
Il cuore sportivo di Venezia batte da più di un secolo per la sua squadra di calcio, oltre che – ovvia inclinazione, visto il contesto ambientale e storico – per le discipline del remo e dell’acqua. Dagli anni Sessanta la città è anche una basket town, fervida di passione per la pallacanestro, tifata sotto il vessillo Reyer e giocata dai ragazzi di tutti i sestieri in spartani playground. Ma Venezia si innamorò anche del rugby, di un entusiasmo fugace ma intenso abbastanza da scrivere una storia piena di suggestioni.
Tutto comincia sulla spiaggia del Lido nel marzo del 1947, con un pallone da football americano abbandonato da soldati alleati. Passata la bufera della guerra, si danno appuntamento i ragazzi che avevano provato il rugby dalla metà degli anni Trenta, quando la disciplina era praticata nelle organizzazioni giovanili del regime. Allora un Venezia di studenti targato Guf (cioè Gruppi universitari fascisti) aveva incrociato le mischie con altre compagini venete. Alla guida del gruppo che si ritrova al Lido c’è un dottore, si chiama Enrico Zanetti, per gli amici “Caco”. Nato nel 1917, ha messo insieme buone esperienze rugbistiche a Padova da laureando in medicina e nel 1942, mentre molti atleti erano al fronte, ha anche vestito la maglia azzurra contro la Romania. L’altro animatore dell’iniziativa è il vulcanico Bruno Nogara, classe 1920, già paracadutista della Decima Mas e prigioniero di guerra in Algeria, insegnante di lingue, il quale coinvolge nel gioco anche i fratelli minori Gino, detto “Granso”, e Franco.
Due mesi dopo ecco l’esordio della Veneziana Rugby a Padova, sotto il diluvio. Scarpe di tela e come divise dei pullover azzurri. Dalla seconda squadra del Petrarca è una severa scoppola, così come nel seguente impegno contro i cadetti del Treviso. Ma la fiamma della passione è ormai accesa. Arrivano un presidente americano, Ralph Curtis, e perfino un piccolo sponsor, una fabbrica milanese di macchine da caffè, la Faema, che impone maglie marrone al posto dei rigoni orizzontali coi serenissimi colori amaranto e oro. Al debutto in serie D i lagunari si difendono con onore contro avversari più esperti.
Il sodalizio ha i soliti problemi degli sport minori nel reclutamento e nelle strutture. Ai giovani veneziani si addicono i mestieri del mare e la squadra perde gli ufficiali Renato Rodighiero e Lucio Bayer, imbarcati su un mercantile panamense. Intanto Ivo Pavone, un velocissimo trequarti, tenta fortuna in Argentina insieme ad un amico della comitiva della palla ovale, Hugo Pratt. Quest’ultimo inserirà fra gli schizzi di “Tango” i ruggers del Club Atletico di San Isidro frequentati a Buenos Aires e racconterà in un’intervista alla Gazzetta dello Sport (ma è una guasconata) di aver persino giocato a rugby con Che Guevara. Seppur non ad apici di celebrità pari ad Hugo Pratt, anche Ivo Pavone diventerà uno dei grandi maestri italiani del fumetto. A Gherardo Lotto, detto “Rosso”, un fusto che ha praticato boxe e greco-romana, si attribuisce un flirt con l’attrice Maria Montez durante il festival. “Siamo uno strano miscuglio di esseri diversi”, scrive presentando la squadra Giorgio Civiero, che si professa cameriere.
