Nella tradizione indiana l’origine è il suono del soffio vitale di Brahma, che ha il suo onomatopeico nella sillaba sacra imperitura di OM o AUM tramandata dai VEDA. Nella tradizione biblica è invece il potere della parola ad essere strumento primo della creazione. Fiat lux è locuzione latina, affermazione assertiva sintesi del biblico Vayomer Elohim yehi-or vayehi or (Genesi I,3) che sta per sia fatta luce e luce sia. La parola è un seme, ha bisogno di essere ascoltata, ragionata e interpretata; non essendoci un unico modo d’intenderla rischia sempre di essere malintesa e travisata.
Far luce…
è l’auspicio del cittadino veneziano, portar luce per far chiarezza tirar fuori il comune impantanato nella Palude. Lo chiede alla magistratura che accerterà se e quali delle ipotesi di reato sono suffragate da prove; lo chiede anche alla politica che però, folgorata sulla via di Damasco del garantismo, non intende prendere atto del quadro d’indubbia rilevanza emerso e trarne le opportune conseguenze politiche. Concentrato sulla pagliuzza della vittima (di che? vista l’impennata dei profitti nelle sue aziende da quando è stato eletto) il sindaco Brugnaro non vede la trave dell’accanimento terapeutico di cui è fatto affettuosamente oggetto dalla maggioranza al governo della città, impegnata a contenere il danno elettorale e far passare tempo per attenuare quello d’immagine.
Trova la differenza: in un caso l’albero è stato allestito a cura e spese dell’Associazione di Promozione Sociale Do.VE nel 2020, nell’altro caso di questo Natale è a cura del Comune. Indovina quale?
La legge è quasi uguale per tutti.
Così si dovrebbe correggere la frase che campeggia nelle aule dei tribunali, giacché si inaspriscono le pene per reati anche minori riempiendo carceri già sovraffollate oltremisura, ma al politico si concedono ampi margini d’impunità. L’Italia il primo paese europeo in cui il reato di abuso in atti d’ufficio scompare dall’ordinamento giudiziario, non viene riformulato, ridefinito, riformato, no viene proprio cancellato, lasciando il cittadino indifeso di fronte agli abusi di potere. Troppe volte quando un politico viene inquisito ecco partire il tiro a segno contro i “giudici politicizzati”, si arriva fino a tollerare benevolmente il politico che mentre patteggia (con ciò ratificando la sua responsabilità giuridica) dichiara di farlo perché vittima di errore giudiziario o persecuzione. Un ossimoro iperbolico. Si chiede pugno duro contro chi manifesta nelle piazze, arresto immediato e detenzione per gli inquisiti di reati comuni, pene esemplari e certezza della pena contro i colpevoli… ma se l’inquisito è un politico irrompe in scena il garantismo e si pretende di sospendere il giudizio fino a che le sentenze non passino in giudicato, principio sacrosanto sul piano giudiziario, ma non su quello politico.
Emeroteca dell’arte
Largo Divisione Julia
Mercato
Parco Ponci
Ecco allora prospettarsi il rito abbreviato o il patteggiamento per alcuni degli inquisiti/imputati, che siamo sicuri saranno pronti a dichiararsi innocenti, costretti a questa scelta nefanda dai loro avvocati, d’altronde nessuno degli inquisiti ha mai chiesto scusa dato che tutti si professano innocenti e prevedibilmente continueranno a farlo anche in caso di condanna.
…e luce sia
dev’essere stato interpretato alla lettera dal primo cittadino quando ha deciso di far installare a Mestre luminarie che ci illumineranno d’immenso fino al 4 marzo, esordio di Quaresima e fine del carnevale. Non è la durata prolungata l’elemento di sorpresa, né il carattere kitsch di alcune installazioni (tunnel, sculture, carrozze…) e nemmeno la quantità esuberante di luminarie messe in opera in ogni dove. Ciò che stupisce è l’evidente asimmetria rispetto alla città insulare.
Piazza Ferretto
Scopo dichiarato dell’accensione di Mestre è “rivitalizzare il territorio, creando un’atmosfera di allegria tipica del Natale e nel contempo (le luminarie) contribuiscono a illuminare le vie, piazze garantendo la sicurezza e la sorvegliabilità delle stesse” come si legge nella disposizione dirigenziale PG/2024/0558387 del 13.11.2024. È per il vantaggio dell’incremento della sicurezza pubblica che quest’anno i costi sono stati interamente coperti dal comune? Scopo non dichiarato è forse quello di distrarre i cittadini di terraferma (dov’è la maggioranza dell’elettorato del sindaco) e attenuare il disagio generale per i recenti inciampi giudiziari. Lo scrivono i veneziani dell’associazione Do.VE su FB:
Non siamo cittadini invidiosi/rancorosi e ci compiacciamo di vedere Mestre addobbata a festa. Troviamo giusto non limitarsi al centro, ma decorare anche zone intorno a vocazione residenziale e non solo commerciale. Bravi!
