![Carmen, 150 anni portati con spavalderia](https://ytali.com/wp-content/uploads/2025/02/2ccb7cea-18ec-4d58-83c8-5bc781267ffc-1024x768.jpeg)
Centocinquant’anni portati con spavalderia. Il 3 marzo li compirà Carmen, l’opera di George Bizet che andò in scena per la prima volta all’Opéra-Comique di Parigi nel 1875. Da allora, questo titolo – capolavoro all’apice della carriera del compositore francese scomparso a 37 anni, tre mesi dopo la prima – è diventato uno dei più celebri e rappresentati.
Se tiepida fu l’accoglienza alla prima parigina, che ebbe tuttavia 48 repliche, Carmen ebbe un trionfo internazionale e in cinque anni – spiega Etienne Jardin, direttore delle ricerche del Palazzetto Bru Zane – fece il giro del mondo e la ripresa a Parigi nel 1883 segnò il suo ingresso definitivo nel repertorio. Nel 1904 all’Opéra-Comique ne fu addirittura celebrata la millesima rappresentazione. Poco amata al suo debutto, nel XX secolo Carmen divenne colonna portante nella programmazione operistica mondiale.
E questa particolare esplorazione è stata quasi l’ apertura di una scatola magica dalla quale sono emerse tavole a colori con scene e costumi, schizzi di allestimenti, diagrammi di movimento scenico e il tesoro rappresentato dai livrets de mise en scène, spesso semplici quaderni di annotazioni, indispensabili in un’epoca in cui la figura del regista non esisteva.
Per cinque anni il Palazzetto ha dedicato parte del suo budget scientifico alla catalogazione e alla digitalizzazione di quasi duemila livrets e documenti che sono ora disponibili on line sul sito della Bibliothèque historique de la Ville de Paris e su Bru Zane Mediabase. Tra questi materiali sono riapparsi quelli riguardanti il primo allestimento, quello di 150 anni fa, dell’opera di Bizet. E cosı̀ a Venezia, nell’edificio che sta tra la Scuola a Grande di San Giovanni Evangelista e campo San Stin, si è cominciato ad accarezzare l’idea di una produzione scenica storica.
Una vera sfida tecnica e intellettuale focalizzata non tanto sul far ascoltare la Carmen “tradizionale”, ma sul farla vedere in una luce veramente nuova.
La messa in scena storica del 1875 ha preso forma cosı̀ a Rouen nel 2023 con l’orchestra dell’Opera de Rouen Normandie diretta da Ben Glassberg, la regia di Romain Gilbert, le scene di Antoine Fontaine, e i costumi di Christian Lacroix, uno dei grandi nomi della moda francese. Lacroix non ha solo lavorato alla riproposizione degli abiti di scena abbozzati nei materiali d’archivio del 1875, ma ha vagliato ampiamente molte fonti documentarie: raccolte di incisioni e di dagherrotipi, collezioni di tessuti, pizzi e ricami antichi. A muoverlo, la voglia di realizzare uno dei suoi sogni, quello di “ricreare un momento del passato in modo identico con costumi il più possibile vicini alla loro epoca, alla loro creazione – spiega lo stesso Lacroix in un testo redatto per il Bru Zane – come nella sequenza iniziale di Senso di Visconti in cui vediamo, sul palcoscenico del teatro La Fenice, una rappresentazione del Trovatore con scene e costumi ottocenteschi”.
Ne è venuta fuori una macchina del tempo che il Palazzetto Bru Zane ha racchiuso in un video-book (DVDs – Blu-ray, online access) uscito alla fine del 2024.
All’indomabile Carmen (che sarà quest’estate anche all’Arena di Verona) rende quest’anno un omaggio particolare l’Opera di Roma: per giugno ha in cartellone il capolavoro di Bizet mentre a fine gennaio, con sette repliche, due delle quali per le scuole, la storia di Carmen è stata narrata a passo di danza. Quella sul palcoscenico del Costanzi non è stata la Carmen adattata per Bizet da Ludovic Halévy e da Henri Meilhac (famosi autori, tra l’altro, dei testi dei maggiori successi di Offenbach del secondo impero francese) che “epurarono” la storia originale di Mérimée dai suoi aspetti più scuri. Quella che il pubblico romano ha potuto vedere dal 26 al 31 gennaio scorsi era, nella sua essenza ombrosa, indomita, ammaliante, la Carmen di Prosper Mérimée, devota, ad ogni costo, solo all’etica della propria libertà assoluta.
Questa Carmen è opera dal coreografo ceco Jirı́ Bubenıć ̌ek che, per sottolineare la fedeltà alla novella di Mérimée e accentuare la distanza dell’opera di Bizet, ha utilizzato, oltre a musiche di quest’ultimo compositore, brani di Manuel De Falla, Isaac Albéniz, Mario Castelnuovo-Tedesco, Gabriele Bonolis. Interpreti principali l’étoile Rebecca Bianchi e Javier Rojas che ha lavorato con la celebre compagnia cubana Acosta e nel 2020 è stato premiato nel programma televisivo “Amici”. Sul podio Manuel Covez. Scene e luci di Gianni Carluccio e costumi di Anna Biagiotti. Sulle tavole del Costanzi, oltre al corpo di ballo dell’Opera di Roma, diretto da Eleonora Abbagnato, anche un cavallo delle meraviglie. Una scultura-burattino a grandezza naturale di legno, compensato, balsa e schiuma su uno scheletro di alluminio del peso di circa quaranta chili. Sulla scena, il pomellato è stato fatto trottare, danzare, impennare da due conduttori nascosti nel suo ventre. In groppa è salita anche Carmen, per discenderne quasi a marcare la propria indipendenza di fronte alla libertà imbrigliata del cavallo-burattino.
