Le nuove agorà sono digitali. Il dibattito pubblico si sviluppa sempre di più sulle reti sociali che sono diventati strumenti centrali nella formazione della pubblica opinione. La caratteristica orizzontale della comunicazione digitale permette ai naviganti di accedere a molteplici fonti di informazione e d’opinione, e a queste l’accesso al processo di formazione dell’opinione pubblica.
Una rivoluzione, dalle enormi potenzialità, che nel momento presente dà luogo anche a fenomeni tossici di vaste proporzioni come la grande diffusione nelle reti sociali dell’odio, della calunnia e delle fake news, le cui prime vittime sono gruppi sociali, etnici, religiosi, di genere o relativi a opinioni e idee, con modalità che, sempre più di frequente, diventano strumenti del confronto politico.
Il riflesso di questo stato di cose è sotto gli occhi di tutti, riempie la cronaca. Le rivolte dell’estrema destra britannica dello scorso agosto, per fare un esempio recente e eclatante, sono nate e hanno camminato sulle gambe di di notizie false, propagandate da influencer e gruppi dell’estrema destra nelle reti sociali, che hanno diffuso la falsa notizia che un accusato di gravi reati, in realtà un cittadino britannico, fosse un immigrato clandestino da poco giunto con barcone. Manifestazioni illegali, convocate da profili social di estrema destra con lo slogan “Quando è troppo, è troppo”, sono diventati dei riot, moschee e centri islamici sono stati assaltati, ci sono state aggressioni, migliaia di poliziotti sono stati mobilitati per riportare l’ordine.
Oltre questi eventi clamorosi, le acque del fiume carsico dell’intolleranza e del disprezzo vengono gonfiate quotidianamente da decine di migliaia di tweet, post e articoli di pseudo media che seminano menzogne e creano tensioni. Le aziende di Internet fanno poco e male, o nulla, per contrastare il fenomeno. I post di odio e menzogna scatenano flame, aumentano le interazioni, rendono più ghiotta l’offerta per gli inserzionisti. Quando non la alimentano, come nel caso dell’ex-Twitter, in cui la menzogna come strumento della lotta politica è parte della strategia politica del proprietario.
Come contrastare i discorsi d’odio e la calunnia che imperversano sui nuovi strumenti del dibattito pubblico e il loro uso nel confronto politico? In Spagna, dove il fenomeno è un elemento importante anche dello scontro politico, la risposta che si sono dati è: portando in tribunale i seminatori d’odio e falsità.
L’iniziativa è nata nella nostra “rivista amica”, Contexto, che oltre a produrre giornalismo di qualità, si è chiesta cosa fare. Fedele al proprio nome completo, Contexto y acción, ha deciso di passare all’azione mettendo in campo uno strumento apposito.
È nata così la piattaforma civica Acción contra el odio, che vuole essere “uno strumento aperto, collettivo e aperto alla cittadinanza, per difendere l’informazione veritiera e una democrazia più giusta e ugualitaria, senza razzismo né violenza contro le donne, i minori, i poveri, i migranti e altre minoranze”.
L’obiettivo è quello di portare davanti alla giustizia politici, agitatori e opinionisti, in gran parte di estrema destra, che inquinano la sfera pubblica con menzogne, diffamazioni e minacce contro collettivi indifesi, spesso vulnerando il codice penale.
La piattaforma avrà tre versanti — giornalistico, comunitario e giuridico — per agire come strumento di azione collettiva ed è così strutturata.
Un primo gruppo, di giornalisti, attivisti, accademici, lettori e specialisti delle reti sociali, monitorerà la rete e i media on-line per l’individuazione di possibili delitti e attacchi contro il diritto costituzionale a ricevere un’informazione veritiera. A supporto di questo gruppo verranno fatti contratti di lavoro a due giovani giornalisti.
