Politiche di accoglienza, tutela dei minori. Le sue parole, come la sua bellezza, non passano inosservate. La regina Rania di Giordania nel suo viaggio in Italia tiene i riflettori accesi sulla guerra in Medio Oriente. Con oltre 10 milioni di follower su Instagram la meno nota signora al-Yasin, moglie di re Abdullah II, si conferma un’influencer dei diritti umani tra le più potenti al mondo (copyright Forbes 2011). Tra le priorità sempre la giustizia sociale e l’uguaglianza.
Dopo l’incontro negli Stati Uniti con Melania Trump a gennaio, la sovrana è passata a Roma per partecipare al Summit mondiale sui diritti dei bambini organizzato da papa Francesco. L’abbiamo incontrata, martedì 3 febbraio, alla mostra “Giordania: l’alba del Cristianesimo”, dove la regina giordana era in visita insieme alla first lady italiana Laura Mattarella. «La Giordania è la terra dell’ospitalità. Chiunque ci abbia visitato potrà confermare il calore e l’accoglienza del popolo giordano. Ma la Giordania è anche intrisa di storia. Ovunque ci si volti, risuonano gli echi delle antiche civiltà che un tempo chiamavano questa terra casa», ha detto la sovrana.
Da anni il Paese, situato al centro del Medio Oriente, crocevia fra Asia ed Europa, promuove una politica estera incentrata sulla pace e sull’accoglienza delle minoranze. Secondo le Nazioni Unite, la Giordania è fra i cinque Paesi con il più alto numero di rifugiati pro capite al mondo: circa 730mila persone, prevalentemente provenienti dalla Siria, con gruppi numerosi arrivati da Iraq, Yemen, Sudan e Somalia (dati Unhcr 2023). Questo significato profondo traspare da una esposizione che promuove la ricchezza culturale giordana e la sua fiorente comunità cristiana, una delle più antiche al mondo.
«L’arte è il punto comune fra tutte le civiltà del mondo», dichiara a TPI il regista Eyad Al Khzouz, curatore dell’evento “Giordania: l’alba del Cristianesimo”. Con lui abbiamo parlato di arte e politica, alla luce delle dichiarazioni della regina. «L’arte giordano-cristiana – aggiunge il produttore – fa parte della vasta componente cristiano-araba mondiale. In quest’arte si riflette lo spirito giordano dell’ospitalità».
È un rapporto profondo quello fra arte e politica, come testimonia la presenza di numerose autorità politiche, militari ed ecclesiastiche presenti alla mostra. «La Giordania – prosegue Al Khzouz – ha sempre dato accoglienza alla gente oppressa: dai primi cristiani che hanno sofferto della persecuzione romana ai rifugiati di oggi. La storia racconta la Giordania come un luogo di pace e di sicurezza, questo ci riempie di orgoglio».
E così la regina Rania non le ha mandate a dire in occasione del Summit mondiale sui diritti dell’infanzia organizzato in Vaticano. In teoria il consenso è globale, in pratica «tanti bambini nel mondo sono esclusi da questa promessa, soprattutto nelle zone di guerra», ha dichiarato. «Un bambino su sei nel mondo vive in aree colpite da conflitti, dove ogni giorno vengono uccisi o mutilati». «Sanguinanti, si coprono le orecchie dopo un attacco aereo. Ustionati così gravemente che i loro stessi genitori non riescono nemmeno a riconoscerli. Testimoni di orrori che sono stati oscurati dai nostri schermi per proteggerci». Un richiamo esplicito a quanto avvenuto nella Striscia di Gaza. La Giordania rilancia così l’importanza di una politica estera basata sulla pace.