[TEL AVIV]
Caro direttore,
Leggo ytali e noto che sulle sue pagine non si parla da tempo di Israele. Mi sento pertanto in dovere di rivolgermi alla rivista con cui collaboro per mettere in evidenza aspetti della situazione in corso nel mio paese che possono aiutare a capire che cosa accade.
Vivo in Israele da quarant’anni. Mi sento ancora un italiano all’estero ma, al tempo stesso, tuttavia, come israeliano (ho la doppia cittadinanza) voglio innanzitutto dire che sono contro la guerra in corso, sono contro il modo in cui governo e forze di difesa l’hanno condotta e la conducono. Sono consapevole che sono davvero troppi i morti e i feriti, e tra questi tanti innocenti.
Mi preme però anche affermare che esiste un’”altra Israele” di cui mi sento parte e che non accetta la situazione e combatte per arrivare a una soluzione. Non quella che auspicherei, se il campo progressista avesse i numeri e la forza per affermare il proprio punto di vista: la soluzione dei due stati per due popoli. Sarebbe la più giusta.Ma è attuabile?Non è negata solo dall’attuale maggioranza che governa Israele.
Si guardi anche al campo palestinese. Sono due organizzazioni diverse – e in conflitto tra loro – che rappresentano attualmente i palestinesi, della quale Hamas oggi è quella egemone. Dominava Gaza, in guerra permanente contro Israele, con l’obiettivo di conquistare la terra “dal fiume al mare” (quando i pro palestinesi manifestano e gridano “dal fiume al mare” non si rendono conto che è un programma di annientamento degli israeliani. Ma forse non sanno neppure qual è il fiume e qual è il mare…).
In Cisgiordania, dove governa al Fatah guidata da Abu Mazen. la maggioranza è con Hamas. Per questo Abu Mazen non fa svolgere elezioni ormai da anni. Si votasse, perderebbe il potere (peraltro molto limitato ormai). Intanto, da tempo Hamas ha cacciato Fatah da Gaza (e con estrema violenza). Abu Mazen è molto avanti con gli anni ed è malato. La sua scomparsa è destinata a provocare una lunga e aspra lotta per la successione.
In una situazione così, in cui non ci sono in vista cambiamenti significativi, Israele non è interessata a trattare per un assetto futuro e duraturo, per di più in una prospettiva in cui Hamas diventa l’unico rappresentante dei palestinesi. Nel frattempo trattare con Abu Mazen oggi è irrilevante.
Va anche ricordato che Netanyahu ha percorso caparbiamente la strada dell’intesa non scritta con Hamas concedendo che regimi arabi la finanziassero, al tempo stesso snobbando e umiliando Abu Mazen. A parole contro Hamas, nei fatti Bibi ha permesso che si consolidasse e che gestisse la striscia di Gaza. Di converso i suoi oppositori avevano tentato di consolidare l’accordo di collaborazione con la Cisgiordania. Un governo di centro era anche riuscito a mettere insieme le opposizioni, per poi cadere in seguito alla violenta attività distruttiva di Netanyahu. Il risultato è che in Israele è al potere una coalizione della destra estrema coi religiosi, un governo irresponsabile che li coccola con ogni sorta di concessioni e privilegi. Intanto la guerra costa molto e si registra un aumento del costo della vita di circa il dieci per cento.Secondo i sondaggi l’ottanta per cento degli israeliani è contro questo governo che però in parlamento ha un comoda maggioranza di 68 seggi contro 52. L’opinione pubblica è esausta, non sembra avere neppure più la forza di scendere in piazza il sabato, contro Bibi, di cui si occupano più che altro i giudici, a cui s’aggrappa l’opposizione perché ci pensino loro a toglierlo di mezzo.
Intanto, dopo 455 giorni di guerra, che si è allargata ad altri teatri, Netanyahu sembra più interessato a fare terra bruciata a Gaza che a salvare gli ostaggi, secondo quanto sostiene Haaretz. Che racconta come la terza operazione condotta dall’IDF nel campo profughi di Jabalya sia stata così devastante da non lasciare in piedi neppure un edificio. “I soldati che sei mesi fa portavano con sé le foto degli ostaggi, oggi hanno un solo compito, l’eliminazione di Hamas” “La devastazione sembra essere l’obiettivo finale dell’IDF, non la restituzione degli ostaggi”, sostiene ancora Haaretz.
Un problema serio è anche l’assenza d’informazione su quanto accade a Gaza. Tanto che ha fatto scalpore la diffusione, da parte di Channel 13, di un reportage della CNN in cui si vedono donne palestinesi affamate schiacciate da masse disperate. E si arriva a parlare esplicitamente di pulizia etnica. Da parte di personaggi di indiscutibile integrità e di grande esperienza, come l’ex ministro della difesa, per tre decenni al top delle forze armate, Moshe Ya’alon. Il pluridecorato militare ha accusato l’IDF di condurre operazioni di “conquista, annessione e pulizia etnica nel nord di Gaza” e ha lanciato l’allarme per un paese che sta perdendo la sua identità di democrazia liberale, per diventare “uno stato messianico fascista, corrotto e lebbroso”
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