Il direttore di ytali mi ha chiesto un articolo su la nuova “cosa” in cantiere, vale a dire i movimenti dell’area cattolico democratica e cattolico liberale più o meno collocata nel centrosinistra; lo ha chiesto a me, presumo, perché sono stato io a dare notizia sull’Ansa dell’incontro pubblico organizzato da Graziano Delrio il 18 gennaio a Milano a cui interverranno tra gli altri Romano Prodi ed Ernesto Maria Ruffini, per dar vita all’Associazione Comunità democratica.
È indicativa la difficoltà a definire l’oggetto di questo articolo: il termine “cosa” mi sembra appropriato proprio perché dietro a quell’iniziativa e ad altre analoghe vi sono intenzioni e progetti diversi, in parte convergenti e in parte divergenti. Prevedere oggi come andrà a finire non sarebbe onesto, perché probabilmente, a seconda del contesto esterno all’iniziativa e dell’audacia dei protagonisti, si verificheranno esiti diversi.
Può essere utile riferire ai lettori di ytali una esperienza personale.
Dopo poco aver scritto su Ansa, attorno a mezzogiorno del 30 gennaio, la notizia dell’iniziativa promossa da Delrio, ho cominciato a ricevere telefonate da protagonisti del mondo cattolico democratico che mi chiedevano delucidazioni o volevano commentare, anche privatamente il fatto. Un primo gruppo (evito di citare i nomi) ha letto l’iniziativa come l’ammissione da parte degli ex Ppi del fallimento del progetto Partito Democratico, e dunque come primo passo per il varo di un nuovo partito, una sorta di Margherita 2.0; altri lo hanno interpretato, all’opposto, come l’avvio di una corrente interna al Pd, un posizionamento in vista delle elezioni regionali del prossimo autunno 2025 e delle elezioni politiche del 2027; altri ancora sempre come la nascita di una corrente interna al Pd, ma più centrata sui contenuti, sull’insoddisfazione della linea della segretaria Elly Schlein, schiacciata sulla Cgil di Landini o arrendevole con M5s di Conte. Alcuni promotori dell’iniziativa del 18 a Milano, come Graziano Delrio o Emilio Del Bono, me ne hanno parlato ancora in termini diversi: l’associazione Comunità democratica – ferma restante la collocazione nel centrosinistra – “vuole rilanciare in termini di progetto e di proposta programmatica la cultura cattolico democratica che, come accaduto in altri tornanti storici del nostro Paese, puo’ elaborare molte idee e proposte”.
Emilio Delbono, Romano Prodi, Graziano Delrio, Ernesto Maria Ruffini
Ebbene, tutte queste letture sono vere, o almeno sono tutte potenzialmente vere. Meglio ancora: la dinamica politica ne farà realizzare una, a seconda anche del coraggio dei protagonisti. Per ora il coraggio lo ha messo in campo Ernesto Maria Ruffini che si è dimesso dall’incarico all’Agenzia delle Entrate per mettersi a disposizione della “cosa”, rischiando anche nel caso in cui essa si riduca a corrente di piccolo cabotaggio; e coraggio ne hanno avuto Delrio e i suoi amici, ad azzardare una iniziativa che preoccupa molti.
Ma vediamo perché tutte queste ipotesi sono vere, e perché hanno dato vita a movimenti iniziati sin dal luglio scorso – secondo le confidenze che ho raccolto sin da allora – che sono proseguiti per tutto agosto, con riunioni via Zoom che hanno coinvolto anche studiosi, professori, oltre a politici e amministratori locali.
A essere determinante è stato un altro evento, le Settimane sociali dei cattolici italiani, svoltesi a Trieste dal 3 al 7 luglio; l’elemento scatenante non è tuttavia stato il nuovo appello di papa Francesco, lanciato in quella sede, ai laici cattolici a un impegno diretto a difesa della democrazia contro i populismi. Bensì sono stati gli interventi di docenti, intellettuali, studiosi (a partire dalla relazione di apertura di Michele Nicoletti) cioè del laicato già impegnato nella sfera pubblica (nel sociale, nelle università, nel sindacato, nell’associazionismo) a far comprendere le enormi potenzialità di progetto e programma della cultura politica cattolico democratica e cattolico liberale. E di contro la totale povertà dell’attuale dibattito pubblico italiano. Specie nel campo progressista, nel campo del centrosinistra, nel campo del Pd. Sì, perché il problema in Italia non è il centrodestra, bensì il centrosinistra, che non viene percepito come una alternativa valida e credibile.
