Preg.ma redazione di ytali,
abbiamo potuto leggere un intervento sulla vs. rivista di Andreina Zitelli [https://ytali.com/2024/10/10/mose-inadeguato-come-volevasi-dimostrare/] di cui ammiriamo l’impegno profuso in questi anni ma non condividiamo quanto afferma sul pezzo che avete pubblicato.
Vi inviamo quindi un nostro punto di vista diverso con preghiera di sua pubblicazione.
La prof.ssa Andreina Zitelli ha recentemente ribadito sulla Vostra testata la sua storica contrarietà al MOSE che, come lei stessa ricorda orgogliosa, data dal 1998 (anno del parere negativo della Commissione VIA di cui faceva parte), inserendosi nel dibattito di queste settimane su quale sia il livello di marea previsto a cui è giusto alzare le paratie.
Zitelli dice una cosa giusta, anzi sacrosanta: il MOSE non va operato, come da taluni irragionevolmente auspicato, per impedire TUTTE le acque alte ma è concepito per operare in caso di acque alte sostenute (a noi pare che 120 cm sia un buon compromesso tra diverse esigenze). La stessa però ne deduce che il MOSE era ed è un progetto inutile e quindi sbagliato. E qui c’è un salto logico. Davvero non ci ricordiamo le grandi maree di anni recenti, i danni e le devastazioni, la città (tutta) con gli stivaloni ai piedi, le corse a mettere le paratie, le merci dei negozi al sicuro? In realtà, anche Zitelli sa benissimo tutto questo ma il MOSE ha la “colpa” di non aver consentito l’alternativa caldeggiata da parte del mondo ambientalista ovvero riduzione della profondità dei canali marittimi e delle bocche di porto (nonché fantasiose sperimentazioni plurime di sollevamento dei suoli…). Ovvero UCCIDERE il porto e ogni possibilità di sviluppo di Porto Marghera in quanto retroporto. Ovvero rinunciare all’unica possibilità di economia alternativa al turismo, salvo poi essere in prima fila a lamentarsi che Venezia è in svendita, che ha troppi turisti ecc.
Ebbene, noi di Azione Venezia contestiamo questo ambientalismo ideologico che non si fa carico di contemperare la sostenibilità socio-ambientale insieme con quella socio-economica della città. È questa, al contrario, la strada maestra per il futuro e lo sviluppo di questa città.
Paolo Bonafè – Segretario Comunale
Risponde Andreina Zitelli
Gentile Signor Paolo Bonafè,
In un’era che pone l’ambiente nel cuore del problema della sopravvivenza del Pianeta sconvolto da turbe locali meteo climatiche gravi e violente, e dall’innalzamento della temperatura globale, è davvero retrogrado accusare di “ambientalismo ideologico” uno scienziato, studioso dell’ambiente, la cui competenza è attestata dal curriculum, dalla formazione, dalla carriera accademica e dai ruoli di consulenza tecnico-scientifica svolti a favore esclusivo della pubblica amministrazione.
Detto questo nel reciproco rispetto, non mi sottraggo al dovere di chiarire un problema che è complesso, supponendo di non essere stata io sufficientemente chiara e non dubitando della capacità di comprensione di ogni interlocutore che sia in buona fede.
Il PARERE di VIA ( di pagine 440) sulla salvaguardia di Venezia e del suo ambiente – di cui sono stata l’ estensore -, espresso in base alle Direttive europee aveva spiegato come si sarebbe giunti alla contrapposizione tra Città Laguna e Porto non appena fosse stato ultimato e messo in funzione il Modulo Sperimentale Elettromeccanico, Mo.S.E. alle Bocche di Porto di Venezia: ciò che esattamente oggi avviene.
Il conflitto tra Porto e Laguna era descritto “serio e grave” anche dal pool di Esperti Internazionali quando scrivevano, nel 1998 che “al 2050 si renderà necessaria una nuova valutazione del Mose”.
Allora, 26 anni fa, le acque medio-basse e medio-alte erano studiate sulle serie storiche, meno frequenti di oggi e il traguardo ottimistico del 2050 era abbastanza lontano per pensare ad altri provvedimenti che si sarebbero resi necessari.
Oggi gli effetti dei cambiamenti climatici sul livello del medio-mare rendono più urgente quella “nuova valutazione”.
Il conflitto tra porto e salvaguardia non è risolvibile con il Mo.S.E. come dimostra, per paradosso, la richiesta dell’Autorità portuale che ne chiede la gestione. Cioè l’Autorità portuale vorrebbe gestire la salvaguardia di Venezia e della Laguna in base alle esigenze del porto: è palese che non può essere, perché “di preminente interesse nazionale” è la salvaguardia di Venezia e della sua Laguna non quella di attività che possono essere esercitate altrove se non compatibili con la salvaguardia e anche economicamente non sostenibili.
