Certamente invogliato dalla quotidiana conversazione su Elezioni Usa fluente nella redazione della nostra rivista, una gradevolissima sorpresa (non so come se per tv o sul mio imprevedibile cellulare) mi ha risvegliato nel negozio Penzeys Spices a Pittsburgh, Pennsylvania, dove ho visto un geniale momento della campagna elettorale di Kamala Harris con la sua spontanea risata. Una donna e candidata alla presidenza degli Stati Uniti che sarebbe piaciuta senza dubbio a Virginia Woolf, e ben lo si capisce leggendo quel suo articolo sul valore della risata, quando si tiene conto che il saper ridere, dice la scrittrice:
è una lama che recide ciò che è superfluo, riproporziona e restituisce giusta misura e sincerità alle nostre azioni e alla parola scritta e parlata.
La candidata anti-Trump è entrata felicemente in quel negozio perché invitata, si suppone, da Bill Penzey che, come ha scritto The New Yorker, proprio nel suo essere il “proprietario del più grande rivenditore indipendente di spezie negli Stati Uniti, sta sovvertendo la convinzione comune che affari e politica non vadano d’accordo”.
Da qui in avanti ogni virgolettato riporta notizie e pareri tratti dal New Yorker, altrimenti si segnalerà diversamente.
Partiamo dalle origini, dai genitori di Bill il droghiere, come lo si sarebbe chiamato anni fa da noi. Tutto ha inizio nel 1957 quando i primi Penzey
aprirono un negozio di caffè e tè nella loro città natale di Wauwatosa, che alla fine divenne noto come Spice House. Bill Penzey Sr. era un filosofo e narratore cui piaceva far lavorare i suoi clienti macinando spezie mentre lui teneva lezioni sbrigative sulla tradizione e la storia del commercio delle spezie.
Bill Penzey junior invece, tra i più celebri CEO anti-Trump da dieci anni almeno, dà il via alla sua impresa di meraviglie speziate nel 1986, ma quel che ci interessa è quel che avvenne dopo l’elezione di Trump a quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti, a quando cioè questo implacabile droghiere manda una e-mail a migliaia di persone per dire:
L’aperta adesione al razzismo da parte del Partito Repubblicano in queste elezioni sta scatenando un’ondata di bruttezza mai vista da decenni in questo Paese.
Helen Rosner, autrice dell’articolo sul New Yorker, fece notare allora che
Penzey non è stato il primo CEO a parlare contro Trump o a usare la sua posizione per sostenere i valori progressisti. Ma è stato molto probabilmente il primo a definire pubblicamente l’elezione di Trump un abbraccio al razzismo, e “sicuramente” il primo a farlo mentre vendeva una bottiglia gratuita di Quebec Seasonings per ogni acquisto da cinque dollari. In una lettera indirizzata ai CEO americani pubblicata sulla sua pagina Facebook quel dicembre, Penzey scrisse che, nelle due settimane successive alla sua e-mail post-elettorale, ‘la tempesta di fuoco della destra’ costò all’azienda il tre per cento dei suoi clienti, ma che le vendite online aumentarono di quasi il sessanta per cento nello stesso periodo e le vendite di confezioni regalo aumentarono di oltre il doppio.
Il duro droghiere progressista non smette un solo istante di impegnarsi nella sua campagna contro Trump e i repubblicani che lo seguono: ha gioito per il successo democratico nelle speciali elezioni del Senato in Alabama, si è detto disgustato dalle sparatorie di massa a causa della criminale circolazione delle armi, ha miscelato spezie russe ma non ho capito per quale motivo, ha creato “un arcobaleno di spezie” (peperoncino di Cayenna rosso, polvere di curry arancione, ecc.) per celebrare l’anniversario della decisione della Corte suprema sull’uguaglianza dei matrimoni. Ed Helen Rosner ricorda che:
Il 6 luglio 2017, due anni dopo che Trump aveva aperto la sua campagna presidenziale definendo gli immigrati messicani negli Stati Uniti ‘una tremenda malattia infettiva’, Penzey annunciò che l’azienda avrebbe fatto un omaggio senza vincoli di estratto di vaniglia messicana, dicendo: oggi, in questo anniversario, sembra un buon giorno per chiedere scusa al popolo del Messico e dell’America Latina.
