Sciolto, libero da limiti e condizioni poste da un testo, una scenografia, una narrazione. È “Absolute music”, il sessantottesimo Festival internazionale di musica contemporanea della Biennale di Venezia che si svolgerà dal 26 settembre all’11 ottobre. Una rassegna, pensata da Lucia Ronchetti, che si concentra sulla limpidezza estetica e, segnatamente, sull’essenza della musica strumentale, sullo:
Statuto ontologico del suono – scrive Ronchetti – mostrando lo stato dell’arte di questa disciplina alchemica e coinvolgente, entrando nel laboratorio dei compositori e degli interpreti più rigorosi ed inventivi che elaborano partiture, programmi, codici e performance senza alcun riferimento extra-musicale e senza riferimenti visivi.
Musica pura, viene da dire ripensando alle teorizzazioni intorno all’assolutezza della musica di epoca romantica. Vibrazioni che diventano emozioni o brividi sull’epidermide. Onde acustiche che smuovono o aprono le sinapsi nella nostra testa o schiudono livelli percettivi silenti.
A inaugurare questo Festival sarà, il 26 settembre, alla Fenice, con l’orchestra del teatro veneziano, il prestigioso Ensemble Modern (Leone d’argento 2024), il violinista greco Leonidas Kavakos (tra i più celebri e virtuosi viventi) e, sul podio, Tito Ceccherini. Un concerto di grande spicco che offrirà l’ascolto di lavori di due importanti compositrici: Rebecca Saunders e Unsuk Chin. Due donne accomunate dal fatto di essere entrate a far parte di quell’olimpo che è il novero dei vincitori del premio Ernst von Siemens.
Un riconoscimento – istituito nel 1972 – che porta il nome dell’industriale e mecenate (1903-1990) assegnato ogni anno dall’Accademia Bavarese di Belle Arti per i risultati eccezionali raggiunti da compositori, interpreti o musicologi. Una sorta di Nobel nel campo della musica che, in cinquant’anni, è andato, solo per fare alcuni nomi, a Benjamin Britten, Mstislav Rostropovich, Herbert von Karajan, Karlheinz Stockhausen, Luciano Berio, György Ligeti.
Saunders lo ricevette nel 2019, seconda donna nella storia della Fondazione Siemens, dopo la violinista Anne-Sophie Mutter, che lo aveva ottenuto nel 2008 per le sue qualità di interprete. Ancora una violinista, la tedesca Tabea Zimmermann, ricevette il Siemens, nel 2020, terza donna del lungo elenco di mostri sacri della musica. A Saunders si sono presto aggiunte altre due compositrici: l’austriaca Olga Neuwirth (nel 2020) e, quest’anno, la coreana Unsuk Chin.
Alla Fenice, di Rebecca Saunders – alla quale la Biennale ha attribuito il Leone d’oro alla carriera che sarà consegnato il prossimo 27 settembre a Ca’ Giustinian – sarà eseguito Wound, brano del 2022 commissionato proprio, tra gli altri, dalla Fondazione Siemens.
Un pezzo che suscita il senso della vulnerabilità, della fragilità e dell’imperfezione che ci rendono umani.
Il silenzio – scrive Saunders – è la tela su cui il peso del suono lascia i suoi segni. Il suono squarcia la superficie del silenzio oppure la spella, ingrandisce e cade nell’oltretomba, cercando ciò che sta nel mezzo.
Saunders, nata a Londra nel 1967, formatasi con Nigel Osborne e con Wolfgang Rihm, vive e lavora da tempo a Berlino.
Nella capitale tedesca, che negli ultimi decenni è diventata calamita per la creatività internazionale non solo in ambito musicale, fa base anche la compositrice coreana Unsuk Chin (1961, Seul) i cui lavori sono stati, e vengono, eseguiti dalle principali orchestre mondiali e che collabora con i più prestigiosi ensemble votati alla musica contemporanea. Di Unsuk Chin sarà proposto alla Fenice il concerto per violino numero due Scherben der Stille.