La salvaguardia di Venezia e sua Laguna non può essere affidata poi a un’entità amministrativa periferica del MIT (Ministero delle infrastrutture e trasporti) tale è la Autorità portuale, perché è affidata al Comitato interministeriale dei Ministri per Venezia e la gestione del Mo.S.E. all’Autoritá per la Laguna, quando sarà a regime. Ricordo che Venezia e Laguna non sono una infrastruttura.
La Commissione di VIA, nel Parere, metteva in luce come ia funzionalità del porto veniva compromessa dalle chiusure del Mo.S.E. mentre per salvaguardare l’ambiente e la morfologia lagunare erano necessari provvedimenti tesi a moderare l’espansione delle maree in Laguna.
Il Mo.S.E. non aveva questo scopo, non era adatto perché non era stato progettato per questo.
Un ragionamento non estremamente difficile da capire.
Lo studio storico dell’idrografia lagunare ci dice che le quote alle bocche di porto erano basse, moderate dalla presenza di potenti scanni sabbiosi, (che oltretutto difendevano la Serenissima dai nemici “de mar”).
Le dighe alle bocche, per ottenere quote più profonde, sono state costruite per primo dai Francesi e poi dagli Austriaci e infine lo Stato Unitario ha provveduto ad ulteriori scavi.
Il Mose fissa a San Nicolò del Lido la quota -12 m e a -14 m alla Bocca di Malamocco. (erano rispettivamente -6m e -9m alla fine della seconda Guerra Mondiale).
È quindi ingannevole equiparare la Laguna anche solo di alcuni decenni anni fa alla presente: oggi la marea entra veloce per canali d’accesso profondi e senza scabrezze.
Il parere di VIA considerava, poi, che la crescita del livello del mare, l’eustatismo, e la subsidenza antropica hanno tolto a Venezia circa 22 cm di altitudine s. l.m.
Il recupero altimetrico localizzato e esteso all’intero bacino rimane un’opzione sperimentale che non dovrebbe essere esclusa visto che, per la fine del secolo, l’eustatismo è previsto essere tra i 50-100 cm.
Oggi, nell’attuale situazione, dove non si sono realizzate le opere complementari, previste dal Piano degli Interventi sul suolo urbano con provvedimenti diversi, le chiusure sempre più frequenti e a più bassi livelli di marea, sono – come ora dimostrano le richieste di cittadini comuni e commercianti – l’unica soluzione invocata.
Oltre all’empirica contraddizione tra porto e chiusure, si aggiunge un dato specifico che inficia l’uso del Mo.S.E. in relazione alla certezza della previsione, certezza fondamentale per assumere le decisioni.
Stiamo assistendo a una cronaca piuttosto amletica: chiudere? non chiudere?
La previsione delle acque basse e medie (entro i + 110 cm) ha una molto ampia forchetta o intervallo fiduciale dove cadere: + /- 20 cm (un intervallo di circa 40 cm). Questo intervallo può essere ridotto con progressive osservazioni ma ritardando la decisione. Basandoci poi sulla quota alla Punta della Salute possiamo trovarci “l’acqua in casa” in men che non si dica o assistere, al contrario , a un fermo della crescita dell’acqua.
L’ incertezza della previsione comporta falsi allarmi, tanto più ingovernabile se si preannunciano serie di maree medie , medio-basse medio-alte, consecutive.
Ciò perché non è la funzione del Mo.S. E. (un insieme di moduli meccanici ) quella di regolare le acque medie: lo dice la legge in primis, “acque alte eccezionali”.
Qui verso una marea davvero eccezionale, non credo di avere torto, dicendo che il Mo.S.E. non è ancora stato testato.
Non si è ancora verificata una condizione estrema e non si sa chi dovrà prendere la decisione di mettere Venezia e i suoi abitanti in una Laguna chiusa sotto il livello del mare.
Ho scritto anche – e questo è l’aspetto più critico – che non esiste una procedura codificata che fissi il limite delle condizioni meteo, forza del vento e del mare, oltre il quale la struttura non può essere manovrata. Ciò perché ogni struttura tecnologica ha un limite operativo.
Quanto agli apporti delle acque dalla terra ferma, si sa che se il livello della Laguna risulta inferiore al livello delle acque di terra, queste si riverseranno dalla gronda, in modo vieppiù tumultuoso, rispetto al dislivello.
Accadde nel 1966 quando per alleggerire l’ inondazione delle campagne alle spalle della Laguna fu fatto saltare un argine fluviale per creare una breccia di parecchie decine dimetri, onde sfogare in Laguna gli apporti delle fortissime precipitazioni di pioggia provocando un rialzo di parecchi centimetri.
Se ancora non fosse stato chiaro sono a disposizione per illustrare ogni una delle considerazioni, anche con colleghi che hanno contribuito alla conoscenza dei fenomeni complessi che caratterizzano la gestione della salvaguardia di Venezia e la sua Laguna.
Prof. Andreina Zitelli
L’articolo Mose inadeguato. Una lettera e la risposta della prof. Zitelli proviene da ytali..