Pochi giorni fa, Kamala Harris ha scelto di non partecipare all’Al Smith Dinner, un evento annuale organizzato dall’Arcidiocesi di New York per raccogliere fondi a favore dei bambini in difficoltà. La sua assenza ha subito generato una valanga di reazioni nei circoli cattolici e sui media vicini alla Chiesa statunitense, evidenziando una frattura non solo simbolica, ma politica e culturale.
In un contesto dove la presenza dei candidati a questo appuntamento è quasi rituale, la decisione di Harris ha sorpreso molti. Il cardinale Timothy Dolan, figura chiave dell’evento, non ha esitato a esprimere il suo disappunto, dichiarando: “Non siamo abituati a questo. Non accadeva da quarant’anni, da quando Walter Mondale rifiutò l’invito. E ricordatevi che perse 49 stati su 50”.
Le parole di Dolan segnalano non solo la portata dell’assenza, ma anche la tensione tra la vicepresidente e le alte gerarchie cattoliche. Non è un segreto che le stesse abbiano spesso criticato anche l’attuale presidente, Joe Biden, il secondo cattolico nella storia degli Stati Uniti a ricoprire la massima carica, a causa della sua posizione sull’aborto. Ovvero la ragione che già spinse all’epoca Mondale a rinunciare all’evento. Nel 1984 il candidato democratico alla presidenza decise infatti di saltare l’evento perché nel 1980 l’ex presidente Jimmy Carter fu fischiato dai partecipanti, probabilmente proprio a causa della sua posizione sull’aborto. E molti osservatori hanno ipotizzato che la politica abortista del presidente Bill Clinton e poi del candidato cattolico democratico John Kerry possa aver influito sulla decisione dell’Arcidiocesi di non invitare i due rispettivamente nel 1996 e nel 2004.
Più recentemente, Papa Francesco ha contribuito ad alimentare questo dibattito quando, poche settimane fa, ha dichiarato che sia Harris sia Trump sono “contro la vita”, suggerendo che gli elettori cattolici si trovano di fronte a una scelta tra “il male minore”. Un commento che ha ulteriormente diviso una comunità cattolica già segnata da fratture tra conservatori e progressisti.
Secondo Natalia Imperatori-Lee, teologa e professoressa di studi religiosi alla Manhattan University di New York, la decisione di Kamala Harris di non partecipare all’Al Smith Dinner potrebbe essere stata influenzata dalla diffidenza nei confronti dei vescovi cattolici, i quali negli ultimi anni hanno criticato duramente il presidente Biden per il suo sostegno al diritto all’aborto. Alcuni di questi prelati hanno persino minacciato di negargli la Comunione, sollevando dubbi sulla possibilità che Harris potesse essere trattata diversamente. Imperatori-Lee sottolinea infatti come il sostegno all’aborto sia uno dei pilastri della campagna della vicepresidente.
Un elemento chiave di questa dinamica è il rapporto particolarmente difficile tra Harris e il cardinale Dolan. Figura influente e nominato da Benedetto XVI, Dolan è noto per le sue posizioni critiche nei confronti di Papa Francesco e per i suoi stretti legami con Donald Trump. Durante la presidenza del repubblicano, Dolan e diversi vescovi americani hanno espresso un tacito sostegno a Trump, beneficiando di vantaggi politici come la nomina alla Corte Suprema di giudici cattolici di stampo conservatore, tra cui Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett. Con queste nomine, i cattolici sono diventati una forza dominante all’interno della Corte, con sei giudici in totale, di cui cinque conservatori. Inoltre, Trump ha firmato ordini esecutivi per proteggere la libertà religiosa delle istituzioni, un tema caro a Dolan e al suo elettorato.
Le connessioni tra Trump e l’alto clero cattolico sono emerse chiaramente nel 2020, quando il giornalista Christopher White di Crux ha pubblicato una registrazione di una telefonata tra Trump e circa seicento esponenti del clero, tra cui vescovi e sovrintendenti di scuole cattoliche, con Dolan in prima linea. Durante la chiamata, Trump aveva elogiato il suo impegno verso il movimento “pro-life”, enfatizzando che nessun altro presidente aveva fatto tanto per sostenere la causa anti-abortista. Allo stesso tempo, aveva manifestato il suo appoggio alle scuole cattoliche, sottolineando l’importanza della libertà di scelta tra scuole pubbliche e private. Dolan, in quella sede, aveva sollecitato l’aiuto del presidente, lamentando le difficoltà che la pandemia aveva imposto alle istituzioni cattoliche e chiedendo sostegno per i programmi di assistenza alle tasse scolastiche, cruciale per la sopravvivenza delle scuole parrocchiali.