Il concerto “Frammenti del silenzio” è:
Sia un ritratto soggettivo della maestria musicale di Kavakos – scrive Unsuk Chin – sia un dialogo con essa.
Il brano, in un unico movimento, ruota intorno alla parte del solista che stimola tutte le azioni e gli impulsi dell’orchestra.
Composizioni di Saunders e di Unsuk Chin si potranno ascoltare anche in altri appuntamenti del festival, il quarto affidato alla direzione di Ronchetti, prima donna a ricoprire questo ruolo nell’istituzione veneziana. Ronchetti ha pensato queste quattro edizioni quasi come una partitura in quattro movimenti dedicata a porzioni significative della contemporaneità musicale internazionale (dall’esplorazione della voce e dalle drammaturgie vocali al teatro musicale sperimentale, al suono digitale, fino, appunto, alla musica assoluta).
Nata a Roma nel 1963, studi compiuti in Italia e a Parigi, tra l’Ircam e la Sorbona, Ronchetti è compositrice prolifica e apprezzatissima in ambito europeo e in area tedesca in particolare. Il festival pensato quest’anno per la Biennale è diviso in dieci sezioni. Le polyphonies, complesse composizioni per orchestra, solisti ed elettronica; gli assolo, con raffinate e virtuosistiche composizioni strumentali; listening/hearing spazio installativo per l’ascolto individuale; sound structure che esplora la natura fisica del suono; absolute jazz; counterpoints sui meccanismi contrappuntistici; solo electronics con tre concerti di elettronica sperimentale al padiglione trenta di Forte Marghera; pure voice, dedicato alla musica vocale; nella sezione musica riservata, nel salone monumentale della Biblioteca Marciana, saranno presentati lavori di ricerca per solista o piccolo ensemble di virtuosi; ricercare, infine, è la sezione teorica che si svolgerà tutte le mattine nella Biblioteca nell’Archivio storico delle arti contemporanee della Biennale, con incontri durante i quali i protagonisti del festival rifletteranno sugli aspetti del loro lavoro.
Un programma che apre alla conoscenza e all’ascolto di piani, livelli e settori diversi della contemporaneità musicale, misurando tuttavia il presente, come già nelle passate stagioni, con la musica antica più che con i compositori della prima metà del Novecento, come avvenuto con altri direttori. Un accostamento, quello dei cartelloni di Ronchetti, che ha valorizzato i molti punti di contatto tra il nuovo e l’antico.
Ronchetti, però, ha anche assestato un notevole colpo al soffitto di cristallo che nella musica – per restare in questo ambito – è in Italia più resistente che in altri paesi europei. Dei tre Leoni d’oro alla carriera attribuiti dal 1994 dalla Biennale, due – quello a Saunders quest’anno e quello del 2021 alla compositrice finlandese Kaija Saariaho (morta nel 2023) – sono venuti da sue proposte.
In precedenza (2013) una statuetta era stata consegnata alla musicista e compositrice russa Sofija Gubajdulina, oggi novantatreenne, prima donna a ricevere il Leone alla carriera, dopo una lunga serie di uomini. Nel 2010 un Leone d’argento era andato all’italiana Francesca Verunelli, che nel 2020 è stata anche premiata – nella sezione riservata esclusivamente alle composizioni – dalla Fondazione Siemens.
Nel corso dell’ultimo quadriennio di Biennale musica è anche aumentato, nei programmi, lo spazio riservato alle compositrici, fino ad arrivare in questa edizione ad un terzo di nomi femminili nella sessantina di autori in cartellone. Un’attenzione che, a memoria, mai era stata data fino a oggi alla creatività musicale femminile.