Un secondo gruppo, composto da giuristi e avvocati, valuterà la sussistenza della possibilità di presentare denunce, in Procura o presso gli organismi regolatori, contro chi incita a perseguire in forma violenta minoranze o a limitare diritti e libertà individuali e collettive.
Il presidente d’onore della piattaforma sarà José Antonio Martín Pallín, magistrato emerito del Tribunale supremo, mentre la direzione sarà del giurista Joaquín Urías, già Giudice del Tribunale costituzionale.
Dal prossimo novembre, con cadenza mensile, verrà pubblicato un Observatorio del Bulo [Osservatorio della bufala], coordinato dal giornalista della rivista Gerardo Tecé, che informerà sui richiami all’odio e le minacce individuati.
La piattaforma si rivolgerà dunque a un ufficio legale che aiuterà a presentare le denunce a procuratori, tribunali o agli altri organismi competenti, segnalando calunnie, minacce e altri reati perseguibili d’ufficio e si occuperà inoltre di presentare le querele per diffamazione, perseguibili solo su denuncia di parte.
La piattaforma inoltre farà campagne di appoggio alla cittadinanza che si oppone alle propagande di odio e menzogne, spesso subendo pesanti conseguenze, come chi ha subito denunce per manifestare contro l’estrema destra — le leggi spagnole, duramente segnalate dall’Onu e dall’Ue, offrono alle autorità molti strumenti contro il diritto di critica e di libera manifestazione, che hanno ispirato il recente pacchetto di norme liberticide proposto dal governo Meloni — o giornalisti processati per aver pubblicato inchieste o notizie vere e verificate — è successo anche, in altro ambito, a Contexto, ne parlammo qui.
Tutto questo, naturalmente, ha un costo, i contratti per i giornalisti, le spese legali, le cauzioni che, nel caso delle querele di parte, possono essere richieste dai giudici. Per partire, a Contexto hanno calcolato un minimo di 140 mila euro e un ottimale di 180 mila, che include anche il fondo per le cauzioni. Per dotarsi delle risorse economiche necessarie è stato aperto un finanziamento. A Contexto sono abituati, la rivista, sempre in consultazione gratuita, non vende spazi pubblicitari, accettando solo le comunicazioni istituzionali, che però ottiene in misura ridottissima — a differenza di molti pseudo media di destra o nazionalisti profumatamente finanziati dalle amministrazioni locali nell’ambito delle loro campagne di comunicazione istituzionale — ed è finanziata dai lettori, sia nella forma di una sottoscrizione generale che per specifici progetti giornalistici, in questo periodo spicca quello dell’informazione da Gaza, dove la rivista è presente con una giornalista.
La questione è, naturalmente, delicata. Il rischio di cercare una giustizia etica o evocare censure è dietro l’angolo ma la sensibilità democratica e la conoscenza del diritto dei protagonisti funge da meccanismo di sicurezza. La piattaforma non vuole perseguire le opinioni, ritenendo che le idee, per quanto ripugnanti, si combattano con le idee, ma quando queste diventano intimidazioni, minacce e o inviti diretti alla violenza, si tratta di rivolgersi alla giustizia per non accettare l’impunità.
La giustizia spagnola è altro tema sensibile. Estremamente politicizzato, a destra, e propenso a entrare nello scontro politico, il corpo giudiziario spagnolo soffre per questo una grave crisi di autorevolezza. A Contexto, che da anni segue giornalisticamente questa deriva, sono consapevoli del carattere conservatore di una parte importante della giustizia spagnola. Ma ritengono sia il momento di usare le leggi e i tribunali in maniera alternativa, come strumento di acción, convinti che, anche se denunce non venissero ammesse o dovessero perdere in tribunale, metteranno in evidenza le contraddizioni di un sistema che è quello che condanna penalmente utenti del web che ironizzano sull’attentato a Carrero Blanco ma è straordinariamente indulgente verso seminatori d’odio, fascisti, propagatori di menzogne, razzismo e diffamazione.
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