Queste relazioni ambigue tra Dolan e Trump hanno suscitato critiche all’interno del mondo cattolico. Il National Catholic Reporter, una rivista progressista, ha denunciato il cardinale per non aver preso le distanze dall’ex presidente, sottolineando in un editoriale che
il vero scandalo è che il buon cardinale di New York non abbia avuto il coraggio di condannare Trump, un esempio vivente di tutto ciò che la Chiesa cattolica dovrebbe respingere.
A ulteriore conferma della controversia, recenti dichiarazioni di Trump, come quella durante il dibattito presidenziale sui migranti haitiani, duramente criticata da diversi esponenti cattolici, mostrano come la Chiesa sembri tollerare atteggiamenti ambigui verso l’ex presidente. Un trattamento che, secondo molti, non è stato riservato a Biden, nonostante le sue difficoltà nei rapporti con l’episcopato, dimostrando una sorta di doppio standard nel giudicare i leader politici.
Ad esempio, in aprile, il vescovo Robert Gruss della diocesi di Saginaw in Michigan aveva definito il presidente uno “stupido” cattolico “che non sta vivendo la vita che Gesù vuole per lui” durante un discorso sul perdono cristiano. Questo attacco diretto non è stato un episodio isolato. Anche il vescovo Thomas Paprocki della diocesi di Springfield in Illinois, a maggio, aveva accusato Biden di “farsi beffe della nostra fede cattolica”. Negli anni precedenti, altri prelati avevano usato toni simili, con un altro vescovo che lo aveva definito un presidente “malvagio”, e persino l’arcivescovo di Washington D.C. che lo aveva chiamato un “Cafeteria Catholic”, ovvero un cattolico solo formalmente, alla televisione nazionale. In più, alcuni prelati gli avevano persino negato la Comunione, segnalando l’estrema difficoltà nei rapporti tra Biden e l’episcopato, con successivo intervento del Vaticano a sostegno del presidente.
Nel frattempo, mentre Harris e Biden affrontano queste critiche, l’ex presidente Donald Trump, affiancato dal suo vice J.D. Vance, cattolico (si è convertito, da adulto, al cattolicesimo, nel 2019), ha continuato a corteggiare attivamente gli elettori cattolici. In questo contesto, la campagna di Trump ha ufficialmente lanciato la coalizione “Cattolici per Trump” il 4 settembre, attraverso un comunicato stampa che citava nove membri chiave del gruppo. Tra questi, Matt e Mercedes Schlapp, ex funzionari della Casa Bianca di G.W. Bush e figure molto controverse, hanno giocato un ruolo di spicco. Mentre Matt Schlapp è stato accusato di violenza sessuale su collaboratori, entrambi continuano a lavorare come lobbisti politici e organizzatori influenti, con Matt che è ora presidente dell’American Conservative Union, responsabile della celebre Conservative Political Action Conference (CPAC), un evento cruciale per i movimenti di destra a livello globale.
Oltre ai “Cattolici per Trump”, un altro gruppo in forte crescita è “Catholics for Catholics”, fondato nel 2022 da John Yep, ex direttore dello Stato dell’Arizona per CatholicVote. Questo gruppo ha guadagnato rapidamente notorietà per le sue iniziative, tra cui l’evento di “preghiera cattolica per Trump” a Mar-a-Lago. Yep e altri membri di spicco, come Michael Flynn e Roger Stone, hanno usato il loro palcoscenico per promuovere una visione politica che unisce il conservatorismo religioso e il sostegno all’ex presidente. L’influenza di Catholics for Catholics è cresciuta anche attraverso la collaborazione con figure controverse come il vescovo Joseph Strickland, sollevato dal suo incarico da Papa Francesco nel 2023.
Ed è nel tentativo di persuadere più elettori cattolici che Trump ha partecipato sia alla cena di Al Smith a New York sia a un’intervista su EWTN, televisione cattolica. In assenza di Harris, che ha comunque inviato un video, Trump non ha perso occasione per approfittare della situazione. Durante il suo intervento all’Al Smith Dinner, Trump ha sottolineato il suo vantaggio tra gli elettori cattolici, affermando con la solita enfasi:
Tutti i sondaggi indicano che sono in grande vantaggio con il voto cattolico, come è giusto che sia.
