Fermato ed espulso (con un foglio di via senza data di “scadenza”) dalla Turchia. Protagonista della vicenda è stato lo scorso 28 gennaio il presidente del municipio VIII di Roma, Amedeo Ciaccheri, di Sinistra civica ecologista, di ritorno da un viaggio in Siria dove, con una delegazione internazionale, si era recato per celebrare il decennale dalla liberazione di Kobane, città al confine con la Turchia, dallo Stato islamico.
“La delegazione – ci ha raccontato – si è mossa sul territorio iracheno e siriano. Non su quello turco. Durante quei giorni non abbiamo avuto alcun tipo di rapporto né con le autorità né con lo stato turco, ma nello scalo aeroportuale di Istanbul, una volta atterrato, sono stato prelevato sul volo, condotto dentro la stanza della polizia nell’aeroporto Sabiha Gökçen, mi sono stati ritirati il passaporto e il telefono. Non sono stato di fatto, se non domande anagrafiche e sulla motivazione del mio viaggio in Iraq, interrogato. Sono stato in qualche modo lasciato in attesa di giudizio, senza riscontro. Poi sono stato accompagnato all’ufficio visti dell’aeroporto dove mi è stato consegnato un decreto di espulsione e un foglio di via senza limite temporale dalla Turchia”.
Oltre a lei sono stati fermati altri membri della delegazione?
“No, solo io. Sullo stesso volo erano presenti una parte della delegazione italiana che aveva condiviso quella tratta di viaggio per il rientro, alcuni giornalisti del manifesto, il collega consigliere della Città Metropolitana di Roma, Roberto Eufemia, il consigliere del mio municipio, Iacopo Nunziato, e il presidente dell’Anpi di Garbatella, Iacopo Smeriglio. Queste persone non sono state interessate dalle autorità turche ed hanno potuto attivarsi immediatamente con l’Italia sia con le ambasciate in Turchia e in Iraq sia con i parlamentari Marco Grimaldi e Francesca Ghirra del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra che, a loro volta, hanno interloquito con la Farnesina e con le ambasciate in loco. Allo stesso tempo è stato informato anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che attraverso il suo consigliere diplomatico ha fatto ulteriori pressioni affinché si intervenisse immediatamente”.
Il tutto quanto è durato?
“Tutto è durato all’incirca un’ora e mezza. Tutto condizionato dalla confusione dato che non sapevo nulla: non sapevo le motivazioni, se avessero fermato anche altre persone. Non avevo interlocuzione con nessuno. In particolare ero preoccupato per le eventuali decisioni che potessero essere prese anche a carico dei giornalisti ipotizzando che, a differenza di noi che abbiamo cariche pubbliche, su di loro potessero pensare di avere un margine più ampio di condizionamento”.
Perché è stato fermato ed espulso solo lei?
“Io credo che tutto sia motivato dal fatto che il ruolo istituzionale che ricopro all’interno della delegazione italiana è stato particolarmente esposto per quanto riguarda le interlocuzioni che abbiamo avuto durante tutta la preparazione con l’ambasciata italiana di Damasco e con l’ambasciata italiana a Erbil, nel Kurdistan iracheno. In secondo luogo perché, in forza di una vicinanza ed un’amicizia decennale e di sostegno alla causa curda e in particolare la vicenda legata al Rojava, sono stato coinvolto in prima persona nelle celebrazioni del decennale e quindi la mia figura sui media curdi e sulle comunicazioni ufficiali è stata particolarmente esposta…”.
Chiaro. Ma le hanno detto qualcosa? Gli è stato spiegato il motivo dell’espulsione?
“Da parte delle autorità turche non mi è stato esplicitato il motivo del loro atteggiamento. Ma mi sento di poterlo ricondurre ad un atteggiamento intimidatorio nei confronti di figure politico-istituzionali del nostro Paese che in questi anni, in forza anche di un grande movimento dal basso di solidarietà internazionale, si sono esposte profondamente nei confronti del sostegno alla causa curda e di denuncia di quello che sta avvenendo ancora oggi da parte della Turchia sull’area siriana e non solo”.
Prima, durante e dopo il fermo ha sentito qualcuno della Farnesina?
“Nelle ore successive ho sentito direttamente l’ambasciata italiana in Turchia e il consolato italiano a Erbil. Lì ringrazio per l’attivazione immediata cosa che ha fatto anche la Farnesina. E’ evidente che però un foglio di via è sicuramente sgradevole e mi interdice la possibilità di tornare in Turchia dove sono stato diverse volte nel corso di questi 15 anni, anche con ruoli pubblici per partecipare ad osservatori internazionali in occasione delle elezioni amministrative e politiche e per condurre e guidare delle delegazioni internazionali di supporto dal punto di vista umanitario anche sul territorio turco. D’altra parte per me quanto successo è significativo perché parte degli obiettivi della delegazione che abbiamo condotto erano di sottolineare le responsabilità del Governo Erdogan su quello che sta avvenendo all’interno dei confini turchi rispetto all’agibilità democratica delle forze filo-curde o curde. Il partito che oggi si chiama Dem, ma che è fondamentalmente erede del partito HDP, vede i quadri dirigenti e le sue figure apicali in arresto con motivazioni politiche. Inoltre il Governo Erdogan sostiene milizie mercenarie filo-turche al confine nel nord della Siria che continuano ad attaccare con droni e con bombardamenti – anche in queste ultime ore – alcuni luoghi che abbiamo visitato nei giorni scorsi causando diverse vittime civili”.