Non è tuttavia una “scelta di parte”. Ronchetti – che nel 2021 ha curato anche una serie di “Lezioni di musica” per Rai Radio 3 su compositrici contemporanee – ha più volte affermato di non fare distinzioni di genere ma di guardare alla qualità della musica. Non è dunque materia di quote rosa. Le compositrici sono presenti in gran numero perché voci di valore in questo campo artistico e perché, evidentemente, il vento sta cambiando.
Tornando alla Fondazione Siemens, e scorrendone gli elenchi, non si può non notare come, al di là del premio principale andato a tre compositrici nell’arco degli ultimi cinque anni, ci sia stato, nel passato decennio, un forte incremento della presenza femminile nella sezione istituita nel 1990 e riservato esclusivamente alla composizione.
Nell’aprile di quest’anno su “Il Bo Live”, la piattaforma di comunicazione dell’Università di Padova, un articolo riprendeva la classifica dei cinquanta migliori compositori di tutti i tempi, stilata sulla base delle risposte fornite da cento settantaquattro compositori di oggi interpellati da “Bbc Music Magazine”, una delle riviste di musica classica più diffuse al mondo. Nel pezzo, firmato da Marco Boscolo e intitolato “L’assenza delle compositrici nella storia della musica”, si osservava che compaiono “solamente due donne nella lista, poco note a chi non sia fan della classica”. I nomi citati da Boscolo sono quelli di Saariaho (al diciassettesimo posto) e di Hildegarda di Bingen, la monaca benedettina – mistica, poetessa e compositrice – vissuta nel XII secolo (al quarantasettesimo posto).
Le classifiche dicono, ma non raccontano: in Europa, ma specialmente oltremanica, molto si sta muovendo allo scopo di ridurre il gap che ha impedito, e soprattutto ha tenuto nell’ombra, la creatività femminile. Bbc Radio 3 pubblica sul web una lista delle compositrici (dal IX secolo in poi) le cui musiche sono state diffuse dal canale a partire dalla Giornata internazionale della donna del 2015. L’Oclw (Oxford center for life-writing) dell’università inglese sottolinea l’ottima attenzione riservata alle donne compositrici dalla Radio britannica.
All’interno dell’Oclw è stato creato anche un progetto di collaborazione – sotto il patronato della baronessa Charlotte de Rothschild – che mette insieme l’Università di Oxford, Bbc Radio e l’Oxford dictionary of national biography per facilitare l‘esecuzione di musica composta da donne.
Nel sito sono disponibili, inoltre, una serie di link e fonti fondamentali di informazione come “Donne: women in music” fondato e curato dalla soprano brasiliana Gabriella Di Laccio o quello della Association of british choral directors, ma anche Oxford music online, importante enciclopedia musicale sul web.
Secondo il sito “Donne” – che si occupa di uguaglianza e diversità – solo il cinque per cento del repertorio eseguito da cento orchestre monitorate nel mondo nel 2020-21 risultava scritto da compositrici; nella stagione 2023-24 su cento undici orchestre entrate nella rilevazione solo il sette e mezzo per cento dei pezzi era a firma femminile mentre meno dello zero virgola uno per cento risulta essere di autori “non-binari”.
A Venezia, a parte il forte impegno della Biennale di questi ultimi anni, un grande lavoro per accendere un faro sulle compositrici, non dei nostri giorni, lo ha fatto e continua a farlo, il Palazzetto Bru-Zane, il Centro di musica romantica francese che da quindici anni lavora alla riscoperta del repertorio dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento. Il Palazzetto ha sempre inserito musica scritta da donne nei propri programmi, compreso quello di questo autunno dedicata al violoncello. Un focus speciale è stato dedicato dal Bru-Zane, lo scorso 8 marzo, a “La longue durée della ricerca compositiva femminile” con un concerto dedicato a quattro autrici preceduto da un incontro pubblico al quale ha partecipato anche Lucia Ronchetti.
Immagine di copertina: scatto di Frankie Casillo per il racconto fotografico della Biennale musica 2023.
L’articolo Lo stato dell’arte musicale proviene da ytali..