La Veneziana disputa le sue partite a Sant’Elena, ma non ha una sede fissa per gli allenamenti. Nogara e compagni finiscono a Murano, al Lido, dovunque si aprano le porte di un terreno di gioco. A facilitare gli spostamenti è il moto-topo “Guglielmo”, prestato dalla nota macelleria Marzi (due figli dei titolari sono in squadra). Per la spola con gli allenamenti il “Guglielmo” tocca San Marco, Lido, le isole, il capolinea è Rialto dove l’imbarcazione viene ormeggiata a tarda notte. Fra difficoltà e goliardia la squadra cresce, anche grazie all’aiuto di prestigiosi allenatori come il rodigino Mario “Maci” Battaglini e il trevigiano Francesco “Francis” Bandiera. Nel 1952 i lagunari sono promossi in serie B e da matricole sono la rivelazione della stagione. Il pubblico di Sant’Elena, che si fa più numeroso, ha più volte l’occasione di gustare il rugby dei maestri. Ospiti del Faema, infatti, sono squadre di marinai delle forze alleate, composte da esperti atleti inglesi, irlandesi, sudafricani. “Battaglia implacabile, ma senza una sola slealtà, sorridendo”, si legge sul Gazzettino all’indomani dell’esibizione del Betfor, una selezione di soldati di stanza a Trieste. L’etica della palla ovale, il suo fair play, fa breccia fra i profani.
Il mondo del rugby è una rarità dello sport in Italia: non si impazzisce per un punteggio, non si diventa malvagi come serpenti, il risultato fa parte del divertimento.
Nelle testimonianze dei protagonisti, in verità, gli incontri con i marinai saranno ricordati a lungo per le violente scazzottate…
Mentre la palla ovale comincia ad essere praticata nelle scuole superiori (al liceo Marco Polo, ad esempio), l’arrivo nel ’54 di un nuovo allenatore alimenta le ambizioni dell’entourage veneziano. Piero Stievano ha già vinto quattro scudetti con il Rovigo ed è un punto fermo dell’Italia. I selezionatori azzurri si sono accorti intanto dei migliori lagunari e Gino Nogara ha vestito la maglia della Nazionale B. I rugbisti tesserati per il sodalizio sono ormai una settantina. Fra le nuove leve si fa luce la torre Riccardo Saetti, classe 1935: sarà lui, il 7 dicembre 1957, il primo giocatore di scuola veneziana ad esordire con l’Italia. Ad arricchire le stirpi familiari nel clan lagunare (ci sono già i Nogara, i Marzi, i Rupil), ecco i tre fratelli Gerardi: il maggiore, Gerardo, bancario alla Cassa di risparmio, ha ventotto anni, Angelo venti, Paolo appena tredici.
Come un fulmine a ciel sereno, però, arriva nell’estate ‘55 la notizia dell’abbandono dello sponsor Faema, che sceglie di abbinarsi al Treviso. I mecenati milanesi riceveranno in cambio, al primo tentativo, un inatteso scudetto. Le casse sociali sono vuote, la palla ovale veneziana rischia di scivolare nell’anonimato. A risolvere la crisi è la mano tesa da un imprenditore veneziano, Enrico Michieletto, immediatamente nominato presidente. Si inaugura l’era Pelv, dal marchio che da quel momento comparirà sulle maglie (la “Produzione e lavorazione vetro” ha sede alla Madonna dell’Orto). Stievano è non solo confermato come tecnico, ma ingaggiato anche come giocatore, garantendo il salto di qualità. La prima stagione con il nuovo abbinamento si conclude con sette successi e un pareggio in otto partite, e senza subire punti: solo l’Udine è riuscito a bloccare la Pelv sullo 0-0 in terra friulana. Per il club veneziano, a soli dieci anni dalla fondazione, è la serie A. Dei pionieri sono rimasti in attività solo Alberti, Civiero, i Nogara e Lucio Bayer, il comandante di lungo corso ora rientrato in laguna. Secondo la Gazzetta dello Sport i segreti della Pelv sono “una ritrovata tranquillità finanziaria, un’organizzazione militaresca con ferrea disciplina, la tattica difensiva impostata con successo da Stievano”. A promozione acquisita Nogara e compagni giocano per il titolo cadetti. Battono a Sant’Elena e a domicilio i romani del San Gabriele, fra i quali gioca Carlo Pedersoli futuro Bud Spencer, poi a sorpresa sono superati dal Cus Torino (3-3, 5-3).