Ci può raccontare del viaggio. Cosa avete visto e fatto in Siria?
“Siamo arrivati a Erbil in aereo. Poi da lì ci siamo mossi e siamo entrati in Siria e nel corso di cinque giorni abbiamo visitato alcuni progetti umanitari, voglio citare in particolar modo la Ong “Un ponte per” che fa un lavoro straordinario da 10 anni sul tema della sanità e supporto alla popolazione. Poi abbiamo sostenuto una serie di incontri istituzionali con i vertici dell’Autorità autonoma del nord est della Siria a Al Raqqa e infine abbiamo partecipato il 26 gennaio all’anniversario della liberazione di Kobane sul posto dove siamo intervenuti sul palco dalla manifestazione organizzata insieme a una delegazione francese (due deputati e 3 consiglieri comunali di Parigi) e un delegato della associazione internazionale progressista dagli Stati Uniti. Al ritorno nessuno della delegazione ha avuto problemi, tranne io…”
Qual è la situazione in Siria dopo tutti questi anni di regime e guerra?
“Ho visto con i miei occhi lo sforzo immane che in questi 10 anni ha fatto l’Autorità del nord est della Siria nel progredire nelle attività di ricostruzione delle varie città. C’è stata consegnata dall’Autorità una richiesta di appello nei confronti di una questione specifica che riguarda la coalizione internazionale. Ovvero la situazione dei foreign fighters dell’Isis che vengono detenuti da 10 anni. Si tratta di 10mila persone di varie nazionalità (europei, africani ecc) che non vogliono essere riaccolti dai loro paesi ma che continuano ad essere un problema per l’Autorità che non riesce più a contenerli. In Siria c’è una situazione mossa: la caduta del regime di Assad, l’installazione di questo nuovo governo a Damasco, la presenza americana sull’area, la possibile rinascita dell’Isis in maniera strutturata e organizzata sul quadrante. Tutto questo avrebbe un argine naturale da parte di quei combattenti, di quei gruppi di autodifesa, che per conto della coalizione a guida statunitense hanno svolto le attività di contenimento, liberato le città, sconfitto l’Isis sul campo. Una vittoria che ha anche fermato una stagione di attentati terroristici in Europa da parte di Isis. Abbiamo affidato la nostra sicurezza, come occidente, ai combattenti curdi che continuano a presidiare l’area ma non riescono ad ottenere un riconoscimento formale sufficiente a stabilizzare il tema politico con la Turchia che invece continua a finanziare questi mercenari che continuano ad attaccare”.
Per anni noi occidentali abbiamo chiuso un occhio, se non due, davanti a quanto avveniva in Siria… Ora, con la caduta del regime, il tema è tornato d’attualità. Come si sta muovendo l’Italia?
“La nostra diplomazia, devo dire, è molto stimata in medio-oriente anche in Siria, Iraq e Turchia. Mi auguro che l’Italia colga gli scossoni che dal punto di vista della politica internazionale oggi ci potrebbero vedere con un ruolo determinante. In questo momento la caduta del regime di Assad rappresenta l’elemento di novità nel contesto medio-orientale. Oggi il Governo di al Jolani tiene interlocuzioni differenziate: con gli Stati Uniti, ovviamente, ma anche con l’autorità curda. La possibilità che si stabilizzi un quadro di governo unitario in Siria, con un protagonismo delle forze curde o filo-curde, sarebbe un elemento di garanzia per l’occidente sotto diversi punti di vista. Ricordiamoci che al Jolani nel suo curriculum vitae, prima di ottenere questa vittoria sul regime, è stato a capo di milizie jihadiste nell’area. In mancanza di un nostro ruolo attivo, davanti a un nostro disinvestimento, il rischio della stagione degli attentati in Europa potrebbe tornare… La nuova presidenza Trump inoltre apre scenari inediti dal punto di vista della politica internazionale. Non cogliere l’opportunità di avere un ruolo importante sarebbe un grave errore anche per quanto riguarda la questione migranti. E’ evidente che Erdogan vuole rimandare tutti i profughi che ha accolto, anche grazie ai soldi europei, in Siria e destabilizzare la zona per continuare a tenere in mano le carte da giocare su quell’area… Insomma, ignorare la questione sarebbe una grossa macchia per la politica occidentale”.