Il burattino – come informa il Centro Ceco di Roma – è stato creato da Jirı́ Sodomka, artista e scenografo, collaboratore del Divadlo bratrí Formanu, una importante compagnia praghese fondata dai fratelli Petr e Matej Forman, figli del regista cinematografico, vincitore di due Oscar, Milos Forman. Quella dei Fratelli Forman è da decenni la fucina stupefacente di spettacoli immersivi che mescolano recitazione e teatro di figura ricreando ambienti e situazioni in cui le storie coinvolgono il pubblico e lo trasportano emotivamente in viaggi temporali. A Venezia, i Forman parteciparono a due Biennali Teatro (1999 e 2001) dedicate al cosiddetto “Nuovo Circo” con un successo straordinario di critica e di pubblico.
Anche la riproposizione della Carmen di Bubenıć ̌ek-Mérimée è stata un successo. Il coreografo ceco, in passato danzatore di punta del prestigioso Hamburg Ballet guidato da John Neumeier, era stato invitato da Eleonora Abbagnato a misurarsi con questo soggetto. La coreografia era stata presentata al Costanzi nel febbraio del 2019 e aveva ottenuto quell’anno il premio “Europa in Danza” come miglior produzione. Ripresa e diffusa da Rai 5, questa Carmen è tuttora disponibile per la visione su Rai Play.
Non è tuttavia il primo balletto ispirato dalla storia di amore e morte ambientata in Andalusia. Celeberrima è la versione “bizetiana” di Roland Petit – che ebbe a lungo nel ruolo principale Zizi Jeanmaire – e famosa è anche quella del coreografo cubano Alberto Alonso, Carmen Suite, sempre su musiche di Bizet in un adattamento del compositore russo Rodion Slčedrin.
La Carmen di Bubenıc̀ ̌ek è però la più aderente al personaggio descritto da Mérimée. Lo scrittore-archeologo aveva un profondo interesse, più che una fascinazione, per i “gitani” – che il nome indicherebbe provenire dall’Egitto – per la loro lingua, le origine e le migrazioni attraverso l’Oriente e l’Europa. Nella sua novella descrisse non l’esotismo folclorico spagnolo – che costituisce forse una delle chiavi del successo dell’opera musicata da Bizet e andata in scena per la prima volta 150 anni fa – ma la fierezza di un popolo incarnato in Carmen. Racconto di desiderio, seduzione e morte, quello di Mérimée è anche specchio nel quale si riflette lo stesso autore, che si finge attento cronista riconoscendosi in Carmen come Balzac si identificava in Madame Bovary.
La Carmen di Prosper Mérimée, ha 180 anni, trenta in più dell’opera di Bizet. Ma in quasi due secoli non ha perso né grinta né smalto. Il testo uscı̀ nell’ottobre del 1845 sulla Revue des Deux Mondes. La genesi tuttavia è certamente anteriore. Potrebbe risalire al primo dei numerosi viaggi in Spagna di Mérimée, quello del 1830. La vicenda ispiratrice sarebbe stato un reale fatto di cronaca che gli venne narrato dalla contessa de Montijo, madre della futura e ultima imperatrice di Francia, Eugenia, moglie di Napoleone III. Non è da escludere, però , che tra le fonti dello scrittore francese ci possa essere stata anche la figura di Zemfira, la “Zigana” tratteggiata da Aleksandr Puškin nella raccolta Les Bohémiens del 1823-24, pubblicata in francese nel 1833. Ma la letteratura abbonda di “zingare” descritte da Cervantes a Victor Hugo, passando per i racconti di George Borrow.
Vastissima è la discografia prodotta della Carmen di Bizet e decine – oltre trenta certamente – i film realizzati a partire sia dalla novella di Mérimée sia dall’opera del 1875. Tra queste da ricordare la Carmen di Francesco Rosi del 1984, quella di Carlos Saura del 1983, e Prénom Carmen, sempre del 1983, di Jean-Luc Godard, vincitore del Leone d’oro a Venezia . Le prime pellicole prodotte risultano essere state quella del 1908 di Otis Turner (Usa) e del 1909 dell’italiano Gerolamo Lo Savio.
Nel 1916 Carmen divenne anche un film di Charlie Chaplin. Lo si potrà vedere proiettato il 21-22-23 febbraio prossimi al Palazzetto Bru Zane durante un cine-concerto con musiche al pianoforte eseguite da Gabriele Dal Santo. Charlot vestirà i panni di un ufficiale dei soldati di Siviglia in una Carmen che è omaggio e parodia di una pellicola del 1915 di Cecil B. DeMille.
Immagine di copertina: Un momento di Carmen con coreografia di Bubenìček all’Opera di Roma
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