Di Aldo Agroppi conserviamo la classe, la grinta, la verve, le battute, il torinismo spinto e l’anti-juventinità verace e viscerale. Ci ha detto addio a ottant’anni, era malato da tempo e, com’era ovvio aspettarsi, stanno girando più del solito i video delle sue stagioni eroiche in maglia granata, prima di diventare il punto di riferimento di un’altra tifoseria calda e passionale come quella viola. Un’avventura da proletario del pallone (non ebbe fortuna in Nazionale: appena cinque presenze), una lotta continua contro i demoni del potere, l’anima di un gladiatore e il cuore di un utopista, il talento misto alla poesia, il tremendismo che gli scorreva nelle vene e la capacità innata di sdrammatizzare: questo è stato e questo più ci mancherà, in un tempo caratterizzato dai rancori, dalla stupidità dilagante e dall’incapacità di prendersi un po’ meno sul serio, anche quando ce ne sarebbe un gran bisogno.
Agroppi, del resto, era così: o lo amavi o lo detestavi. Se lo amavi, era la persona migliore del mondo; se lo detestavi, beh, problemi tuoi, perché al netto del suo radicalismo, delle sue idee chiare e della sua indisponibilità a scendere a compromessi, chiunque abbia avuto la fortuna di seguirlo o, meglio ancora, di conoscerlo e di esserne amico sa che stiamo parlando di un uomo tutto d’un pezzo, un unicum, o comunque una rarità, nel mondo del calcio, già ai suoi tempi popolato dal divismo di troppi miti di cartapesta. Aldo, il toscanaccio che non guardava in faccia a nessuno, al punto di sfidare persino un idolo dei tifosi viola come Antognoni, era ruvido, burbero, a tratti addirittura feroce, specie da quando aveva abbandonato il calcio giocato e la panchina per dedicarsi al commento: un ruolo che gli calzava a pennello e nel quale non le mandava a dire a nessuno.
Ci sentiamo più soli senza di lui, questa è la verità, mentre si dissolvono progressivamente la memoria e la testimonianza di una stagione caratterizzata da personaggi rudi, schietti, sanguigni, tenacissimi, venuti dal basso e in grado di non esaltarsi oltremodo una volta arrivati in alto. Fra loro, Aldaccio è stato un esempio. Non a caso, in questo mondo contemporaneo, fatto di calendari spezzettati in base alle esigenze televisive, business a gogò, ingaggi milionari e diavolerie d’ogni sorta, non solo si sentiva un pesce fuor d’acqua ma lo viveva con uno spirito di contraddizione pressoché totale. D’altronde, bastian contrario era nato e bastian contrario è morto. Troppo presto, senza darci la possibilità di salutarlo a dovere.
Ciao Aldo, meraviglioso bischero, nemico delle laudi e persino dei riconoscimenti!
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