Marco Tardelli da Capanne di Careggine (Lucca) arriva a settanta. Lo guardiamo negli occhi, leggiamo le sue interviste e ci domandiamo come sia possibile. Non solo, infatti, ne dimostra molti di meno, per quanto ormai il processo di invecchiamento sia estremamente rallentato rispetto al passato, ma dà davvero l’impressione di essere un uomo in pace con se stesso, finalmente sereno, estremamente innamorato della sua Myrta, appassionato di argomenti che in passato aveva trascurato e in grado di mettersi alla prova, ad esempio a livello televisivo, lui che in gioventù era caratterizzato dalla timidezza e da un rapporto tutt’altro che idilliaco con i giornalisti. E invece il giornalismo è entrato a far parte della sua vita assai più di quanto avrebbe immaginato: giornalista, difatti, è la sua prima compagna Stella Pende, giornalista è la sua attuale compagna Myrta Merlino e giornalista è anche la figlia Sara. Non sorprende, dunque, che anche lui, a un certo punto, abbia accettato la sfida di condurre “L’avversario”, un programma televisivo in cui racconta, attraverso interviste e aneddoti, le vite di alcuni campioni del calcio e dello sport. Insomma, oltre il mitologico urlo nella notte del Bernabéu, che lo ha reso immortale, c’è molto di più. C’è un uomo partito dalla provincia toscana, affermatosi nella magna Juve bonipertiana, sotto la guida di Trapattoni, divenuto un’icona nazionale grazie alla vittoria nel Mundial e infine destinato a concludere una carriera straordinaria, iniziata in Serie C con la maglia del Pisa e decollata in B con quella del Como, nelle file dell’Inter, quando tuttavia aveva già espresso il meglio di sé, in un contesto rivelatosi per lui meno stimolante rispetto a quello bianconero (tralasciamo l’epilogo con gli svizzeri del San Gallo perché c’è poco da dire).
Del resto, Juve a parte, ha sempre sostenuto di aver dato il massimo in maglia azzurra, ritenendola una priorità e manifestando in ogni circostanza l’orgoglio di indossarla. Non a caso, è grazie all’Under 21 che nel 2000 si è tolto una delle poche soddisfazioni della sua non esaltante avventura da allenatore, conquistando gli Europei di categoria grazie a una doppietta di Pirlo in finale contro la Repubblica Ceca. Con l’Inter, invece, gli andò male; altre esperienze non sono state memorabili. E Marco, la cui intelligenza è sempre stata direttamente proporzionale al talento, ha così scelto un’altra strada, abbracciando una professione che in gioventù temeva e lasciandosene travolgere in tutti i sensi.
Sarà per sempre uno dei ragazzi dell’82, un bearzottiano convinto. Fatto sta che è un Tardelli diverso quello che raggiunge questo traguardo, una persona autenticamente felice e con mille progetti ancora da realizzare. E allora auguri di cuore a un personaggio del quale credevamo di sapere tutto e che, al contrario, ancora una volta, ha saputo sorprenderci, inventandosi una nuova vita e vivendola con gioia.
Immagine di copertina: Roma (Italia), stadio Olimpico, 17 novembre 1976. Da sinistra: il commissario tecnico dell’Italia, Enzo Bearzot, e i giocatori azzurri Marco Tardelli e Roberto Bettega, festeggiano al fischio finale la vittoria sull’Inghilterra (2-0) nella sfida valevole per le qualificazioni al campionato del mondo 1978.
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