Carmelo ist aus Kalabrien, da müssen wir mal hin!“ (Carmelo viene dalla Calabria, dobbiamo assolutamente andarci!).
Il “cuore” straniero
Invitato a intervenire sulla rivista Dedale in un numero monografico del 1999 dedicato alla “Venuta dello straniero”, il filosofo francese Jean-Luc Nancy racconta l’esperienza vissuta del trapianto del proprio cuore. Il verdetto della scienza medica era stato inappellabile: solo un nuovo cuore gli avrebbe permesso di vivere poiché il vecchio aveva esaurito la sua carica. Insomma, il cuore di un altro, di un “estraneo” appunto, doveva sostituire il cuore del filosofo. Ma per rendere possibile un trapianto la medicina sa bene come sia necessario abbassare le difese immunitarie prevenendo eventuali crisi di rigetto. Per consentire alla vita di continuare a vivere è necessario ridurre l’identità sostanziale di quella vita, è necessario il meticciato, la porosità dei confini, la “contaminazione” da parte dello straniero. Senza questa apertura la vita morirebbe.
Abbassare le difese (immunitarie), rendere il confine un con-fine (e non trasformarlo in muraglia), dovrebbe essere la reazione della Germania. Chi non riconosce nelle migrazioni, nelle minoranze, nei nuovi arrivati sé stesso, vuol dire che non conosce la propria indole, non accetta che anche in ognuno di noi abita uno straniero che ci permette di vivere. Il vero straniero, in fondo, non è lo straniero. Il vero straniero è quello che si trova in noi.
In sintesi: quello che spinge l’elettorato a votare le estreme destre sembra essere la paura dello straniero che li abita. È la paura di dover accettare lo straniero, forse anche di dover – per certi versi – adattarsi ad una nuova Germania, una Germania terra di con-fine. Forse proprio per questo due giorni fa il governo ha varato una serie di misure di contenimento dell’immigrazione “irregolare”, come la chiama il cancelliere Olaf Scholz. Oltre a tagliare i sussidi per i rifugiati che non hanno diritto di asilo politico, il governo semaforo ha deciso di introdurre delle misure di controllo delle frontiere. I rifugiati potranno esser così respinti già sul valico della frontiera – una misura, questa, criticata aspramente da molti costituzionalisti che sostengono che questo trattamento non sia conforme con la legge costituzionale tedesca con il diritto europeo.
La questione dell’est
Ma c’è un altro dato di fatto da non sottovalutare: la Germania sembra ancora essere spaccata in due, Germania ovest e Germania est, proprio come prima della caduta del muro. Il politologo Wolfgang Schröder descrive la linea di demarcazione in questo modo:
Ci sono due questioni che dividono il paese: la prima riguarda la maggiore sensibilità della popolazione tedesco-orientale nei confronti della Russia e il diverso atteggiamento rispetto alle questioni della guerra e della pace; la seconda riguarda la questione della migrazione, ovvero del suo netto rifiuto.
Come mai questa spaccatura? In un attuale e fortunatissimo saggio dal titolo “L’est, un’invenzione dell’ovest”, Dirk Oschmann, professore di letteratura moderna presso l’università di Lipsia, mette in evidenza come l’insuccesso dei vecchi partiti democratici nei nuovi Bundesländer sia da ricondurre alla scarsa sensibilità da parte dei tedeschi dell’ovest nei confronti dei tedeschi della Repubblica democratica tedesca dopo la caduta del muro. “La riunificazione, in fondo, è stata una colonizzazione”, sentenzia Oschmann nel suo libro. L’ex cancelliere Helmuth Kohl era convinto che la Rdt era da ricostruire e che i tedeschi orientali dovevano essere sottoposti ad una specie di educazione alla vita democratica. La loro cultura, il loro habitat e le loro origini non contavano nulla. Anzi: bisognava cancellare il passato, tabula rasa, e rifare tutto da capo. Gli effetti, così Oschmann, sono gravissimi: i tedeschi dell’est stentato a fare carriera, raramente raggiungono posizioni di prestigio, guadagnano in media ottomila euro in meno dei cittadini dell’ovest e il tasso di disoccupazione nei nuovi Bundesländer è quasi il doppio.
Sarebbe, tuttavia, riduttivo non menzionare un ulteriore aspetto che Oschmann non prende in considerazione nel suo saggio, vale a dire l’effetto del muro. La Rdt era una società chiusa, senza immigrazione, con un sistema economico che non permetteva scambi di merci e, ancor meno, di persone. La riunificazione non è stata sufficiente a trasformare una società chiusa in società aperta. Non è un caso che i partiti come l’Afd e il BSW, con la loro politica anti-immigratoria, raccolgono consensi proprio nei nuovi Bundesländer, nonostante la presenza di stranieri in quei territori non supera il due per cento della popolazione. Evidentemente i quarant’anni di politica del muro, di chiusura a riccio, di reclusione di un’intera popolazione, ha lasciato delle tracce indelebili nelle menti dei tedeschi dell’est che adesso, nonostante il tasso di natalità nei nuovi Bundesländer sia inferiore rispetto all’ovest del paese, faticano ad accettare che l’immigrazione non è più una scelta politica ma l’unico modo di poter sostenere anche in futuro il sistema sociale e pensionistico tedesco.
L’articolo La tentazione della muraglia proviene da ytali..