Le preoccupanti notizie su migliaia di soldati nordcoreani schierati con l’esercito russo sui confini dell’Ucraina mi hanno fatto venire in mente lo sfortunato Paese dal quale provengono. Un Paese sicuramente unico al mondo, che ho avuto l’opportunità di visitare per tre volte negli anni nei quali sono stato il corrispondente da Pechino dell’Ansa, dal 2003 al 2017.
Pyongyang, la capitale, che dovrebbe essere una vetrina per presentare il meglio del paese, è triste. È una specie di set cinematografico di serie “b”, un museo dell’orrore anni Cinquanta. Una visita alla capitale nordcoreana è una specie di viaggio indietro nel tempo fatto con una di quelle macchine che inventano gli scienziati pazzi dei fumetti, ma difettosa. La caricatura di una dittatura comunista.
Quando scende la sera, la città è buia e silenziosa.
La poca energia che viene usata proviene dalla Cina, e bisogna risparmiare. Sono illuminati solo i monumenti che, manco a dirlo, cantano la gloria della dinastia dei Kim. Il fondaore della dinastia, Kim Il-sung, era un oscuro funzionario comunista quando, nel 1950, il suo capo Josif Stalin gli ordinò di conquistare tutto il Paese. Kim obbedì e fu fermato solo dall’intervento degli Stati Uniti, il cui esercito lo respinse fino ai confini con la Cina. A difenderlo intervenne l’esercito cinese e ne seguì una guerra durata tre anni, conclusasi con un armistizio nel 1953. La linea definita per il cessate il fuoco è ancora oggi il confine tra le due Coree.
Aggiungendo un tocco orientale alla sua ideologia stalinista, Kim primo passò il bastone del comando a suo figlio Kim Jong-il. Kim secondo morì nel 2011 e da allora il Paese è governato da Kim terzo, cioè Kim Jong-un.
Il fondatore della dinastia fece di più: inventò una storia secondo la quale la famiglia dei Kim sarebbe composta da semi-dei che risiedono sul monte Paeku, nel nord del Paese.
Quindi, nella Corea del nord abbiamo una dinastia comunista di origine divina. Questa confusa ideologia ha ispirato la strana architettura della capitale. Ci sono monumenti come il il cavallo alato della Chollima, che rappresenta la mobilitazione di massa lanciata negli anni Cinquanta per l’industrializzazione accelerata (cosa c’entri un cavallo con l’industrializzazione non è chiaro ma nessuno si prende la briga di spiegare simili sciocchezze, nella Corea del Nord) e c’è la fiamma di plastica della Torre della Juche, che sarebbe l’ideologia elaborata dal Grande Leader, come spesso è chiamato Kim primo.
Di giorno il centro di Pyongyang è semideserto, solo un autobus carico all’inverosimile passa ogni tanto. L’unico tocco di colore sono le ragazze in divisa addette a dirigere un traffico inesistente. Si dice che siano le figlie e le nipoti dei membri della nomenclatura, o meglio alla casta alta comunista.
Già, perché la società nordcoreana, non diversamente dalla Cina di Mao e delle Guardie Rosse, pretende di essere comunista ed egualitaria pur essendo divisa rigidamente in caste. Una contraddizione stridente, inspiegabile, alla quale però continuano ad aderire silenziosamente tanti esponenti della sinistra orientale, per esempio i neo-maoisti cinesi, convinti che il sangue dei rivoluzionari generi rivoluzionari e quello dei traditori, altri traditori. In Cina tuttora i parenti dei dissidenti sono regolarmente perseguitati dagli agenti dell’Ufficio numero uno del Public Security Bureau, la polizia politica cinese.
Alla casta alta appartengono le famiglie della ‘’classe centrale’’, cioè gli iscritti al Partito e i militari di alto grado; poi c’è la ‘’classe tentennante’’, quella dei lavoratori; infine, sull’ultimo gradino, c’è la ‘’classe ostile” degli ex-ricchi. Ognuna di queste caste è a sua volta divisa in subcaste. In tutto, mi è stato spiegato, le caste sono una cinquantina. Muoversi dalla propria casta verso l’alto è difficilissimo. In compenso bisogna stare attenti a quello che si fa e a quello che si dice, perché precipitare nell’abisso che porta tutta la famiglia nei campi di concentramento è relativamente facile.
Ma torniamo a Pyongyang. Spostandosi verso la periferia della capitale, c’è una grande quantità di persone che camminano ai bordi delle strade. Non si capisce cosa facciano. Camminano. Quasi tutti gli uomini indossano vestiti alla Mao. Le donne completi giacca-pantalone, I colori. sono scuri: nero, verde, marrone, blu…
Kim Jong Un ispeziona i cantieri di ricostruzione nelle aree colpite dalle inondazioni di luglio nella provincia di North Phyongan, 4 novembre 2024.
Un forte colpo allo sviluppo della Corea del Nord fu la salita al potere in Russia – allora Unione delle Repubbliche Socialista Sovietiche – di Mikahil Gorbaciov che ridimensionò drasticamente gli aiuti economici. Da allora la Corea del Nord sopravvive a stento, con una popolazione ridotta in condizioni da quarto mondo. La situazione è ulteriormente peggiorata nel periodo del Covid, quando fu chiusa la frontiera con la Cina, dalla quale passavano persone (in gran parte prostitute per i “businessmen” cinesi, in genere ex-militari che hanno la loro base nella città di frontiera di Dandong) e merci varie.
L’unica istituzione che ha continuato a funzionare, con l’aiuto delle amiche Cina e Russia, è l’ esercito, che ora è stato chiamato a pagare, almeno in parte, i suoi debiti.
Immagine di copertina: Kim Jong-Un alla guida di una Aurus, la limousine di fabbricazione russa in dotazione al leader del Cremlino, nella foto nelle vesti di passeggero. Pyongyang, 19 giugno 2024
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