Quanti tra i cattolico democratici e i cattolico liberali sostengono che il Pd, come progetto, è fallito, hanno le loro ragioni. Non perché la segretaria Elly Schlein sia troppo di sinistra, bensì perché il Pd non sta elaborando nessun progetto e programma per i problemi del Paese, che sono enormi, benché gli italiani non se ne rendano minimamente conto, come i viaggiatori del Titanic.
Ne cito alcuni toccati a Trieste. La crisi demografica italiana farà sì che tra vent’anni i contributi che verseranno i lavoratori non basteranno a pagare gli assegni dei pensionati; e non è matematicamente possibile risolvere il problema puntando solo a politiche della natalità, perché mancano donne in età fertile. Per l’opinione pubblica l’immigrazione irregolare viene considerata tutt’ora come uno dei problemi più sentiti, ma non ci si pone il problema dell’emigrazione dei giovani italiani: il saldo è da anni negativo. Il mis-match tra formazione scolastica e richieste del mondo del lavoro è tutt’ora amplissima, tanto che le associazioni datoriali parlano di almeno 120mila posti di lavoro per i quali non riescono a trovare i profili necessari. È vero che sono cresciuti gli occupati in Italia, ma da molti mesi consecutivi le ore lavorate diminuiscono: è il segnale di una quantità enorme di lavoratori in Cassa integrazione (oltre ai molti contratti part-time non desiderati) dovuti a una crisi industriale del nostro sistema produttivo, che non riguarda solo l’auto, ma anche il tessile, e altri settori. Molti dei nuovi occupati sono impiegati in settori con basso valore aggiunto (turismo, ristorazione, ecc). Il Sistema sanitario nazionale (Ssn) non regge più per l’invecchiamento della popolazione, e non richiede solo nuove risorse, ma una completa rivisitazione. Debbo continuare? Debbo ricordare la crisi dell’Europa o le guerre in corso? Non è necessario. Anzi una cosa va aggiunta: meno della metà dei cittadini partecipa al voto.
Questi problemi sono stati discussi a Trieste, dove sono emerse anche proposte e soluzioni. Il governo Meloni sta ignorando o affrontando in un’ottica estemporanea tali problematiche (dal bonus bebè al taglio di quattro miliardi al Fondo a sostegno dell’automotive nel pieno della crisi di Stellantis). Dal centrosinistra non sono arrivate proposte alternative valide. E nemmeno dal Pd, che era nato come soggetto plurale proprio per essere una fucina di idee, progetti e proposte. Sulla crisi di Stellantis ha taciuto, salvo poi dare ragione a quanto sosteneva Azione. Sulla sanità si è limitato a chiedere sei miliardi in più in Manovra, che tra un anno sarebbero comunque insufficienti, senza ripensare il Ssn. Che altro deve accadere in Italia perché qualcuno, nel caso specifico, l’area cattolico democratica e cattolico liberale, prenda una iniziativa politica per salvare il Paese?
Come andrà a finire? Comunità Democratica sarà solo una corrente di potere interna al Pd? Ne diverrà un’anima portante in grado di rivitalizzarlo a suon di progetti e proposte? Si trasformerà in un partitino-cespuglio del Pd che coprirà l’area moderata? Diverrà un partito di progetto e programma in grado di assumere la leadership del centrosinistra per dargli una credibilità? Darà vita ad un’area pre-politica, magari con una Fondazione o una Associazione, capace di ispirare con le sue proposte i politici cattolici impegnati nel centrosinistra. Probabilmente nemmeno tutti i protagonisti sanno come andrà a finire.
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