L’avventura in serie A comincia con un pareggio 0-0 a Brescia, stesso punteggio nell’esordio a Sant’Elena contro il quotatissimo Rovigo, quindi un severo 14-0 all’ombra di Sant’Antonio. Quel giorno il Petrarca adocchia le qualità di Saetti. Lasciandosi alle spalle Udine e Trieste, la Pelv conquista una tranquilla salvezza. Nella loro seconda stagione nella massima categoria, pur rinnovatissimi nei ranghi, i veneziani chiudono con un bottino di 16 punti, preceduti nel loro girone solo da Petrarca e Fiamme Oro. I poliziotti del secondo reparto Celere, di stanza a Padova, inauguravano nel 1957-58 la serie dei quattro scudetti consecutivi.
Proprio una volta raggiunto il proprio massimo storico, l’ambiente lagunare si frantuma però per dissidi interni. Una parte di giocatori scelgono di tentare l’avventura del rugby a tredici, che alcuni dirigenti veneti, con l’aiuto inglese, stanno cercando di trapiantare in protesta contro il centralismo della Fir. L’emorragia di atleti è fatale. Nel ’58 il Venezia rinuncia così alla serie A, dedicando le sue forze esclusivamente all’attività giovanile. È il canto del cigno per il rugby lagunare nei campionati di vertice.
La palla ovale continuerà sempre a rimbalzare, grazie soprattutto agli studenti sotto le insegne di Cus e Lido. Pur fra continue secessioni e nuovi ricompagnimenti societari, la scuola veneziana continua a produrre talenti, inevitabilmente diretti al Petrarca seguendo le vicende universitarie, da Franco Valier ad Angelo Sagramora fino ad Andrea Rinaldo, “Nobel dell’acqua” nel 2023. Andrea D’Alberton e Renzo Ganzerla completano la lista degli azzurri. Per una rinascita delle ambizioni (peraltro presto frustrate) bisognerà attendere gli anni Ottanta e l’esperimento della fusione Venezia-Mestre, in leggero anticipo sul calcio.
Nel frattempo, i pionieri della palla ovale si erano fatti adulti e si erano inseriti a vario titolo nella vita cittadina. Giorgio Ceriani sarebbe divenuto uno stimato commercialista, Bruno Nogara una guida turistica: i tour con re e capi di stato, da Baldovino e Fabiola del Belgio a Margaret Thatcher, aggiungevano capitoli alla sua vita da romanzo, conclusasi alla soglia dei cento anni. Spunterà un ritratto di Hugo Pratt in Corto sconto, l’inconfondibile ghigno e il nomignolo “Noga Noghi”. Riccardo Licata si afferma come pittore e mosaicista. Riccardo Saetti si laurea in Medicina a Padova e gioca a lungo nel Petrarca, collezionando anche nove presenze in Nazionale. Sarà il figlio Roberto, stesso ruolo di seconda linea e stessa professione di chirurgo, a conquistare gli scudetti che gli erano sfuggiti e a giocare anche una Coppa del mondo in un rugby che nel passaggio di una sola generazione si era completamente trasformato. Ugo Pierato diviene un apprezzato allenatore a livello di massima categoria e di nazionali giovanili. Ettore Giugovaz alias “Franco” passa al Treviso, veste la maglia azzurra, fa carriera nella finanza legandosi a Calisto Tanzi e finisce così coinvolto nei misteriosi intrecci del crack Parmalat. Costantino “Cino” Grillo, un dirigente di rilievo del Petrolchimico, sarebbe sempre rimasto legato all’ambiente e nel 1989 avrebbe fondato le “Mummie”, la squadra old per permettere ai veci di non perdersi di vista. Il filo rosso fra le origini e il presente si riannoda nella vicenda dei Pettinelli, un cognome che peraltro ogni mestrino e veneziano collega agli storici negozi di articoli sportivi. Cesare era nel gruppo che disputò la serie A col marchio Pelv, suo figlio Paolo giocò ai tempi di Cus e Lido, il nipote Giovanni, classe ’96, ha scalato le categorie fra Calvisano e Benetton arrivando all’azzurro nel Sei Nazioni 2021.
Immagine di copertina: la squadre della Pelv Venezia che disputò due stagioni in serie A.
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