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Il turismo in Italia è da sempre una componente rilevante della nostra economia e un indicatore indiscutibile della rilevanza planetaria della nostra cultura. Da qualche decennio è ulteriormente divenuto un fenomeno di assoluto rilievo per la velocità della sua crescita e la vastità della sua rilevanza. Andrebbe studiato profondamente non tanto con numeri e statistiche -che per definizione sono imperfetti e parziali sempre- ma cercando di capirne le determinanti e le dinamiche. Proviamo ad aprire il dibattito. La introduzione nel nostro ordinamento del sistema del B&B-anche se molto tardivo- ha scatenato un processo formidabile di captazione di nuovi turisti imprevedibile per la sua dimensione, diffusione capillare, incontenibile forza. Centinaia di migliaia di italiani si sono riscoperti albergatori caserecci, osti di ogni tipo, grandi dopolavoristi, esperti comunicatori,…insomma hanno creato spontaneamente migliaia di posti di lavoro di vario genere; lavori poco faticosi e, quello che più conta, piacevoli perché vicini alla cultura di ognuno e alle sue inclinazioni e conoscenze e gusti. Posti di lavoro nell’enogastronomia, in agricoltura, nell’edilizia, nell’arredo, che a loro volta producono ricchezza negli altri settori collegati… Posti di lavoro che spontaneamente si moltiplicano e che condannano la filosofia della grande impresa al tramonto. Infatti la circostanza che per lavorare in una grande azienda sei costretto a subire ed accettare un meccanismo aziendale infernale, spietato, competitivo, invisibile, onnipotente, cattivo con i deboli e codardo con i forti, privo di un volto e di un nome, di una identità e di un consenso, … non è più senza alternative: adesso nel turismo “piccolo” puoi trovare lo spazio che più ti si confà. Certo, la politica prova ad attribuirsene il merito e certamente in piccolissima parte ce l’ha. Infatti molto tardivamente ha confezionato le leggi che, se fatte prima, avrebbero permesso questa crescita ben prima. Non solo; hanno erogato servizi -sagre, eventi, concerti,…- che avrebbero fatto meglio ad inventare prima e a farne di più e meglio. Si sono accorti -i politicanti di destra e di sinistra ma anche la gente comune- dell’immenso valore non solo culturale ma anche bassamente venale delle identità e del connesso rapporto personale nella valorizzazione delle potenzialità implicite in ogni comunità. Anche le banche non hanno capito il valore di questa rivoluzione e hanno lasciato gli operatori turistici ad arrangiarsi con i propri mezzi. Ma la gente comune ne ha tratto le conseguenze e ha creato questo turismo “popolare” che si è rivelato una specie di miniera d’oro produttrice di valore mentre loro, politicanti e parassiti di ogni genere, continuano a mungerne ricchezza proditoriamente. Adesso gli occupanti dei Palazzi con i pretesti più varii come la sicurezza o il bisogno di investimenti pubblici per destagionalizzare il turismo si ingeriscono nelle imprese e ne zavorrano lo sviluppo. Nuove tasse, nuove regole, nuove imposizioni bloccano il settore troppo identitario, troppo libero, troppo ricco per non suscitare l’interesse dei percettori di tasse che siedono nelle stanze dei bottoni. Ma la stessa cosa sarebbe accaduta ed è accaduta in ogni settore che avesse denotato queste caratteristiche. È l’eterna lotta della identità individuale e collettiva contro l’omologazione burocratica e tecnocratica; della libertà contro l’ordine precostituito e imposto “per il bene di tutti”; del pensiero libero contro quello precostituito che sa prima e meglio di te quello che è bene per te; del produttore di ricchezza e del parassita. La Storia è sempre la stessa e forse sempre la stessa sarà.
Canio Trione
L’articolo Turismo fai da te , le prospettive proviene da LSD Magazine.