Ecco come una tranquilla passeggiata, a Venezia o nei dintorni di Piazza Ferretto, in centro a Mestre, e presumo in altre ridenti cittadine venete, può diventare un incontro con la bestemmia che dilaga soprattutto nei giovani e anche nei bambini.
Sdoganata la parolaccia dal discorso pubblico anche in persone e ambienti insospettabili e di fronte ai bambini (in Tv in prima serata, ma pure nella pubblicità) può darsi che la bestemmia abbia preso il posto di una inflazionata parolaccia, in quanto quest’ultima avrebbe perduto in trasgressione a favore della bestemmia. È avvenuto questo? Non lo sapremo mai, anche se è un’ipotesi suggestiva che meriterebbe una ricerca sociologa approfondita.
Quello che capita, passeggiando, oppure osservando i giochi dei bimbi, è il rieccheggiare delle due paroline del turpiloquio blasfemo che tanto offendono la sensibilità dei credenti, ma anche di atei e persone di buon gusto.
Depenalizzata nel 1999, la bestemmia è tuttora punita con una ammenda di circa trecento euro. Questo dà l’idea di un processo di secolarizzazione e forse in questo declino del peccato si può leggere il dilagare del turpiloquio blasfemo. Insomma la percezione della bestemmia, quella del peccato mortale “non nominare il nome di Dio invano”. sentita come una formula di due parole da imprecare tra le tante.
Una giovane bestemmiatrice così risponde: “Ma insomma c’è la libertà di parola”. Un bambino in età scolare che afferma a propria discolpa “Dio non si vede, non c’è da nessuna parte e quindi non esiste”, eppure anche l’aria non si vede, ma è necessaria alla vita.
Chi non bestemmia ritiene questo fraseggio blasfemo di cattivo gusto ed esecrabile, indice di cattiva educazione e di mancanza di rispetto del prossimo. Una piccola ricerca con una decina di persone tutte contrarissime e una sola favorevole a un turpiloquio che si afferma essere liberatorio per la classe lavoratrice.
Come reagire? Un ecclesiastico dice che si deve rispondere con dolcezza – Dio perdona – e spiegare che è un peccato al quale il credente deve rispondere senza fastidio, ma con rispetto anche delle persone che sono su una cattiva strada. Insomma il credente deve porgere l’altra guancia e farsi sorella o fratello del peccatore. Suggestivo atteggiamento, forse non da tutti praticabile, perché dipende dal carattere di chi inciampa nella bestemmia.
“Se credi in Dio non lo insulti. Se non credi in Dio lo lasci stare e non lo offendi. E comunque, impari la buona educazione”
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