Per concludere questo articolo per davvero aromatico e assai gustoso sull’incomparabile droghiere Penzey, e dalla Rosner scritto per la sua rubrica Annali della Gastronomia, ecco la sorpresa a suo modo prevedibile trattandosi del New Yorker:
In altre parole, Penzey è un venditore esperto che ha capito come capitalizzare l’indignazione politica dell’era Trump e il modo in cui i social media la amplificano, il che potrebbe sembrare cinico se la sua indignazione politica non fosse così palesemente reale .Quando gli ho scritto chiedendogli un’intervista il mese scorso, mi ha risposto con una delle più indimenticabili lettere di rifiuto della mia carriera, una lunga email in cui attaccava i media culinari, criticava i miei precedenti reportage e mi suggeriva di saltare del tutto questa storia e di concentrarmi invece sul problema delle molestie sessuali nell’industria alimentare.
Peraltro Helen Rosner, che ha ricevuto il James Beard Award 2024 per la sua settimanale rubrica di recensioni di ristoranti, The Food Scene, con aderenza giornalistica e il dovuto rispetto al non intervistato militante droghiere non si è persa l’occasione di poter dire
che il commercio delle spezie in sé sia una delle industrie più intensamente politiche della storia.
E si potrebbe aggiungere che con la civiltà delle spezie ci si odora non solo di politica, di economia e di guerre, in quanto lì vi si espande ciò che percepiscono non pochi scrittori e lettori, ossia scriventi e leggenti specialmente sensibili a certi inventari di parole che suscitano in loro sortilegi inafferrabili quali possono aversi, per esempio, nell’enumerare tra i ricettari o sulle etichette di favolosi barattoli i nomi di spezie che per gli specialmente sensibili rappresentano feconde risorse di immaginazione.
Quindi, inventari di nomi che in un certo qual modo, uno dopo l’altro, si ricompongono nell’alchimia di elenchi che vagano nella mente di chi potrebbe sollevarli a linguaggi letterari. Per quanto ci riguarda tra i signori di simili e spesso memorabili linguaggi letterari c’è il democratico Pellegrino Artusi (1820- 1911), con il suo inderogabile La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Democratico perché? Perché se ha da spiegarti come preparare la zuppa toscana di magro alla contadina, scrive:
questa zuppa che, per modestia, si fa dare l’epiteto di contadina, sono persuaso che sarà gradita da tutti, anche dai signori.
Democratico perché a suo indirizzato giudizio nulla o quasi va scartato e nessuno va perseguitato:
Certi usi del mercato di Firenze non mi vanno. Quando vi nettano i ranocchi, se non ci badate, gettano via le uova che sono le migliori. Le anguille si spellano. Le coscie e le lombate di castrato si vogliono vendere intere.Delle interiora del maiale si serba il fegato e la rete; di quelle della vitella di latte, il fegato e le animelle; il resto, compreso il polmone che, essendo tenero potrebbe servire, come in altri paesi, a fritto misto, si cede ai frattagliai che ordinariamente vendono queste frattaglie ai brodai.
Una desiderabile “catena” antirazzista di bontà e che si innalza a etica universale quando Artusi scrive:
Gli anfibi tutti, i rospi compresi, sono a torto perseguitati dal volgo essendo essi di grande utilità all’agricoltura, agli orti e ai giardini in ispecie, per la distruzione dei vermi, delle lumache e dei tanti insetti di cui si cibano. La pelle del rospo e della salamandra trasuda , è vero, un umore acre e velenoso; ma in sì piccola dose rispetto alla mucosità a cui si unisce , che non può recare nessun nocumento.
