Nell’ormai lontano 2014 sembrava che tagliare le Province avrebbe permesso di risparmiare sui costi della politica. Era un’epoca della storia del nostro Paese che sembra lontana anni luce. Anche il mio partito, il Partito Democratico, si lasciò convincere dal Movimento 5 Stelle e si fece partecipe di questa decisione, peraltro lasciando le Province in un limbo indefinito. Per esempio si lasciarono molte competenze dirette (senza che queste potessero effettivamente esercitarle) e si modificò l’elezione degli organi di governo. Non più elezione diretta ma elezione di secondo grado. Non fu l’unica cosa fatta male quella della menomazione delle Province; infatti il Parlamento produsse anche la cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti, altro provvedimento preso esclusivamente per inseguire populismi politici. Populismi che poi, nel corso degli anni alla prova dei fatti, si sono dimostrati dannosi. Solo più tardi si è compreso che proporre questi tagli alla politica era solo un modo per lisciare il pelo agli elettori ma non producevano nessun effetto concreto, anzi.
Io stesso, più per disciplina di partito che per convinzione, partecipai alla discussione sulla Legge Delrio assumendo una posizione favorevole rispetto allo scioglimento delle Province. Tuttavia durante il dibattito mi accorsi che alla cancellazione delle Province non seguiva un’idea precisa di come dovevano essere riordinate le competenze che le stesse esercitavano. Mi chiedevo chi avrebbe continuato a occuparsi all’edilizia scolastica, della manutenzione stradale, delle tante competenze che, per esempio, esercitava la Provincia di Venezia sulla laguna.
Le risposte di chi deteneva il potere esecutivo erano evasive e non convincenti.
Vi era una decisa spinta a favore del regionalismo (anche se sappiamo che le Regioni devono legiferare e non svolgere funzioni esecutive) e soprattutto a favore delle città, in particolare i capoluoghi. Infatti l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) condusse una violenta campagna contro le Province e il governo di allora sposò in toto l’idea di questa soppressione non valutando attentamente, a mio parere, gli effetti che questa decisione avrebbe provocato.
Da ex Presidente della Provincia, posso riconoscere che questa istituzione possa avere poco ruolo in una città come Venezia. Ma il territorio di una Provincia non è formato solo entro i confini della città capoluogo. Ci sono tanti altri comuni che hanno bisogno del sostegno e delle attività che la Provincia svolgeva. E questo vale ancora di più per i territori di montagna dove il ruolo delle Province è sempre stato fondamentale e dove nessun altro ente vi si è sostituito lasciando i piccoli comuni isolati.
In questo senso è evidente che il DDL che è stato presentato quest’anno per il ripristino delle Province faccia molto discutere. Nelle regioni autonome (Sicilia, Friuli), la corsa per ripristinare le province è già in uno stato avanzato. E non è escluso che in tempi rapidi, soprattutto in Friuli, questo accadrà. Resta però il grande problema nazionale. I legislatori hanno il grande torto di aver lasciato ‘dormiente’ la materia province in tutti questi anni.
Anche il Presidente delle Repubblica ha lanciato un monito affinché si esca presto da questa situazione di impasse. Vediamo cosa succederà nei prossimi mesi. Ma la sensazione è estremamente negativa.
Si ha la netta sensazione che nessuno voglia prendersi carico di questa patata bollente. Probabilmente per la paura di essere accusati di aver di nuovo voluto aumentare i costi della politica. Ma questa è una bugia sacrosanta.
Per ogni italiano il costo degli organi politici della province era pari a euro 1,70. Quindi come si può ben vedere un costo irrisorio. Mi auguro che prevalga il buon senso. Che si prenda atto che questa riforma è stata un errore. Che si possa tornare a discutere serenamente dell’introduzione di un organo sovra comunale che possa aiutare i comuni e i cittadini in quest’epoca di cambiamenti climatici, di esondazioni, di alluvioni.
Forse anziché discutere di abolizione delle province bisognava discutere di accorpamento delle stesse. Superare i campanili, in questo senso, sarebbe stato (e potrebbe ancora essere) benefico. Mi auguro che ci si arrivi e che la politica si riappropri di contenuti e non di vuote prese di posizione che durano lo spazio di una stagione per poi farci ripiombare in problemi ancora più drammatici.
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