Domenica Madrid è stata teatro di un’enorme manifestazione per la casa cui hanno partecipato oltre centomila persone. Per quanto il tema sia caldo in Spagna, l’affluenza ha stupito tutti gli osservatori. Malgrado il balletto di cifre — appena 22 mila per la Delegación de Gobierno, la Prefettura, addirittura 400 mila per alcune delle associazioni promotrici — la massa di partecipanti, in una mobilitazione che riguardava il solo distretto della capitale, testimonia come la vivenda, oltre a essere in cima alle preoccupazioni degli spagnoli, sia diventato un tema mobilitante.
Fra le richieste della vasta piattaforma di associazioni e sindacati che hanno organizzato la manifestazione, c’è il tetto dei prezzi degli alloggi pubblici nella legge statale sulla casa, l’ampliamento del parco abitativo pubblico, il blocco degli sfratti senza offerta abitativa alternativa, la sospensione immediata delle licenze di destinazione turistica nelle zonas tensionadas, le zone con criticità abitativa individuate dai comuni secondo parametri definiti dalla legge nazionale, e altre richieste specificamente legate a situazioni di crisi nel territorio madrileno, inteso come distretto della capitale che ha rango di regione, cioè l’Autonomia madrilena e non il solo comune di Madrid.
L’attore Juan Diego Botto legge le richieste della piattaforma che ha indetto la manifestazione, dall’ex-Twitter della Federazione regionale delle associazioni di vicinato dell’Autonomia madrilena
Nell’ultimo Barometro del Centro de Investigación sociológica (Cis, l’Istat spagnolo), dello scorso settembre, alla domanda su quale sia attualmente il principale problema della Spagna, la casa si è piazzata al sesto posto, che sale al quarto posto come principale problema che coinvolge personalmente l’intervistato. Oltre all’affluenza, è il dato generazionale a colpire. Una massa di giovani, la stragrande maggioranza dei manifestanti, con ventenni e soprattutto trentenni in prima fila.
Madrid scende in piazza dopo le altre mobilitazioni che, dalla primavera, si sono susseguite in diversi punti del paese. In aprile, fecero il giro del mondo le immagini delle decine di migliaia di persone che manifestarono nelle Isole Canarie. A maggio in diecimila sfilarono a Palma di Maiorca, l’8 giugno duemila persona protestarono a Barcellona, prendendo di mira turismo e, con le pistole ad acqua, i turisti, e il 29 oltre quindicimila sfilarono a Malaga, centro principale dell’industria turistica del mare andalusa. Sabato prossimo sarà la volta di Valencia e domenica, di nuovo, delle Canarie.
Sono luoghi differenti che hanno in comune il fattore turismo che si somma alle generali condizioni di mercato che spingono in alto i prezzi, stravolgendo il volto e il mercato immobiliare di quartieri e città a vocazione turistica. Un cane che si morde la coda. Il turismo, delle vacanze e quello urbano, richiede masse di lavoratori che non trovano case dove risiedere. Anche gli altri lavoratori vengono espulsi dal mercato immobiliare, con gravi conseguenze collettive. Si pensi, per esempio, alla difficoltà delle scuole delle Baleari a trovare insegnanti, costretti a rifiutare le assegnazioni per gli elevati costi degli affitti.
I giovani, tra i 18 e i 35 anni, sono gravemente colpiti dal prezzo della casa, siano essi lavoratori o studenti. Sette lavoratori giovani su dieci sono costretti a vivere ancora in casa dei genitori per l’alto prezzo degli affitti. Il dato lo riporta assieme ad altri uno speciale della versione on-line de El País, che si distingue per l’alta qualità giornalistica delle sue infografiche e degli speciali di approfondiamento, in questo caso disegnando un quadro complessivo e esauriente della situazione del mercato immobiliare spagnolo, che qui integriamo con altre fonti.
Il tintinnio dei mazzi di chiavi della casa che non c’è o costa troppo accompagna la protesta
Gli spagnoli che vivono in affitto sono circa dodici milioni, il 24 per cento della popolazione, il resto in case di proprietà e, attorno al cinque per cento, in case concesse in uso da altri proprietari per le quali non vengono corrisposti canoni.
Analizzare la proprietà immobiliare spagnola non è facile. Alcune autonomie hanno catasti propri, il Paese basco e la Navarra, inoltre i dati catastali non specificano la destinazione d’uso, residenziale, magazzino, negozio. Una buona analisi degli ultimi dati catastali a cui abbiamo fatto riferimento è questa pubblicata dalla rivista La Marea. Le fonti istituzionali sono poi anche diverse tra loro, per esempio il Banco di Spagna e l’Agenzia delle entrate, come vedremo più avanti.
In generale la Spagna è un paese di piccoli proprietari, tra uno e dieci beni immobiliari, con enorme preponderanza di proprietari di sola prima casa. Poi ci sono i grandi proprietari, oltre dieci beni immobiliari e i grandissimi, oltre cinquanta. Grandi e grandissimi rappresentano percentuali minime, l’1,08 per cento del totale dei proprietari immobiliari, al 2024 28,4 milioni di persone secondo il catasto, dei quali il 53 per cento, quasi 15 milioni, dispone di un solo immobile. Ma sono dati da proiettare sull’offerta che mettono sul mercato — o che non mettono, il fenomeno delle case sfitte — le cui percentuali sono molto maggiori, come vedremo in seguito.
Tra il 2015 e il 2023, i costi di acquisto sono cresciuti in media nazionale del 47 per cento e quelli degli affitti del 58 per cento. Nello stesso periodo i salari sono cresciuti del 17 per cento, poco più dell’inflazione. Il raffronto con l’Italia è impietoso, coi salari aumentati del 7,5 per cento, quindi con reale perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione; i prezzi immobiliari sono aumentati molto meno ma il mercato italiano ha già conosciuto, precedendola di almeno un ventennio, il fenomeno di vertiginosi aumenti coi quali si misura oggi la Spagna.
