Sono centocinquanta i simpatizzanti veneti del Movimento il mondo al contrario che accolgono il generale Roberto Vannacci a Portegrandi, da dove s’imbarcheranno in motonave per una “gita propagandistica” a Torcello. Al costo di trentacinque euro a testa si potrà ascoltare l’eurodeputato spiegare come “raddrizzare il mondo al contrario”. Buffet compreso, ovviamente.
Sono le 11:00 quando il generale raggiunge la Conca dei marzi. Non sembra preoccupato dalla notizia della protesta organizzata dalla sinistra locale per la sua visita:
Le contestazioni? Io non le ho viste. Invece di contestare in maniera così sterile, ci vengano a dire perché non sono d’accordo. Io sono disposto al dialogo, invece si arroccano dietro a slogan.
Peccato che il dialogo non sia possibile, perché a tenere lontani i contestatori dall’eurodeputato non sono gli slogan o i timori della sinistra, ma le indicazioni della questura, nonché un discreto schieramento di forze dell’ordine.
Il presidio viene limitato alla sola piazzetta Giovanni XXIII dalle 9:30 alle 10:30. I contestatori non si scoraggiano. Arrivano in piazza militanti e attivisti da Quarto d’altino e dai comuni vicini (Mogliano, Marcon, Casale sul sile). Gridano “no al razzismo” e ricordano, tra canti, letture e brevi interventi, che: “il fascismo non è un’opinione, è un reato!”.
Sono una cinquantina. Un numero che in città potrebbe sembrare insignificante ma che qui, nelle campagne del “Veneto rurale”, diventa una piccola vittoria, specie se si parla di una iniziativa nata dal basso, grazie ad una rete di “cittadini non indifferenti”, come amano definirsi gli attivisti dell’associazione Bella ciao di Quarto d’altino, organizzatrice del presidio.
All’iniziativa aderiscono l’Anpi, la Cgil-Spi, Rifondazione comunista e Potere al popolo, oltre ad alcuni cittadini indipendenti. Grandi assenti il Partito democratico e Sinistra italiana, ma sarebbe meglio dire l’intero centro-sinistra. Le pagine social delle sezioni locali sono rimaste completamente “mute”. Il Pd della vicina Marcon ha persino organizzato, in concomitanza del presidio, un evento di incontro con la cittadinanza (poi annullato per il maltempo). Non certo un bel segnale.
Alcuni militanti hanno partecipato autonomamente, senza bandiere o simboli, ma la posizione ufficiale dei due partiti è sembrata essere: “Vannacci non esiste”. E in fin dei conti se non se ne parla e non gli si dà attenzione scomparirà da solo. Una posizione che, se ai tempi dell’uscita del libro (Il mondo al contrario) sarebbe potuta anche essere condivisibile, ora che il generale siede al Parlamento europeo e sta fondando un proprio movimento politico appare fuori tempo massimo. Un antifascismo passivo rischia di suonare solo come un “liberi tutti” per le idee più retrograde della destra estrema.
Tanti generali, pochi soldati
La politica è una guerra e come in ogni guerra servono grandi capacità strategiche e tattiche per riuscire a mettere in piedi un piano solido per vincere. Ma la politica è anche una battaglia e come ogni battaglia deve essere combattuta sul campo, anche, e soprattutto, nelle periferie.
Negli ultimi anni la sinistra ha spesso chiamato a raccolta il suo popolo a difesa della Costituzione antifascista, il fondamento su cui si regge la nostra democrazia. Un principio sacrosanto. Ma proprio per questo motivo la Costituzione non può essere difesa solo a parole, lontani dai luoghi dello scontro. Bisogna dimostrare che si è disposti a scendere in piazza, a fare da megafono alla voce di quelle persone che ancora lottano per questi principi.
Si sono da poco conclusi i convegni dei cattolici democratici tenutisi a Milano e Orvieto, dei quali si è scritto molto in queste settimane su ytali. In entrambi si è parlato a lungo della necessità che il centro-sinistra, e soprattutto il mondo cattolico, torni a confrontarsi con la propria base, l’importanza dell’ascolto e del rendersi portavoce di chi non crede di potersi far sentire. Ascoltare e rilanciare le grida delle persone per una società più giusta. Tante belle parole. Ma devono anche essere messe in pratica.
Specie se proprio da quel mondo cattolico proviene il battagliero parroco di Quarto d’altino, l’ottantottenne don Gianni Fazzini, che in un’intervista sul Gazzettino ha rilanciato la propria battaglia contro Vannacci:
Ho chiesto (alla curia) se era stata autorizzata una visita alla Basilica di Torcello inserita in un programma politico. (La diocesi) non autorizza mai, e quindi non lo ha fatto neanche in questo caso, visite di carattere politico ai luoghi di culto. (…) Se il generale viene come visitatore a guardarsi la basilica va bene, ma niente politica. Non perché io sia contrario alla politica, anzi magari ci fosse più interesse in questo senso, ma se hanno voglia lo facciano pure in motonave.
Don Gianni diventa, involontariamente, emblematico di un mondo antifascista militante della provincia che appare isolato.
I partiti, specie nella società italiana, e specie nella cultura di sinistra, non sono vuoti contenitori elettorali, ma strumenti di lotta politica a disposizione dei cittadini, per aiutarli ad indirizzare i propri sforzi in un’azione che cambi la società, non limitandosi quindi al puro ribellismo.
Sono strumenti che, specie nelle piccole realtà, dove le battaglie politiche si fanno più concrete e vicine, diventano necessari per coinvolgere le energie della cittadinanza.
Una parte degli italiani crede ancora che l’antifascismo sia una battaglia che merita la propria fatica e il proprio impegno quotidiano. Una parte degli italiani crede che lasciare campo libero a Vannacci non lo farà “sparire”, ma giustificherà solo attacchi più violenti ai valori di fratellanza e uguaglianza su cui si fonda la democrazia. Questa parte di italiani però soffre e rischia di sentirsi abbandonata dalla politica “istituzionale”.
E così, quella rete di attivisti, associazioni e realtà civiche, che il centro-sinistra vorrebbe al centro della propria strategia sul territorio, sembra imboccare vie diverse (e più lungimiranti) per contrastare l’onda nera dell’estrema destra. Forse questa volta dovrebbero essere i partiti ad ascoltare.
L’antifascismo è come il calcio, è meglio quello “giocato” di quello “parlato”.
Immagine di copertina: alcuni cartelli esposti al presidio antifascista di Portegrandi (© Alessio Barbazza).
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