Come ogni anno negli Stati Uniti del sud-est è iniziata la stagione degli uragani. Il più forte e devastante, ad oggi, è stato l’uragano Helene, un uragano di forza 4 che è partito dalla Florida con venti fino a 250 chilometri all’ora distruggendo case, strade, linee elettriche, provocando incendi e interrompendo le comunicazioni dei cellulari; poi è risalito verso la Georgia, il Tennessee e le Caroline del Sud e del Nord, perdendo intensità ma rilasciando un’enorme quantità di pioggia che ha provocato inondazioni, distrutto strade, trascinato case e capannoni industriali nella sua furia e provocato centinaia di morti. Ad oggi i morti accertati sono almeno 190, ma rimangono da trovare centinaia di dispersi, mentre gli sfollati si contano nelle decine di migliaia. La macchina dei soccorsi è, come si dice, all’opera.
Gli uragani ci sono sempre stati in quella parte dell’emisfero occidentale e sempre ci saranno. Si formano sull’oceano Atlantico, si dirigono verso il golfo del Messico e poi risalgono sulla terra ferma. Atti di Dio, Acts of God, come si dice di fronte ad ogni catastrofe naturale che non è possibile impedire? Non proprio. Tutti gli esperti dicono che il riscaldamento climatico è sicuramente la causa dell’aumento nel numero e nell’intensità degli uragani che si è registrato negli ultimi anni. Da questo punto di vista non molto si può fare se non aspettare fiduciosi che le nazioni del mondo si decidano a ridurre o almeno fermare le emissioni di gas serra e fermare il riscaldamento del pianeta.
Ma se è impossibile impedire che gli uragani si formino, è possibile prevenire o limitare i danni che producono sul loro percorso di distruzione. Da anni altri esperti ci dicono che non si tratta di cose complicate e neppure troppo costose. Ad esempio, contro la furia dei venti alcuni accorgimenti, come ancorare le fondamenta al suolo con pilastri di cemento e il tetto alle pareti con staffe di acciaio, sarebbero sufficienti per impedire che le case volino come scatole di cartone per poi abbattersi al suolo distruggendo tutto quello che vi si trova.
Per salvare vite umane basterebbe che ogni abitazione privata, capannone industriale o edificio pubblico si dotasse di rifugi sotterranei prefabbricati dal costo, per quelli individuali, di poche migliaia di dollari, dal momento che la maggior parte dei morti e feriti è provocata dalla caduta di alberi e di pali della luce. Perché non lo si fa, nonostante le raccomandazioni degli ingegneri e degli architetti? Ma perché questo aumenterebbe il costo delle case e quindi i vari stati sono restii ad emanare i necessari regolamenti edilizi. Per lo stesso motivo, perché costano meno, negli Stati Uniti (a differenza dell’Europa) la maggior parte delle linee elettriche sono aeree e non interrate, con la conseguenza che quando il vento abbatte i pali di legno si scatenano incendi che poi si propagano alle abitazioni vicine.
Le stesse considerazioni economiche valgono per le inondazioni che hanno colpito in modo particolarmente grave le regioni collinose e montuose della Carolina del Nord. E’ una storia che ci è familiare anche in Italia e in Europa, anche se le condizioni estreme del clima americano la rendono più drammatica. La causa però è sempre la stessa: si consente ai privati di costruire vicino al greto di un fiume e anche di un torrente all’apparenza inoffensivo, o sul costone di una collina: lì la vista è splendida e si può godere di una natura incontaminata. Ma quando un uragano come Helene scarica in poche ore milioni di metri cubi di acqua, i torrenti diventano fiumi, i fiumi laghi e le colline slavine di fango. E tutto ciò che si trova sul loro corso viene distrutto.
Ancora l’anno scorso il parlamento della Carolina del Nord, a maggioranza repubblicana, ha respinto la proposta avanzata dall’ordine degli architetti dello stato di introdurre regole più stringenti su dove e come si può costruire. La ragione è sempre la stessa: i nuovi regolamenti edilizi provocherebbero un aumento del costo delle case e poiché questo è uno dei temi caldi della campagna elettorale è meglio non farne nulla. Naturalmente, non si tiene conto della semplice considerazione che, morti e dispersi a parte, ricostruire una casa distrutta costa molto di più di costruirla bene e nel posto giusto. Ma tant’è, l’America all’avanguardia nella scienza e nella tecnologia preferisce continuare così, piangere i propri morti e ricostruire come prima.
Intanto è annunciato tra pochi giorni l’arrivo dell’uragano Kirk e poi arriverà Leslie. (A proposito di uragani: da qualche anno, in ossequio al politicamente corretto, non si chiamano più solo con un nome femminile, ma si alterna un nome maschile e uno femminile. Quando si dice l’attenzione ai dettagli!)
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