I territori dove il costo della casa è maggiormente aumentato sono Madrid (63 per cento), Catalogna (57), Baleari (63) Canarie (45) e Andalusia (44), non a caso la mappa delle maggiori mobilitazioni.
Le cause dell’aumento dei prezzi sono diverse e concorrenti. Fattori come la crescita della popolazione e il turismo aumentano la domanda mentre altri limitano l’offerta.
Dopo una lunga contrazione, tra la crisi del 2008 e la pandemia di Covid, nella società aumentano i focolari, gli hogares, che noi chiamiamo famiglie o nuclei famigliari, quindi aumenta la domanda, mentre non aumentano le nuove costruzioni, l’offerta è minore e aumentano i prezzi.
L’offerta di patrimonio pubblico (Vpo, Viviendas de protección oficial), poi, sia per l’affitto che per la vendita, è bassa, il 2,5 per cento del parco abitativo a fronte di una media Ue del 9,3, in Italia è il 3,7; Francia e Regno Unito stanno attorno al 17 per cento, l’Austria al 24 (col caso di Vienna il cui patrimonio abitativo è per il 70 per cento pubblico) e i Paesi Bassi guidano col 30 per cento.
A fronte di una bassa offerta di Vpo, alta è concentrazione immobiliare nelle mani di grandissimi proprietari, con 50 o più appartamenti, che possono essere anche imprese pubbliche che operano sul mercato ma sono soprattutto società private e grandi fondi immobiliari internazionali. In parte possiedono anche ex Vpo, riscattate alla fine del periodo di convenzione dai costruttori e da essi girati ai fondi immobiliari, che può essere anche di soli dieci anni ma più spesso è di venti.
I dati sono discordanti. Il Banco de España, nell’ultimo Rapporto sul mercato immobiliare del 2023, valuta all’otto per cento la percentuale di patrimonio immobiliare in mano ai grandissimi proprietari. Civio — un organizzazione giornalistica spagnola che, oltre a produrre specifici progetti d’inchiesta, si occupa di vigilare sui poteri pubblici elaborando e rendendo disponibili grandi masse di dati aperti della pubblica amministrazione e di altre fonti ufficiali — la raddoppia al 16 per cento, valutazione simile al dato dall’Agenzia delle Entrate spagnola, il 15 per cento. Certo è che la fiscalità favorisce gli investimenti finanziari immobiliari, favorendo grandi e grandissimi proprietari con aliquote che favoriscono l’accumulazione proprietaria; per le società che possiedono oltre otto immobili, per esempio, le imposte scendono dal 25 al 15 per cento.
Le case vuote sono oltre quattro milioni, di cui il 25 per cento concentrato nelle sei province più popolate, contribuendo a limitare l’offerta e a far salire i prezzi. Nelle grandi città, dove maggiore è la crescita dei prezzi, come Madrid o Barcellona, arrivano al dieci per cento del patrimonio abitativo.
I prezzi aumentano anche per i proprietari stranieri non residenti, vertiginosamente cresciuto dal 3 per cento sul totale delle transazioni immobiliari del pre-pandemia all’attuale otto per cento, dopo aver toccato il dieci. A Alicante, Malaga o nelle Baleari supera il 25 per cento. In alcune città, come Barcellona, inizia a diventare rilevante il fenomeno degli expat che lavorano per aziende estere, da remoto o presso le loro sedi in Spagna, e hanno retribuzioni che permettono di sostenere costi che hanno contribuito a far schizzare i prezzi di affitti e vendite.
La conseguenza di questo stato di cose è che i nuclei famigliari che vivono in affitto investono nel canone oltre il 40 per cento delle loro entrate. Per i giovani, tra i 18 e i 34 anni, la situazione è peggiore, avendo stipendi più bassi, generalmente senza altre fonti di reddito, tanto che che due su tre vivono coi genitori, come in Italia, mentre la media Ue è del 50 per cento. L’età in cui raggiungono l’indipendenza continua a salire mentre diminuisce la ricchezza, con la breccia tra giovani e anziani che si è moltiplicata per nove in 20 anni. Se allora il patrimonio dei nuclei famigliari dei quarantenni era simile a quello dei settantenni, attestandosi sui 150 mila euro, soprattutto in immobiliare, adesso è di 70 mila euro a fronte dei 225 mila dei settantenni.
Le associazioni considerano timide le misure del governo, qui la reazione all’annuncio odierno di Pedro Sánchez per favorire l’accesso dei giovani alla casa da parte del Consejo de la juventud de España, tra le associazioni promotrici della manifestazione di ieri
In questo quadro non stupisce che per gli spagnoli il tema della casa sia centrale. Sorprende, semmai, la capacità di mobilitazione. Nella striscia di proteste per il caro affitti, la mancanza di alloggi pubblici e la turistizzazione delle città, la domenica di Madrid giunge a imporre il tema nell’agenda nazionale. Anche per il governo Sánchez, le cui misure, passate e presenti, giudicate timide e non in grado di intaccare i meccanismi che hanno portato all’emergenza, non sono state accolte con giubilo dalle associazioni. Il governo di minoranza dovrà mantenere il suo precario equilibrio rispondendo alle richieste che sicuramente arriveranno sia dai soci di governo di Sumar che dai partiti che ne hanno consentito il varo, la cosiddetta maggioranza plurinazionale dell’investitura, dai cui voti dipende per varare i suoi provvedimenti.
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