Tempo di lettura: 3 minuti
In Lucania spesso si usa la frase dialettale: Oimmen ch’egg patut”. Per evidenziare una sofferenza una circostanza anche nefasta. Il dialetto è una voce dotta. Nelle pagine di storia si racconta che sia nata per prima, assumendo poi delle diversità di espressione a seconda i territori di uso. Un modo di esprimere che va dritto al cuore, all’anima che nell’immediatezza lascia bene intendere quello che altri accademici linguaggi non fanno. Il dialetto tante volte è la lingua delle poche e concise parole: la sintesi di un concetto. Per questo come si dice bisogna tenere a mente e ricordare. Venerdì 17 gennaio 2025 torna l’appuntamento con la “Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali”, istituita dall’UNPLI – Unione nazionale delle Pro Loco per sensibilizzare istituzioni e comunità locali sull’importanza di tutelare questi patrimoni culturali, materiali e immateriali che siano. Istituita dall’Unione Nazionale delle Pro Loco (Unpli) nel 2013 con un preciso intento : sensibilizzare istituzioni e comunità locali alla tutela e valorizzazione di questi patrimoni culturali in piena armonia con le direttive dell’UNESCO. Il dialetto è uno vero scrigno che riesce a conservare la storia, usi e valori di una comunità. Una vera carta d’identità, un lascia passare dove si trova tutto l’albero genealogico di una famiglia e di una intera comunità soprattutto quando, come in Lucania si vive in qualche borgo con non più di duecento abitanti. Il dialetto è il suono autentico di un luogo, il richiamo che indica la rotta per far ritorno nei nostri vicoli natii dove ancora oggi si trovano le persone lasciate ma anche i semplici respiri di quelli che ci hanno lasciato per “sopravvenuti impegni”. Il dialetto è possibile equipararlo ad una biblioteca piena libri che raccontano la storia di ognuno di noi che già conosciamo e che è soltanto da rimeditare. Il dialetto è un incitamento, una esortazione, di suoni che sollecita ad ascoltare la vera voce del cuore. Ci si chiede perché parlare in dialetto? La risposta è facile : Perché non è soltanto uno strumento di comunicazione ma riflette l’idiosincrasia di un popolo, il suo modo di essere e di atteggiarsi. Per molti può essere perfino qualcosa vicino a una religione. Di tutti questi particolari richiami nel cuore c’è sempre quello della mia Lucania, la terra di mezzo, che offre da sempre, nella povertà, quella eccellenza di storia, usi e costumi che proprio il dialetto rende la terra quella della luce. La Lucania, stretta fra Calabria (influenzata da insediamenti albanesi fino dal XV-XVI secolo), Puglia e Campania, rivela un mosaico dialettale complesso: ogni paese, anche il più piccolo, ha un dialetto proprio con caratteristiche peculiari. In linea generale, per facilitare la comprensione, si può affermare che le varietà del dialetto lucano sono fondamentalmente quattro: ad influenza albanese, appula (zona est della regione con Matera Venosa, Melfi, ecc.), appenninica e infine calabra. Il dialetto di importazione albanese è invece parlato in paesi di tale origine come Barile, San Costantino e San Paolo Albanese e Ginestra, ed è usato da circa 10.000 persone. Il dialetto lucano è direttamente legato alla civiltà agro-pastorale, ma in esso sono pur sempre presenti elementi di autentica bellezza espressiva. Ne fanno fede alcuni brani poetici, in cui i sentimenti, l’amore, l’odio e la religiosità sono intrisi di genuino lirismo. Essi sono ricchi di immagini, sono montati in splendidi versi e in assonanti composizioni di rime. L’innamorato, al risveglio dell’amata, canta con barocca sensualità: “Venghe a cantà, e vui siti curcate /… lu viende me l’annusse la bona nova (vengo a cantare e voi siete coricata… il vento mi portò la buona novella)”. Certo bisognerebbe sfogliare qualche pagine di scritti di lucani che tanto emozionano. Penso allo storico Senise Pino Rovitto con “Parole scomparse”, a “il dizionario del dialetto Ruotese” a “Il dizionario dialettale di Francavilla in Sinni”, di Luigi Viceconte, a “Radici- lessico lucano del dialetto di Oppido” di Francesco Saverio Lioi, a “ Dialetto Lucano- studi su Muro Lucano” di Antonio Mennonna, senza nulla togliere alle “Storielle lucane in dialetto grassanese” di Antonio Dartizio. Ricordare questa giornata è come festeggiare un santo patrono parlando in dialetto tratto da un formicolio vernacolare sempre presente nei nostri pensieri. Se Cesare Pavere ha detto al tempo che un paese ci vuole, aggiungerei : “ Ci vuole pure un dialetto”.
Oreste Roberto Lanza
L’articolo Nella giornata del dialetto le parole della Lucania gridano forte proviene da LSD Magazine.