Quest’anno però la quantità di luminarie installate in terraferma a completa spesa del comune sono forse un tantino esagerate. Le luminarie non sono solo calamite per invogliare gli abitanti ad andare in centro a spendere: sono festa di luce portata tra le case. Lo sforzo si spinge fino a piazzale Roma, dove gli alberi sono vestiti di luci che si arrampicano lungo i rami fino in cima, poi però superato piazzale Roma le luci scompaiono, per riapparire in campo santa Margherita con braghe corte su alberi addobbati… ma fino a un certo punto. Erano finite le luci?
Sappiamo che il Sindaco si è legato al dito che la maggioranza dei cittadini della città insulare non lo ha votato e gli ha promesso vendetta subito dopo l’elezione, forse per questo nella città insulare addobba le zone centrali dove si affollano i turisti, ma non i quartieri abitati come Dorsoduro.
‘Il troppo stroppia’ si usa dire, e l’eccessivo squilibrio di decorazioni a Mestre rispetto alla città insulare è eloquente della considerazione che Brugnaro ha della Venezia insulare. Non è che per caso il Sindaco voglia distrarre i cittadini del comune (che in maggioranza vivono a Mestre essendo stati espulsi da una città diventata troppo cara e per ricchi) per fare dimenticare la palude in cui si sono impantanati i vertici comunali e perché teme di perdere la maggioranza anche in terraferma?”
Piazza Cialdini
Piazzale Roma propaggine automobilistica di Mestre, con fermata tram, garage comunale e alberi ben addobbati di luminarie
Difficilmente si può credere che la speculare carenza di luci nella Venezia insulare sia misura di tutela del silenzio e della penombra qualità tipica della città antica prima dell’overtourism (che è sovra-turismo e non sovraffollamento), fenomeno complesso che se lasciato ingovernato ha un impatto dirompente a diversi livelli sui territori e le comunità. Brugnaro sembra piuttosto aver voluto tener fede alla promessa di farla vedere ai cittadini d’isola che in maggioranza non lo avevano votato: “voglio vedere adesso chi risolve i problemi del centro storico” disse polemicamente appena eletto. Accusa gli abitanti della città storica di essere irriconoscenti nei confronti dell’industria turistica che il sindaco considera come un bancomat applicando balzelli di ogni tipo, dal contributo di accesso alla tassa d’imbarco ai voli dell’aeroporto Marco Polo, alle tariffe a bus turistici per ingresso in città ZTL, tutte entrate che si aggiungono alla tassa di soggiorno e non vengono finalizzate a ridurre la sofferenza da eccessivo impatto turistico in città, ma entrano nel calderone del bilancio di un comune che ha la maggioranza degli abitanti in terraferma. Queste entrate vanno quindi anche a coprire le spese per grandi opere ed eventi per attrarre grandi folle di cui la città non sente il bisogno. Che sia anche per questo che il governo lesina il rifinanziamento della Legge Speciale per Venezia? se la città destina ingenti risorse a grandi opere perché lo Stato dovrebbe finanziare la manutenzione urbana?
Abbiamo sentito il sindaco definire la città insulare “centro storico”. Di cosa? Venezia centro storico di Mestre? Sembra un lapsus chiamare così una città in sé compiuta e finita, con un proprio centro e sue zone periferiche. In realtà è un manifesto, connotando l’intera città antica come centro storico va da sé giustificare il dilagare dell’overtourism anche nelle zone periferiche come alcuni lacerti di Castello, Santa Marta, ancora non del tutto colonizzate. A questo erano serviti i tornelli, non ad arginare gli accessi, ma a cercare di orientare chi arrivava in città verso nuove mete, ben sapendo che alla fine nessuno rinuncia a un passaggio in centro (leggi Rialto, mercerie, San Marco, frezzerie). “I centri storici delle nostre città sono attrattivi? approfittiamone” sembra dire il sindaco con approccio ‘estrattivo’ di massimo sfruttamento.
Addobbi a Mestre
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