Il sindaco Luigi Brugnaro si conferma protagonista di una gestione imbarazzante e dannosa per Venezia e il suo patrimonio culturale. La vicenda legata al Teatro La Fenice, che stiamo vivendo in questi mesi, è l’ennesima dimostrazione della sua inadeguatezza: una miscela esplosiva di incompetenza, arroganza e mancanza di visione che mette a rischio una delle istituzioni culturali più prestigiose d’Italia.
Dal dicembre scorso, La Fenice è senza sovrintendente e direttore artistico perché Fortunato Ortombina ha lasciato l’incarico per la Scala di Milano e da allora il teatro vive nell’incertezza, con conseguenze preoccupanti per la programmazione futura. Come ha sottolineato Alberto Mattioli in un intervento su La Nuova di Venezia lo scorso 9 gennaio, i teatri d’opera sono “macchine delicate” che richiedono una programmazione lungimirante e una gestione autorevole. “Questa incertezza dimostra che, nonostante i proclami, la cultura non è certo al primo posto nell’agenda di chi comanda”. Alla Fenice si continua a lavorare con scadenze ravvicinate, il ritardo nella nomina del nuovo sovrintendente rischia di compromettere le prossime stagioni e di danneggiare il prestigio accumulato negli anni. In un teatro ben gestito si lavora con anni di anticipo, pianificando stagioni future e costruendo un’offerta culturale coerente. A Venezia, invece, il tempo perso rappresenta un danno irreparabile, che Brugnaro sembra non comprendere.
Perché in tutti questi mesi nulla è stato deciso? Perché, invece di difendere l’autonomia e l’integrità culturale della Fenice, Brugnaro si sta piegando ai diktat del governo centrale che insiste per imporre Nicola Colabianchi come sovrintendente, caldeggiato direttamente da Giorgia Meloni. Politicamente indebolito anche dalle recenti vicende giudiziarie, Brugnaro accetta passivamente questa scelta, dimostrando di non avere né la forza né l’autorevolezza per opporsi.
Ma perché lo schema che Colabianchi porta con sé rischia di indebolire l’istituzione? Colabianchi è professore all’Accademia di Santa Cecilia a Roma e, quindi, non potrà essere presente a Venezia con la necessaria continuità e intensità. Infatti, come ha tentato di fare in Sardegna, è probabile che si affidi a un direttore artistico o a un facente funzioni. Ma attenzione: Colabianchi non possiede competenze amministrative specifiche e avrà bisogno anche di un direttore generale. Questo significa che La Fenice si troverà con un sovrintendente, un direttore artistico (o facente funzioni) e un direttore generale, contravvenendo ad almeno due dei principi generali della Pubblica amministrazione ovvero economicità ed efficacia.
Per capire quanto sta accadendo è anche importante sottolineare che, di solito, la figura del sovrintendente ha un profilo gestionale-amministrativo e si affianca a un direttore artistico. Questo schema era stato “invertito” con Ortombina, che invece possedeva competenze artistiche e aveva di fatto assorbito in sé anche il ruolo di direzione artistica, nominando un direttore generale.
Negli ultimi mesi, in città si è discusso molto della nomina e, da più parti del mondo della cultura veneziana, si è levata con forza l’idea di ripristinare lo schema tradizionale: un sovrintendente dal profilo gestionale-amministrativo e un direttore artistico, come è sempre stato. Questo consentirebbe anche di valorizzare figure interne che hanno affiancato Ortombina in un periodo ampiamente apprezzato da tutti.
Ma non è cosi: Brugnaro ha affermato che non esistono soluzioni interne. Tuttavia, questo periodo di latenza, durante il quale non è stato nominato nessun sovrintendente, dimostra ampiamente come una soluzione interna autorevole ed efficace esista.
Quello che è certo è che la nuova nomina avrebbe dovuto essere fatta attraverso un confronto con la città e avrebbe potuto essere decisa dal Consiglio di Indirizzo il cui mandato è scaduto a fine anno, un Consiglio nel pieno delle sue funzioni e con tutti i membri nominati. Si è invece preferito attendere e allungare i tempi. Ora ci si trova con un Consiglio di Indirizzo incompleto, a causa di un problema noto da mesi legato alla nomina del rappresentante dei soci privati. Un classico problema interpretativo di uno articolo dello Statuto de La Fenice che rallenta il tutto e rischia di portare ad una nomina con un Consiglio non pienamente operativo.
Tutto poteva e doveva essere risolto da mesi. Ci sarebbe stato anche il tempo di fare, come si è fatto a Milano, un passaggio di consegne ordinato tra il sovrintendente uscente e quello entrante. Si poteva e doveva garantire la continuità e, innestando un nuovo direttore artistico, inserire elementi di novità per garantire anche un giusto grado di innovazione alla Fenice. Il tutto in maniera molto ordinata e senza strappi.
Ora, invece, ci troviamo davanti a una Fenice che rischia di cadere nello schema Colabianchi, che porterà inevitabilmente a un sovrintendente non a tempo pieno e a un sovrapporsi di funzioni dirigenziali che non ha alcuna ragion d’essere. Un vero e proprio pasticcio!
Luigi Brugnaro, in questo crepuscolo di mandato, dimostra di essere un sindaco incapace di difendere la cultura veneziana e di proteggere uno dei suoi simboli più amati. La sua gestione della Fenice è un esempio lampante di come l’incompetenza politica, l’attenzione ai propri affari e non all’interesse collettivo, possa mettere in pericolo le eccellenze del nostro Paese. Venezia merita di più: un sindaco che sappia ascoltare, dialogare e agire con competenza per il bene della città e delle sue istituzioni.
L’articolo Alla Fenice un balletto imbarazzante proviene da ytali..