Una considerazione fatta anche da Steven Millies, professore di teologia alla Catholic Theological Union di Chicago, che ha segnalato che l’assenza di Harris possa dipendere dal riconoscimento che gli elettori cattolici si siano spostati verso il Partito Repubblicano, abbandonando il loro precedente ruolo di elettorato chiave.
I cattolici ora si stanno stabilizzando come una costituency di nicchia di un solo partito, piuttosto che come un gruppo nazionale disponibile per entrambi i partiti,
ha affermato Millies.
In questo contesto, saltare la cena appare come una decisione sensata in una campagna compressa e in vista di un’elezione molto competitiva [poiché] il voto cattolico, a quanto pare, non le porterà alcun vantaggio,
ha concluso.
Storicamente, il voto cattolico ha rappresentato un importante indicatore nelle elezioni presidenziali degli ultimi 24 anni. Chi ha vinto le elezioni ha sempre conquistato il voto cattolico, pur se diviso. Così è stato per George W. Bush nel 2004, Barack Obama nel 2008 e 2012, Donald Trump nel 2016 e Joe Biden nel 2020. Tuttavia, nel panorama attuale, i cattolici sembrano orientarsi sempre più verso Trump, segnalando un cambiamento significativo negli equilibri elettorali.
Questo cambiamento è stato confermato da un sondaggio pubblicato dal New Catholic Reporter che ha mostrato che Trump era in vantaggio tra i cattolici di cinque punti percentuali nei sette stati in bilico: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin. Mentre Trump era in testa di sedici punti percentuali tra gli elettori cattolici bianchi, i dati mostravano anche che sette cattolici ispanici su dieci e più di tre quarti dei cattolici afroamericani preferivano Harris. Il vantaggio tra gli afroamericani e gli ispanici deriva da una forte avversione nei confronti di Trump e da un allineamento con il vicepresidente sui valori e sulle principali questioni sociali, secondo il sondaggio.
Gli elettori cattolici degli swing-state sarebbero inoltre più propensi a dichiarare di sostenere il loro candidato preferito per ragioni che vanno contro l’insegnamento della Chiesa, con i sostenitori di Trump che favoriscono le sue politiche anti-immigrazione e gli elettori di Harris che appoggiano le sue posizioni sui diritti riproduttivi. Ma nel complesso, gli elettori cattolici negli Stati in bilico sarebbero motivati da questioni di portafoglio, con tre intervistati su quattro che hanno dichiarato che l’economia era la questione più importante per loro in queste elezioni.
In parallelo, i dati del mese scorso di Pew Research confermano queste tendenze. In un sondaggio condotto tra agosto e settembre, Pew Research ha rilevato che gli intervistati cattolici nel complesso erano più propensi a votare per Trump “se le elezioni presidenziali del 2024 si tenessero oggi”, con un vantaggio di cinque punti percentuali. Tuttavia, i risultati si sono divisi in modo significativo tra i vari sottogruppi, con il 61 per cento dei cattolici bianchi che hanno scelto Trump e il 65 per cento dei cattolici ispanici che hanno scelto Harris.
Nonostante ciò, nello stesso mese, EWTN News/RealClear Opinion Research ha mostrato un vantaggio di Harris tra gli elettori cattolici intervistati, con il cinquanta per cento che sosteneva il candidato democratico alla presidenza, il 43 percento per Trump e il sei percento di indecisi. Altri dati suggeriscono che il vantaggio di Trump tra i cattolici potrebbe essere diminuito da quando il presidente Joe Biden si è ritirato come candidato democratico alla presidenza. Una ricerca di Pew Research di aprile ha rilevato che Trump aveva il sostegno degli elettori tra il 55 percento degli intervistati cattolici. Questo dato è sceso al 52 percento nel sondaggio di Pew Research del settembre 2024.
Al di là dei sondaggi, il sostegno cattolico alla campagna di Kamala Harris si sviluppa lungo due direttrici principali: da un lato, l’impegno ufficiale della sua campagna per coinvolgere gli elettori cattolici, dall’altro, una costellazione di gruppi indipendenti che operano in suo favore. Tra questi, emergono “Catholics for Harris-Walz”, “Catholics for Kamala” e “Catholics for Harris”, ognuno con un ruolo specifico nell’attirare l’attenzione della comunità cattolica, rendendo a volte difficile distinguere tra loro.