Dove per volgo, ai giorni nostri, mastro Pellegrino avrebbe inteso Trump e i volgarissimi anti-vaccini. Che poi è lo stesso pensiero beffardo e pellegrino, cioè traverso, che illuminava lo sguardo di Kamala Harris mentre osservava, in modo ricreativo, quel suo desolante avversario; uno sguardo che la candidata democratica avrà maturato nei suoi anni da procuratrice ascoltando le motivazioni bugiarde, dissennate, stupide, di chi stava giudicando. Un linguaggio democratico quello di Artusi, e che si estende ovunque anche per merito di un’inventiva e intramontabile tensione letteraria, comunque sempre piana, scorrevole, comprensibile, voluta così nel rifiuto dei particolarismi. Si veda la ricetta del Cacciucco:
Lasciatemi far due chiacchiere su questa parola la quale forse non è intesa che in Toscana e sulle spiagge del Mediterraneo, per la ragione che nei paesi che costeggiano l’Adriatico è sostituita dalla voce brodetto. A Firenze, invece, il brodetto è una minestra che s’usa per Pasqua d’uova, cioè una zuppa di pane in brodo, legata con uova frullate e agro di limone. La confusione di questi e simili termini fra provincia e provincia, in Italia, è tale che poca manca a formare una seconda Babele. Dopo l’unità della patria mi sembrava logica conseguenza il pensare all’unità della lingua parlata, che pochi curano e molti osteggiano, forse per un falso amor proprio e forse anche per la lunga e inveterata consuetudine ai propri dialetti.
Superbo e invidiabile l’uso artusiano della lingua parlata, in sé democratica e virtù di alcuni grandi scrittori. Dallo storico Massimo Montanari la lode per la “tesi” di Artusi:
Trent’anni dopo la nascita del Regno d’Italia , Pellegrino Artusi pubblica la prima edizione di La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, il libro che fonda la cucina italiana moderna, raccogliendo ricette e usi culinari delle famiglie borghesi di mezza Italia… contribuendo alla costruzione di un patrimonio condiviso, a cui, nel corso del Novecento, anche il mondo operaio e contadino attingerà, riconoscendovi tracce importanti della propria cultura filtrate dalla mediazione cittadina e borghese.
Ma ad un “patrimonio condiviso” si sarà ugualmente ispirato Bill Penzey senior, di cui si ricorderà quanto scritto da Helen Rosner:
era filosofo e narratore cui piaceva far lavorare i suoi clienti macinando spezie mentre lui teneva lezioni sbrigative sulla tradizione e il commercio delle spezie.
Dall’Artusi a Penzeys Spices: modi di fare cucina motivati dalla sensatezza di conoscere condimenti e usi che magari non conosci e che proprio per questo contribuiscono all’arte della democrazia. Nel suo breve racconto Sera sul Sussex: riflessioni in un’automobile, Virginia Woolf viaggia assieme ai suoi io e dice
poi d’un tratto un quarto io , un io che sta in agguato, apparentemente addormentato, e ti salta addosso alla sprovvista.
Al dunque, per davvero stanca di così molti io, la viaggiatrice ci rivela il suo sogno:
E allora il corpo che fino allora era stato muto iniziò il suo canto, dapprima basso quasi come la corsa delle ruote: uova e prosciutto; pane tostato e tè; fuoco e un bagno; fuoco e un bagno; lepre in salmì – continuò – e gelatina di ribes rosso; un bicchiere di vino; seguito da caffè – e poi a letto ; e poi a letto-
Confesso che mi piacerebbe moltissimo sapere quali barattoli di spezie e condimenti ha acquistato Kamala Harris nel negozio Penzeys Spices di Pittsburgh, ma infinitamente di più mi piacerebbe che qualche sera dopo il prossimo 5 novembre Kamala, sorridendo ai suoi barattoli, cantichiasse: Oregano, Basil, Fox Point, Sunny Paris, Penzeys Curry, e poi a letto, e poi a letto perché, soprattutto dopo una grande vittoria, c’è bisogno di riposo dovendoti risvegliare nel Paese futuro.
L’articolo Quel negozio di spezie e democrazia con Kamala Harris proviene da ytali..