Quanto è difficile mantenere la capacità di pensare, di riflettere, di ragionare in momenti come questi. Innanzitutto per la forza degli eventi. La loro dimensione sovrastante, il loro accadere violento, quasi ineluttabile. E poi perchè tutto è strano, capovolge il senso comune, rompe le certezze. Sì, capisco bene chi tace e chi urla, sono le facce della stessa medaglia. L’attonito e lo sconvolto, lo stupefatto e il ribelle. Il troppo stroppia, si diceva. E quel troppo sta accadendo.
L’America che molla l’Europa, la Russia che invade, l’Europa che riarma i suoi stati.
Allora per non cadere nella melanconia dell’osservatore che si costruisce una propria e privata “cuccia”, nascondiglio dai pensieri prima ancora che dalla realtà, occorre ridare fiato finché possibile al pensiero e all’agire. Con il cervello critico, certo, con il dubbio come protezione, vero. Ma non si può fare altro. E allora non bisogna perdere la ragione dimenticando ciò che è accaduto e nemmeno innamorarsi dei “soldatini” che purtroppo non sono solo di piombo.
Occorre ragionare sui “fondamentali” e avere la forza di sapere ciò che è più e ciò che è meno importante. Così ha fatto l’ANPI e così ha fatto la CGIL.
Entrambe hanno deciso di essere a Roma il 15 marzo per l’Europa.
Perché sanno che senza Europa siamo l’agnello sacrificato a Trump innanzitutto e a Putin ovviamente. Perché dagli amici mi guardi “Dio” che dai nemici mi guardo io. Perché volere l’Europa non significa che ci vada bene questa Europa.
Ma la debolezza del cambiamento che fino a oggi è avvenuto trova sede anche nelle nostre gambe, è anche nostra responsabilità. Infatti non possiamo nasconderci i risultati elettorali. La sconfitta quasi ovunque delle forze socialiste e riformiste.
Ed è troppo facile limitarsi a dire che questa Europa non ci piace dopo aver perso le elezioni. Ma non si può cedere nemmeno a chi pensa solo di armare gli stati o di investire solo in armi. Sarebbe una catastrofe per i popoli, per chi ha bisogno di uno stato sociale, per chi vuole sul serio l’Europa nell’accezione che Spinelli diede a questo nome. Sarebbe essere disponibili alla rinuncia delle ragioni del proprio essere e mi auguro che ci pensino coloro che nel centro sinistra appaiono affrettati amanti del “fronte”.
Per questo la battaglia ha due livelli. Per l’esistenza dell’Europa e per il suo cambiamento. Ma sia chiaro, non possiamo volere solo l’Europa che piace a noi. Perché questo è il terreno del confronto su cui si vince e si perde, non una pregiudiziale. E allora la tristezza di essere giunti a questo punto rimane ma non basta. Perch^ sarebbe autoassolutoria, inutile.
Ancora una volta bisogna sapere che occorre cambiare e per cambiare bisogna esserci: per l’Europa e per un suo radicale cambiamento.
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