A settembre, la campagna di Harris ha lanciato ufficialmente il suo programma di coinvolgimento dei cattolici, con un evento che ha visto la partecipazione di figure di spicco come Joe Donnelly, ex ambasciatore presso la Santa Sede, e Sr. Simone Campbell, nota sostenitrice della giustizia sociale. La presenza cattolica era già stata visibile alla Convenzione Nazionale Democratica, dove gruppi come “Catholics Vote Common Good” hanno discusso l’importanza cruciale del voto cattolico.
Nonostante la sua corsa sia affiancata dal governatore del Minnesota Tim Walz, che ha radici cattoliche ma oggi è un “Minnesota Lutheran”, la vicepresidente deve fare i conti con un elettorato che si sta polarizzando sempre più. Tuttavia, gruppi come “Catholics for Harris” continuano il loro lavoro: dal coordinamento telefonico al coinvolgimento di attivisti di spicco come Patrick Whelan, i loro sforzi puntano a consolidare un messaggio progressista tra gli elettori cattolici.
Whelan, che si occupa di bioetica, aveva scritto in precedenza un opuscolo intitolato “The Catholic Case for Obama”, in cui aveva contribuito a creare un approccio all’aborto incentrato sulla riduzione degli aborti e sulla ricerca di un terreno comune. In questo ciclo elettorale, ha collaborato con Kathleen Kennedy Townsend per The Catholic Case for Kamala, un opuscolo di ottanta pagine disponibile gratuitamente online. La pubblicazione esamina “le questioni che stanno a cuore ai cattolici”, tra cui il futuro della democrazia, l’assistenza sanitaria, la razza, la corruzione, la Corte Suprema, il riscaldamento globale, l’immigrazione, l’economia, la pena di morte e la politica estera. Oltre a sostenere Harris, gli autori si schierano anche contro Trump, mettono in guardia dalle “radici dell’Opus Dei” del “Progetto 2025” (una raccolta di proposte politiche di destra della Heritage Foundation) e discutono il ruolo dei cattolici conservatori nelle elezioni del 2024.
A questo proposito, è importante notare che sono anche molti altri i soggetti che cercano di mobilitare l’elettorato cattolico a favore di Harris. Ad esempio, Catholics for the Future, un super PAC creato per raccogliere fondi destinati alla realizzazione di annunci pubblicitari in stati chiave durante la campagna elettorale. Tra i membri del consiglio figurano Stephen Schneck, attuale presidente della U.S. Commission on International Religious Freedom, e Patricia Fugere, avvocata e cofondatrice del Washington Legal Clinic for the Homeless.
Un altro gruppo di sostegno, Catholics for Harris, è stato fondato da Christopher Hale, consulente politico che in precedenza aveva guidato l’impegno cattolico per Barack Obama nel 2012. Hale ha compilato una lista di 19.000 cattolici e ha creato un account “Catholics for Harris” su X, con l’obiettivo di fungere da ponte verso la campagna ufficiale di Harris-Walz.
Inoltre, un’altra importante organizzazione è Faith in Public Life Action, guidata da Jeanné Lewis. Pur non essendo un’organizzazione cattolica, include leader religiosi di varie fedi, tra cui cattolici. L’organizzazione si è distinta per aver promosso l’impegno contro la violenza politica e ha lanciato iniziative come i “peacemaker trainings” per garantire un’elezione equa e una transizione pacifica del potere. Faith in Public Life è stata creata in seguito a un’analisi condotta dal think tank liberale Center for American Progress, che suggeriva la creazione di un’ancora organizzativa per il movimento religioso progressista.
Infine, un ulteriore attore nel panorama politico è Catholic Democrats, fondata nel 2004, che ha lo scopo di promuovere la tradizione della giustizia sociale cattolica nello spazio pubblico e all’interno del Partito Democratico. Originariamente conosciuta come “Catholics for Kerry”, è stata istituita in risposta alle critiche rivolte al cattolicesimo di John Kerry e alla percezione di un uso distorto degli insegnamenti della Chiesa a favore del Partito Repubblicano. Da allora, ha sostenuto tutti i candidati presidenziali democratici e, nel 2020, ha finanziato campagne mediatiche negli stati in bilico del “Blue Wall” come Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, promuovendo una petizione online a favore di Biden.
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